Un giorno, e non arrivi mai quel giorno, ti chiederò di ricambiarmi il servizio...
La sagoma possente di don Vito Corleone che emerge lentamente dalla penombra del suo studio, seduto di spalle e con un gatto sulle ginocchia, mentre ascolta la richiesta di Amerigo Bonasera e gli accorda quel terribile 'servizio' del quale, un giorno, chiederà conto: è questa la prima immagine che il pubblico ha conosciuto dell'indimenticabile protagonista del capolavoro scritto e diretto da Francis Ford Coppola sulla base del romanzo di Mario Puzo.
Era il 24 marzo 1972, esattamente quarantacinque anni fa, quando Il Padrino approdava nelle sale americane, a nove giorni di distanza dalla sua anteprima mondiale nell'ormai defunto Loew's State Theatre a Broadway. Il responso nei confronti di questa ambiziosa saga criminale, affidata a un cineasta italoamericano di Detroit di soli trentadue anni, formatosi presso la 'scuderia' di Roger Corman, si rivelò fin da subito eccezionale, con quell'entusiasmo riservato solo agli eventi epocali; e di evento epocale si può parlare a pieno diritto in riferimento a Il Padrino, che all'epoca diventò il maggior incasso di sempre al box office nazionale (oltre centotrenta milioni di dollari), mantenendo il record fino all'avvento de Lo squalo, e in totale avrebbe registrato quasi centocinquanta milioni di spettatori in tutto il mondo, abbastanza per essere considerato uno dei massimi successi negli annali del cinema.
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Un fenomeno di massa, quello del film di Coppola, in grado di suscitare dibattiti a proposito della rappresentazione della violenza e dell'ambiguità nella descrizione di questa famiglia criminale, all'interno di un'opera in cui la cronaca delle sanguinarie imprese dei Corleone si ammanta di echi e archetipi della tragedia greca e del cinema classico. A circa un anno di distanza dal suo debutto, Il Padrino conquistò cinque Golden Globe, tra cui miglior film drammatico, e tre premi Oscar: miglior film, miglior attore per Marlon Brando e miglior sceneggiatura adattata per Coppola e Puzo. In seguito, Coppola avrebbe ripreso il racconto dell'ascesa e caduta del clan dei Corleone negli altri due capitoli della trilogia, Il Padrino, parte II (1974) e Il Padrino, parte III (1990).
Nel 2007 i membri dell'American Film Institute hanno votato Il Padrino come la seconda più importante pellicola di tutti i tempi dopo Quarto potere di Orson Welles, mentre la sua influenza sul cinema, sulla televisione (un esempio su tutti, I Soprano) e in generale sulla cultura popolare è pressoché incalcolabile. Oggi, dunque, vogliamo celebrare il quarantacinquesimo anniversario di questo film straordinario con una classifica particolarissima: una Top 10 su dieci 'ingredienti' (ma ce ne sarebbero molti altri) che hanno contribuito a rendere Il Padrino un evergreen intramontabile, il cui fascino in quasi mezzo secolo sembra essere rimasto immutato.
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10. Le arance di don Vito
E fra i motivi del fascino esercitato da Il Padrino, partiamo da un insolito simbolismo il cui significato è ormai famosissimo: le arance. Presagio di sciagura e di morte, le arance compaiono ripetutamente nel primo film della saga, così come nei successivi, per annunciare momenti clou o per anticipare il fato di personaggi che stanno per andare incontro a un nefasto destino. È davanti a un bancone di arance che don Vito subirà un attentato quasi mortale, cadendo riverso accanto al marciapiede tra i frutti che rotolano attorno a lui; ed è con uno spicchio di buccia d'arancia infilato fra le labbra che, verso la fine del film, don Vito troverà la morte, mentre sta giocando con il nipotino.
9. L'agguato al casello
In una pellicola pervasa di violenza, implicita ma soprattutto esplicita (si veda la famigerata "testa di cavallo"), una delle sequenze di maggior impatto è quella dell'agguato contro Sonny Corleone, interpretato da James Caan, al casello autostradale. Alla prima visione de Il Padrino, la scena arriva con uno spiazzante effetto sorpresa: Sonny, fra i personaggi di maggior peso della storia, è in procinto di scatenare la propria furia sul cognato Carlo Rizzi, quando all'improvviso ci accorgiamo che al casello si sta verificando qualcosa di strano. È il momento, fugace ma ineluttabile, in cui tanto Sonny, quanto noi spettatori assumiamo la cognizione di quanto sta per accadere: un attimo dopo la natura dell'inganno sarà rivelata e una pioggia di proiettili si abbatterà sullo sventurato figlio di don Vito.
