È stata la notte delle sorprese: l'ennesima conferma che la giuria dei Golden Globe è molto meno prevedibile di quanto non si pensi comunemente, con il trionfo inaspettato di Revenant - Redivivo che ha rovesciato tutti i pronostici della vigilia, al punto da mettere in seria discussione anche le ipotesi formulate finora sulla corsa all'Oscar. Ma è stata anche la notte delle nuove star under 30, premiate accanto ai "giovani adulti" che ormai da vent'anni si mantengono sulla cresta dell'onda a Hollywood, e della vittoria di un maestro infaticabile come Ennio Morricone.
A poche ore dalla conclusione della cerimonia per la 73° edizione dei Golden Globe, mentre l'attenzione mediatica si è già spostata - doverosamente - sul lutto per l'improvvisa scomparsa di David Bowie, e aspettando le nomination all'Oscar di giovedì prossimo, ripercorriamo dunque alcuni fra i momenti salienti di ieri notte, offrendovi anche un bilancio sulle scelte della Hollywood Foreign Press Association in ambito cinematografico e televisivo...
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Leo, Kate e Matt: la "classe del 1997" colpisce ancora
Nel 1997 tre attori poco più che ventenni, ciascuno già con un paio di grandi successi alle spalle, si ritrovarono catapultati da un giorno all'altro dalla categoria di "divi in ascesa" a quella di "superstar di prima grandezza". Leonardo DiCaprio e Kate Winslet fecero versare fiumi di lacrime a qualche centinaio di milioni di spettatori con Titanic: lei ottenne la sua seconda candidatura all'Oscar, mentre lui divenne l'idolo di un esercito di teenager in preda alla cosiddetta "dicapriomania". Matt Damon, nel frattempo, scriveva e interpretava Will Hunting - Genio ribelle, altro gigantesco fenomeno di critica e di pubblico, tale da renderlo il secondo attore under30 più popolare del globo (dopo DiCaprio, manco a dirlo) e da fargli guadagnare un Oscar per la sceneggiatura e una nomination come miglior attore. Diciotto anni più tardi, la "classe del 1997" torna a colpire, ricordandoci che, nell'arco di due decenni, questi tre interpreti magnifici non solo non hanno mai abbandonato la "cresta dell'onda", ma sono stati in grado di arricchire in maniera incredibile le rispettive filmografie, accumulando riconoscimenti su riconoscimenti.
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Kate Winslet, prima vincitrice della serata per la sua performance nello splendido Steve Jobs, si è portata a casa uno dei due Golden Globe assegnati al film. Il biopic sul co-fondatore della Apple diretto da Danny Boyle, le cui quotazioni per la Awards Season erano in netto ribasso dopo il deludente risultato al box office, ha ricevuto nuova linfa vitale da parte della Hollywood Foreign Press Association: oltre al trofeo per la Winslet, ancor più meritato il Golden Globe per la meravigliosa sceneggiatura firmata da Aaron Sorkin, che ha dedicato il premio alla figlia. Un composto Matt Damon, premiato per la sua performance in Sopravvissuto - The Martian, ha reso omaggio al proprio regista, il veterano Ridley Scott, che verso la fine della serata è salito di persona sul palco per ritirare il Golden Globe per la miglior commedia (dopo la vivace presentazione di Jim Carrey) e ha pronunciato un lungo discorso di ringraziamento, incurante della base musicale avviata per interrompere gli acceptance speech, ricordando inoltre il compianto fratello Tony Scott.
