Everything Everywhere All at Once: tra SAG e Oscar, le ragioni di un trionfo annunciato

Dopo la vittoria da record ai SAG, Everything Everywhere All at Once è favoritissimo anche agli Oscar: ma come si spiega il plebiscito per la commedia sci-fi con Michelle Yeoh?

Everything Everywhere All at Once: tra SAG e Oscar, le ragioni di un trionfo annunciato

È quanto mai raro che una pellicola distribuita a marzo, vale a dire con sei mesi d'anticipo sui festival di fine estate, veda crescere costantemente i propri consensi fino a ritrovarsi, a un anno di distanza, in primissima fila nella corsa agli Oscar, avendo addirittura ipotecato i premi principali. Tuttavia, è quanto accaduto nelle ultime settimane con Everything Everywhere All at Once: un titolo quasi profetico, se si considera l'onnipresenza del film nell'attuale stagione dei premi, fino ad arrivare al trionfo di domenica notte alla ventinovesima edizione dei SAG, ovvero gli Screen Actors Guild Award. In terra statunitense, del resto, l'entusiasmo per la commedia sci-fi scritta, prodotta e diretta da Daniel Kwan e Daniel Scheinert è tuttora alle stelle. Più moderata la ricezione nel resto del mondo, dove in queste ore critici e appassionati stanno discutendo sulla sua marcia trionfale nell'awards season: un plebiscito meritato o un colossale abbaglio collettivo?

Michelle Yeoh
Everything Everywhere All at Once: un'immagine di Michelle Yeoh

Ma al di là dei giudizi personali e delle 'tifoserie', può risultare interessante analizzare le dinamiche e le ragioni di un tale fenomeno. Oscar & company, del resto, vanno sempre inseriti all'interno di un contesto - o piuttosto, per scomodare un termine assai in voga nel settore, di una 'narrazione'. E quest'anno, la narrazione legata ad Everything Everywhere All at Once ha esercitato un impatto formidabile: dall'originalità nella sua commistione di generi, con una peculiare declinazione del tòpos del multiverso, alla capacità di portare al centro dell'attenzione il vissuto di una comunità asiatica trapiantata negli Stati Uniti (come già fatto due anni prima, ma con toni differenti, dall'apprezzatissimo Minari di Lee Isaac Chung); dal suo strepitoso passaparola, con gli incassi più alti di sempre per il distributore indipendente A24, allo statuto di presunto underdog in grado di rivaleggiare con Steven Spielberg e James Cameron.

L'America e i SAG: tutti pazzi per i Daniels

Daniels
Una foto di Daniel Kwan e Daniel Scheinert

Gli Oscar, è bene ricordarlo, non dipendono esclusivamente dalle qualità artistiche di un'opera: un peso altrettanto importante è legato alla 'narrazione' di cui sopra, al clima sociale, culturale e politico del periodo e, non ultimo, all'abilità e ai mezzi di chi gestisce una campagna promozionale. E in tal senso, Everything Everywhere All at Once ha dimostrato quasi subito di avere in mano delle carte ben più forti rispetto a quelle degli altri "pesi massimi" della stagione: Gli spiriti dell'isola di Martin McDonagh e The Fabelmans di Steven Spielberg, a cui si è aggiunto di recente, dopo la valanga di statuette ai BAFTA, anche Niente di nuovo sul fronte occidentale di Edward Berger. Innanzitutto, per una ragione di banale semplicità: il pubblico. Negli USA il film dei Daniels ha incassato settantatré milioni di dollari (quasi otto milioni di spettatori), a fronte dei diciassette milioni di The Fabelmans e degli appena dieci milioni de Gli spiriti dell'isola, galvanizzando in particolare gli spettatori più giovani.

Eeoaa Sag
Il cast di Everything Everywhere All at Once premiato ai SAG Award

A tal proposito, è curioso notare che il successo di Everything Everywhere All at Once sia concentrato in prevalenza in territorio statunitense: ne sono una prova i suoi incassi globali, registrati per oltre due terzi proprio sul mercato nord-americano, così come i diversi esiti dei principali precursors degli Oscar. I SAG Award, assegnati dai centosessantamila membri del sindacato americano degli attori, hanno sancito un trionfo per il film dei Daniels, che ha stabilito un record assoluto con quattro trofei: miglior cast, miglior attrice per Michelle Yeoh, miglior attore non protagonista per Ke Huy Quan e miglior attrice non protagonista per Jamie Lee Curtis. Vale la pena sottolineare che di regola i SAG, espressione della comunità hollywoodiana nel suo insieme, tendono a favorire i titoli 'popolari' rispetto a quelli più sofisticati e a trascurare il cinema internazionale, con poche ma significative eccezioni (il caso più unico che raro di Parasite nel 2020).

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Gli Spiriti Dellisola
Gli spiriti dell'isola: un'immagine di Colin Farrell

A fronte della vittoria senza precedenti ai SAG, è emblematico rilevare le preferenze opposte della British Academy, che conta fra i propri membri oltre seimila addetti ai lavori (britannici, ma non solo): un "corpo elettorale" coincidente in parte con quello degli Oscar e dalle cui scelte trapelano gusti e inclinazioni di un comparto 'straniero' sempre più rilevante all'interno dell'Academy americana. E quest'anno, i BAFTA hanno incoronato senza esitazione Niente di nuovo sul fronte occidentale: una produzione tedesca targata Netflix e ambientata nell'Europa della Grande Guerra, che al contrario era stata pressoché ignorata dalle guilds americane, ma agli Oscar è riuscita comunque ad aggiudicarsi ben nove nomination. Lo stesso numero di candidature de Gli spiriti dell'isola, firmato dal britannico Martin McDonagh e imbevuto dello spirito e delle suggestioni dell'Irlanda rurale, che ai BAFTA ha ottenuto quattro premi, fra cui quelli ai comprimari Barry Keoghan e Kerry Condon.

Everything Everywhere All At Once
Everything Everywhere All at Once: Stephanie Hsu, Michelle Yeoh e Ke Huy Quan

Naturale però che l'ironia nera e disperata di McDonagh riscuotesse minor fortuna, fra gli elettori dei SAG, rispetto all'elegia dell'unità familiare e della forza degli affetti elaborata dai Daniels nel loro accattivante crowdpleaser. Gli Oscar, pertanto, in che direzione andranno? Ricopriranno Everything Everywhere All at Once di statuette (il film ha undici nomination in dieci categorie) o saranno più in linea con i BAFTA, che gli avevano riservato un singolo premio per il montaggio? Questa seconda opzione non sembra per nulla ipotizzabile: non c'è bisogno di sbilanciarsi per pronosticare che la commedia dei Daniels ha già ipotecato gli Oscar per il miglior film, la regia, l'attore non protagonista Ke Huy Quan e il montaggio. Nelle altre categorie, in compenso, la situazione si profila alquanto incerta: perché se a Hollywood sono innamorati più che mai delle disavventure della famiglia Wang, la "legione straniera" dell'Academy potrebbe giocare un ruolo-chiave a vantaggio di altri contendenti. Everything Everywhere, ma qualche statuetta magari anche altrove...

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