8. "Gli farò un'offerta che non potrà rifiutare..."
Fra gli innumerevoli meriti della sceneggiatura firmata a quattro mani da Coppola e da Mario Puzo c'è anche quella virtù che, in inglese, si potrebbe definire quotability: la presenza di frasi e frammenti di dialogo che sono entrati a far parte dell'uso comune, o che sono immediatamente ricollegabili al film. Dall'emblematico incipit, "Io credo nell'America", alla celeberrima "Gli farò un'offerta che non potrà rifiutare", autentico tormentone che l'American Film Institute ha inserito al secondo posto fra le migliori citazioni cinematografiche di sempre, pronunciato prima da don Vito e ripreso poi dal figlio Michael. Sempre Mike descrive così l'attività di suo padre: "Mio padre non è diverso da qualunque altro uomo di potere". E quando la sua fidanzata gli replica "Senatori e presidenti non fanno ammazzare la gente", la risposta di Mike è un serafico: "Chi è più ingenuo, Kay?".
7. Le musiche di Nino Rota
È un altro ingrediente essenziale della forza iconica de Il Padrino: la sua famosissima colonna sonora, per la quale Francis Ford Coppola si rivolse al grande compositore italiano Nino Rota. Le melodie realizzate da Rota per il film sono fra le più conosciute e apprezzate negli annali del cinema, in particolare i brani intitolati The Godfather Waltz e Speak Softly, Love. All'inizio, l'Academy aveva candidato Il Padrino anche nella categoria per la miglior colonna sonora; incredibilmente però la candidatura venne revocata, dato che Rota aveva rivisitato parte delle musiche da lui composte per un altro film, Fortunella, e si procedette così a una nuova votazione (mentre Il Padrino scese a dieci nomination complessive). Per Nino Rota l'appuntamento con l'Oscar fu rinviato solo di un paio d'anni, quando fu premiato insieme a Carmine Coppola (il padre di Francis) per la colonna sonora de Il Padrino, parte II.
6. Innocenza infranta: Diane Keaton
Il 1972, anno d'uscita de Il Padrino, è stato anche l'anno in cui il pubblico ha scoperto una delle più grandi attrici del cinema americano dell'ultimo mezzo secolo: Diane Keaton. Losangelina, all'epoca venticinquenne e con solo un altro film nel curriculum (Amanti ed altri estranei, del 1970), nell'arco di un paio di mesi la Keaton sarebbe apparsa sugli schermi americani prima ne Il Padrino e poi in un altro titolo di culto, la commedia romantica Provaci ancora, Sam di Herbert Ross, al fianco del sodale Woody Allen. Nell'opera di Coppola l'attrice presta il volto a Kay Adams, tenera e ingenua fidanzata di Michael Corleone: un'assoluta neofita rispetto alle ambiguità che le si pareranno davanti a partire dal ricevimento di nozze per Carlo e Connie, e che la costringeranno, passo dopo passo, ad aprire gli occhi sulla reale natura di Mike, il quale in seguito diventerà suo marito.
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5. Dietro la porta chiusa
E proprio alla Kay Adams di Diane Keaton è affidata la magnifica sequenza finale de Il Padrino: un epilogo, quello del capolavoro di Coppola, che suggella come meglio non si potrebbe un racconto inesorabilmente sinistro. Dopo lo sfogo furibondo di Connie Corleone (Talia Shire), appena rimasta vedova, contro il fratello Michael, Kay prova a chiedere spiegazioni al marito, che la rassicura di non aver nulla a che fare con l'omicidio di Carlo. Un magistrale utilizzo della profondità di campo ci mostra il profilo di Kay e, sullo sfondo, Mike e i suoi uomini che si riuniscono attorno alla scrivania. Uno di loro chiude la porta dello studio, mentre il controcampo ci consegna, nell'ultima inquadratura, un primo piano della Keaton: uno sguardo angosciato, e forse amaramente disilluso, che dice più di qualunque battuta.