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Redivivo, e in corsa per l'Oscar
L'applauso più forte, comunque, è stato quello per Leonardo DiCaprio, con una fragorosa standing ovation ad accogliere l'annuncio del suo nome come vincitore del premio al miglior attore di dramma (e un doveroso abbraccio fra lui e Kate Winslet). Forte del boom di Revenant al box office (quasi quaranta milioni di dollari all'esordio negli USA), nel suo discorso DiCaprio ha ribadito l'importanza di proteggere le comunità dei nativi americane e di valorizzare le loro radici storiche e culturali; inutile ricordare che l'appuntamento con l'Oscar, a questo punto, ormai è solo questione di giorni. E a proposito di Oscar, l'esito delle votazioni della Hollywood Foreign Press Association hanno avuto anche l'effetto di aumentare vertiginosamente l'incertezza sui possibili favoriti per i prossimi Academy Award: se infatti la statuetta per DiCaprio è ormai ipotecata, quasi nessuno si aspettava che Revenant e il suo regista, Alejandro González Iñárritu, potessero prevalere a scapito de Il caso Spotlight e di Mad Max: Fury Road, rimasti invece a mani vuote. "In questa sala sappiamo tutti che il dolore è temporaneo, ma il cinema è per sempre", ha dichiarato Iñárritu, premiato come miglior regista, inorizzando a proposito della difficoltà delle riprese di Revenant. La vittoria di Revenant anche come miglior film drammatico rappresenta una variabile imprevista in una corsa all'Oscar che di rado è apparsa così aperta e avvincente come quest'anno, con almeno quattro o cinque titoli con legittime possibilità di portarsi a casa la statuetta più ambita (a questo punto, i premi delle guilds saranno essenziali).
L'omaggio a Morricone e la commozione di Sly
Fra gli interpreti, semplice ma composto ed efficace il discorso di Brie Larson, premiata come miglior attrice di dramma per la sua performance in Room (e a questo punto, pronta a mettere una seria ipoteca sull'Oscar), mentre due fra i momenti più intensi della cerimonia sono arrivati, nella prima parte della serata, con i Golden Globe per la miglior colonna sonora e il miglior attore non protagonista. Il primo è stato attribuito al grande Ennio Morricone, ottantasette anni, per la sua magnifica partitura per The Hateful Eight: a rendere omaggio al compositore italiano è stato il regista Quentin Tarantino, salito sul palco per ritirare la statuetta al posto di Morricone e definendolo uno dei massimi geni musicali di tutti i tempi, insieme a Mozart, Beethoven e Schubert; Tarantino è inciampato però su una piccola gaffe, parlando del 'primo' Golden Globe vinto da Morricone (in realtà è il terzo: in passato il nostro Ennio era stato premiato nel 1986 per Mission e nel 1999 per La leggenda del pianista sull'oceano).
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Il secondo Golden Globe è stato quello per Sylvester Stallone, ricompensato per la sua performance nell'iconico ruolo di Rocky Balboa in Creed - Nato per combattere, apprezzato nuovo capitolo della fortunata saga pugilistica. La Hollywood Foreign Press Association non si è lasciata sfuggire l'occasione per far leva sull'effetto nostalgia, e Sly non ha mancato di rendere tributo al glorioso passato di Rocky, ricordando la sua prima volta ai Golden Globe, nel 1977, e ringraziando anche "il mio amico immaginario Rocky Balboa, il miglior amico che abbia mai avuto". Fra le parentesi più divertenti della serata, invece, il "duetto" fra Jennifer Lawrence ed Amy Schumer al momento di introdurre le clip dai rispettivi film, Joy e Un disastro di ragazza (con la Lawrence premiata poco dopo come miglior attrice di commedia: il suo terzo Golden Globe in quattro anni grazie a una pellicola di David O. Russell!). E a proposito di comicità, non ha fallito l'obiettivo l'irriverente Ricky Gervais, che nel suo monologo introduttivo non ha fatto mancare riferimenti alle questioni più discusse a Hollywood (la parità di trattamento fra uomini e donne a livello di salari), battute politicamente scorrette (la pedofilia nella Chiesa Cattolica e Il caso Spotlight, "definito da Roman Polanski un film romantico") e un po' di sana autoironia sui Golden Globe, "pezzi di metallo che dei giornalisti confusi volevano darvi di persona per farsi dei selfie con voi".
