È ora disponibile on demand, sulle principali piattaforme dedicate in Italia, Favolacce, opera seconda di Damiano e Fabio D'Innocenzo, che doveva uscire in sala il 16 aprile, forte del successo di critica e pubblico all'ultima Berlinale, dove era in concorso. Per iniziativa di Vision Distribution lo si può ora vedere tranquillamente a casa, strategia che consentirà ai cinefili italiani di gustarsi uno dei lungometraggi più potenti e travolgenti partoriti negli ultimi anni dal nostro paese.
Come potete leggere nella nostra recensione di Favolacce, questo film è un racconto estivo coraggioso e devastante, il cui impatto psicologico ed emotivo non si farà annacquare dalla fruizione domestica, merito anche di una certa componente claustrofobica che va di pari passo con le disavventure sotto il rovente sole romano che ci mostra. Ecco perché, a nostro avviso, questa è una pellicola assolutamente da non perdere.
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1. "Piccoli" registi crescono
Già nel 2018 avevamo potuto ammirare il talento di Damiano D'Innocenzo e Fabio D'Innocenzo, che portarono a Berlino, nella sezione Panorama, l'opera prima La terra dell'abbastanza. Memorabile la presentazione dei due fratelli, che trascurarono la presenza dell'interprete sul palco e si rivolsero al pubblico in sala direttamente in italiano (anzi, in romanesco), e memorabile anche il film, un racconto di gioventù bruciata che esplora i territori del cinema di genere fra le strade di Roma. Un notevole biglietto da visita, in tutti i sensi: quest'anno, presentando Favolacce al festival tedesco, i due cineasti hanno affermato di aver girato il loro esordio principalmente per convincere i produttori a finanziare il nuovo film, che in realtà avevano scritto già da prima e che nessuno voleva produrre in quanto difficilmente accostabile a un genere specifico. E pur essendo un'idea più "giovane", c'è la maturità dell'opera seconda, più ambiziosa, più sicura di sé, più profonda.
2. Pedigree internazionale
Come dicevamo, il film ha segnato il ritorno dei D'Innocenzo alla Berlinale, questa volta all'interno del Concorso principale, rappresentando l'Italia insieme a Volevo nascondermi (premiato per la performance di Elio Germano, presente in entrambi i titoli italiani in gara, nei panni del pittore svizzero Antonio Ligabue). Una collocazione prestigiosa e interamente meritata, con un'accoglienza calorosa da parte di stampa e pubblico. E anche da parte della giuria presieduta da Jeremy Irons, che nel corso della premiazione ufficiale ha assegnato ai D'Innocenzo l'Orso d'Argento per la sceneggiatura (epocale la loro doppia presenza sul palco, con "Li mortacci tua" come grande, sincera espressione di amore fraterno). Forse un po' troppo "poco", dato il livello complessivo del film, ma in fin dei conti il premio giusto, poiché è stata proprio quella sceneggiatura, scritta anni addietro e inizialmente rifiutata in massa dai produttori, a dare il via a un iter artistico di non poco conto.
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3. Estate romana
Mentre il film precedente era un racconto abbastanza notturno, sin dalla premessa, il nuovo lungometraggio dei D'Innocenzo si svolge per lo più alla luce del sole. E non un sole qualsiasi, ma quello rovente dell'estate, nella periferia di Roma, dove i vari protagonisti si apprestano a vivere le vacanze. La tragedia è dietro l'angolo, con un'atmosfera a tratti opprimente che fa da contrappeso tematico all'estetica che rende, in ogni singola inquadratura, le temperature bollenti e il sudore che gronda dalle fronti di ognuno dei personaggi. Il tutto condito con una certa ironia, che fa di questo progetto un curioso romanzo di formazione realizzato con intelligenza e audacia, fino alla sua naturale, potente conclusione.
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4. Nuove generazioni
Come già nell'opera prima, i due registi si interessano ai giovani, ed è attraverso i loro occhi che vediamo ciò che accade durante quella tremenda e al tempo stesso sorprendente estate (la voce narrante, appartenente a Max Tortora, legge il diario di uno dei giovanissimi protagonisti). Un'innocenza che progressivamente viene messa alla prova, e che i D'Innocenzo raccontano con un'empatia straziante. Sempre in occasione della presentazione berlinese i due hanno detto di aver voluto fare il film mentre avevano ancora l'età giusta per riconoscersi in tutti i personaggi (i due cineasti sono nati nel 1988 e hanno scritto la sceneggiatura nel 2007, quando avevano diciannove anni), e la precisione con cui dirigono tutti, dagli esordienti a veterani come Elio Germano, è impressionante.
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5. "A Tiziana Soudani, ora scia luminosa"
Questa frase, scritta da Damiano D'Innocenzo, chiude i titoli di coda del film ed è il giusto omaggio alla co-produttrice Tiziana Soudani, scomparsa un mese prima della proiezione berlinese. Figura emblematica del cinema svizzero contemporaneo, la fondatrice della società ticinese Amka Films ha collaborato in più occasioni con firme importanti nel nostro paese come Silvio Soldini, Leonardo di Costanzo, Alice Rohrwacher e Marco Bellocchio. Questo è l'ultimo lungometraggio di finzione a cui ha lavorato, ennesima dimostrazione di come fosse in grado di scegliere progetti inconsueti, originali, intelligenti e coraggiosi. E quella scritta finale, omaggio a un talento produttivo di cui sentiamo già la mancanza, è la nota conclusiva ideale dopo 98 minuti intensi e indimenticabili.