4. Il signore delle tenebre: Gordon Willis
Il suo incredibile fascino visivo è una delle componenti di maggior pregio de Il Padrino: fin dalla sequenza d'apertura, immersa in una densa penombra, la fotografia di Gordon Willis, dominata da toni notturni e sinistri, contribuisce all'atmosfera di ineluttabile tragedia del racconto e alla rappresentazione del "cuore di tenebra" dei personaggi. E l''occhio' di Willis si rivela capace di offrire una peculiare prospettiva sia sugli scenari urbani, sia sugli interni oscuri e soffocanti (si veda anche l'eccellente lavoro da lui svolto l'anno prima per Una squillo per l'ispettore Klute di Alan J. Pakula). Clamorosa l'omissione dell'Academy, che escluse Gordon Willis dalla cinquina per l'Oscar per la miglior fotografia per i primi due capitoli della saga, salvo poi candidarlo per Il Padrino, parte III; in compenso, il geniale direttore della fotografia riceverà l'Oscar alla carriera nel 2009.
3. Piccoli padrini crescono: Al Pacino
Pochi giorni prima dell'inizio delle riprese, Francis Ford Coppola non aveva ancora scritturato l'attore che avrebbe interpretato il terzogenito di don Vito, Michael Corleone, legato da un rapporto di attrazione e repulsione alle proprie radici familiari e al background criminale dei Corleone. La Paramount, che avrebbe voluto ingaggiare una star, assegnò il ruolo a James Caan, ma Coppola era convinto che l'attore più adatto fosse uno sconosciuto trentunenne newyorkese, Al Pacino, il quale aveva da poco terminato di girare Panico a Needle Park di Jerry Schatzberg. I produttori accettarono, 'spostando' Caan nella parte di Sonny, e con il Mike Corleone di Pacino il mondo conobbe uno degli attori di maggior talento della nostra epoca: in apparenza impenetrabile ma tormentato, diviso fra il senso dell'onore e della dignità e inconfessabili dilemmi morali, l'erede di don Vito si impone come il vero personaggio chiave dell'intera saga. Per la sua eccellente performance, Pacino si aggiudicò la prima candidatura all'Oscar della propria carriera, come miglior attore supporter, mentre due anni dopo avrebbe sfiorato la statuetta come miglior attore per Il Padrino, parte II.
2. Battesimo di sangue
Nell'arco di quasi tre ore di durata, fra tante scene assolutamente memorabili, se dovessimo selezionarne una da inserire nell'Olimpo dei più alti momenti di cinema di sempre la scelta ricadrebbe inevitabilmente su quella del battesimo del neonato Michael, il figlio di Carlo e Connie, in prossimità della conclusione del film. Mentre Mike Corleone, nella veste di 'padrino' del nipote, è in piedi accanto alla fonte battesimale, mentre giura di "rinunciare a Satana", un magistrale umontaggio alternato mette in scena la sanguinosa resa dei conti che, contemporaneamente al sacramento religioso, porterà all'eliminazione di tutti i nemici del nuovo boss: un formidabile crescendo drammatico, sviluppato mediante una formula narrativa e registica da antologia che Coppola replicherà, in maniera analoga, anche negli altri due capitoli della trilogia.
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1. Don Vito Corleone: un indimenticabile Marlon Brando
Più che un personaggio letterario e cinematografico, un'icona della cultura del ventesimo secolo: e se don Vito Corleone è una figura entrata a far parte del nostro immaginario collettivo, il merito va attribuito in ampia misura al suo insostituibile interprete, uno strepitoso Marlon Brando. Lo stesso Mario Puzo, del resto, considerava Brando l'attore ideale per il ruolo, al punto da scrivergli una lettera per spingerlo ad accettare, nonostante i produttori della Paramount non avessero troppa voglia di lavorare con lui, preferendogli invece il più 'docile' Ernest Borgnine. Quando il casting si risolse in un duello fra Borgnine e Brando, Coppola convinse quest'ultimo a sottoporsi a un provino: l'attore quarantasettenne si immerse anima e corpo nel personaggio, infilandosi in bocca dei batuffoli di cotone per far apparire la mascelle più marcate, assumendo un tono di voce basso e dall'accento marcato e accettando di vedersi ridurre il salario. Il risultato fu un pezzo di bravura da manuale e uno degli apici nella carriera del divo di Fronte del porto, che per Il Padrino ottenne il Golden Globe e il suo secondo Oscar come miglior attore: un premio a cui Brando rispose con un celebre 'rifiuto' in segno di solidarietà per le condizioni di vita dei pellerossa.
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