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Gli occhiali di Denzel Washington
Commozione e divertimento durante i tre minuti dedicati al Cecil B. DeMille Award, il premio alla carriera per il grande Denzel Washington, consegnatogli dalle mani di Tom Hanks, suo partner nel 1993 nel cult Philadelphia. Washington è salito sul palco insieme ai membri della propria famiglia, ha ricordato la sua prima esperienza ai Golden Globe e ha ringraziato le persone che gli sono state accanto nel corso della sua attività di attore... un discorso pieno d'emozione ma non privo di difficoltà, dal momento che, come gli ha fatto notare la moglie, il povero Denzel aveva dimenticato di portarsi gli occhiali!
I premi televisivi: il trionfo di Mr. Robot e Mozart in the Jungle...
Rivolgiamo infine uno sguardo al settore televisivo dove, assieme a tante conferme, non è mancata qualche sorpresa più o meno gradita: a partire dal Golden Globe come miglior attrice non protagonista a Maura Tierney, strepitosa nella seconda stagione di The Affair (serie pluripremiata l'anno scorso, ma che quest'anno concorreva invece in un'unica categoria). Trionfo annunciato ma graditissimo per due 'piccole' realtà della fiction televisiva americana che, nel corso dell'ultimo anno o poco più, hanno dimostrato di poter rivaleggiare con i network più consolidati, da quelli generalisti alla blasonatissima HBO, e perfino di batterli sul loro stesso terreno. Stiamo parlando di Amazon Studios, che per il secondo anno consecutivo ha prevalso nella categoria per la miglior serie comica, un anno fa grazie a Transparent e ieri per merito dell'applauditissimo Mozart in the Jungle, che ha visto ricompensato pure il suo protagonista, il divo messicano Gael García Bernal (piacevolmente sorpreso); e di USA Network, artefice del successo di uno dei titoli più affascinanti e innovativi del panorama televisivo.
In ambito TV, infatti, uno dei meriti della Hollywood Foreign Press Association è sempre stato quello di fare spazio alle novità, spesso contribuendo alla loro consacrazione come show di culto: ed è stato così anche per Mr. Robot, superbo thriller psicologico firmato dall'autore egiziano Sam Esmail, ricompensato come miglior serie drammatica e per il miglior attore non protagonista a un Christian Slater che ha visto rilanciata una carriera un po' appannata. Sul palco Esmail ha ringraziato in particolare il protagonista di Mr. Robot, il giovane e bravissimo Rami Malek, che avrebbe senz'altro vinto il Golden Globe come miglior attore se non fosse stato per Jon Hamm, ricompensato per l'ultima stagione del capolavoro Mad Men, a pochi mesi di distanza dal suo primo, sudatissimo Emmy; e Hamm ha ricordato come la HFPA abbia sostenuto Mad Men fin dalla sua prima messa in onda (otto anni fa, Jon Hamm aveva già vinto lo stesso premio proprio grazie alla prima stagione della serie).
...e il bizzarro Golden Globe a Lady Gaga
Rapido e sobrio l'acceptance speech di Oscar Isaac, ora più che mai fra i divi del momento, eletto miglior attore televisivo per la miniserie Show Me a Hero, presentata lo scorso autunno al RomaFictionFest, mentre sono apparsi quantomeno discutibili due fra i premi assegnati alle migliori attrici protagoniste. Vivace e un po' sopra le righe Taraji P. Henson, miglior attrice di serie drammatica per Empire; ma al di là della simpatia per la Henson è pressoché impossibile considerare seriamente un trofeo attribuito a una serie che, specialmente nella seconda stagione, è sprofondata nei propri punti deboli, trasformandosi in una sorta di ridicola soap opera priva di qualunque direzione o coerenza. E giusto per rimanere in tema, è altrettanto arduo prendere sul serio il Golden Globe per Lady Gaga (e la faccia di Leonardo DiCaprio, a tal proposito, è emblematica), discreta ma non certo da premio per un ruolo piuttosto 'ingessato', quella di una seducente vampiressa, nella peggiore stagione di sempre di American Horror Story, il pasticciaccio Hotel; visibilmente emozionata, Gaga ha esordito dichiarando "Mi sento come Cher in Stregata dalla luna" (ambizioni da Oscar?) ed ha ringraziato colleghi, familiari e soprattutto il suo 'pigmalione' Ryan Murphy.
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