"Nessuno può mettere baby in un angolo!": e nemmeno Dirty Dancing. Uscito nelle sale americane il 21 agosto 1987, il film di Emile Ardolino, che ha reso Patrick Swayze una star, a trent'anni suonati continua a essere un enorme successo, un film di culto, un fenomeno pop e una buona scusa per finire un barattolo di gelato versando qualche lacrima a ogni nuovo passaggio televisivo.
Nato come un progetto a basso budget, con attori allora semi sconosciuti, Dirty Dancing ai primi screening test fu un disastro, tanto che i produttori pensarono di farlo uscire direttamente in cassetta, saltando a passo di danza la sala. Invece, al contrario di ogni previsione, la pellicola ha avuto un enorme successo, sia al botteghino che in home video, conquistando il titolo di primo film ad aver venduto un milione di copie.
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A guardarlo adesso, a mente fredda, non si tratta di questa pellicola straordinaria: la fotografia è "smarmellata" come in un episodio di Gli occhi del cuore di Boris, la regia si limita a inquadrare i due protagonisti che ballano e perfino la celebre battuta pronunciata da Johnny Castle, il sexy insegnante di danza interpretato da Swayze, diventata una delle più celebri della storia del cinema, non ha molto senso, o comunque non è questo granché (tanto che lo stesso attore propose di tagliarla perché la riteneva ridicola). Eppure, dopo trent'anni, siamo ancora qui a parlarne. Perché?
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La presa a volo d'angelo come Superman
In un decennio, gli anni '80, in cui il cinema si era finalmente accorto degli adolescenti - I Goonies (1985), Breakfast Club (1985), Stand by me - Ricordo di un'estate (1986) - e aveva cominciato a presentare protagoniste femminili forti, al punto da sostituire il classico eroe maschio e infallibile - basti pensare alla Ellen Ripley (Sigourney Weaver) di Alien (1979) o la Sarah Connor (Linda Hamilton) di Terminator (1984) -, Dirty Dancing presenta una protagonista "vecchio stile": l'impacciata adolescente Frances Houseman, soprannominata "Baby", è in vacanza con la famiglia nelle Catskill Mountains, ha il complesso del brutto anatroccolo, visto che la sorella è considerata la bella di casa, ha paura che non se la fili nessuno e però sprizza ormoni da tutti i pori. Quando, nell'hotel dove alloggia, incontra l'animatore Johnny Castle, tutto movimenti di bacino e occhiate vogliose, perde la testa. Sono gli anni '60 e, nonostante i sussulti pelvici di Elvis siano ormai sdoganati da un decennio, i balli sudamericani, pieni di prese e contatto fisico, sono ancora scandalosi, soprattutto se tra i due ballerini c'è una grande differenza d'età.
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Oggi una trama del genere ci fa sorridere, ma è curioso che anche negli '80 le ragazze (che sono il principale pubblico di riferimento di questo film, ammettiamolo) siano letteralmente impazzite per Dirty Dancing: la storia è un classico rito di passaggio dall'adolescenza all'età adulta, ma al contrario di Marty McFly (Michael J. Fox), il protagonista di Ritorno al futuro (1985), che matura viaggiando nel tempo con una DeLorean, Baby diventa donna sulla pista da ballo. Quella presa d'angelo che tanto commuove il pubblico, ed è davvero diventata un'icona, è quindi uno slancio verso la libertà, verso una nuova fase della vita, scoperta dell'altro e di sé, una metafora della sessualità e del desiderio di amare chi si vuole a prescindere da pregiudizi sociali o anagrafici. Baby che si libra in aria sollevata dalle forti braccia di Johnny è stata, per le adolescenti degli anni '80, quasi una risposta a Superman, con vestito color cipria al posto del mantello.
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Ballala ancora, Baby
La stagione 2016-2017 è stato l'anno della consacrazione dei personaggi femminili forti: da Wonder Woman (Gal Gadot) alla piccola Eleven (Millie Bobby Brown) di Stranger Things, fino alla bellissima e letale spia di Charlize Theron in Atomica bionda, ormai le donne non ci stanno a fare da spalla, tanto che vedremo presto anche un Dottore donna, Jodie Whittaker, nella serie Doctor Who, interpretata storicamente sempre da soli uomini, e chissà che non arrivi il giorno anche di uno 007 al femminile. Probabilmente oggi sarebbe Baby a prendere l'iniziativa e a invitare Johnny a ballare: non si limiterebbe a vivere di luce riflessa perché "il ragazzo fico ha scelto me". Sotto sotto Dirty Dancing parla di questo, di un complesso che ogni adolescente ha, il complesso dello "scegli me, ama me", che Shonda Rhimes ha reso celebre in Grey's Anatomy.
Non importa quanto una ragazza sia brava ed emancipata, la società ci ha inculcato geneticamente questo pensiero, che piano piano si sta affievolendo, ma che torna prepotente soprattutto quando si è molto giovani. Lo "scegli me, ama me" e quindi fammi volare e brillare: adatto a chi ha 17 anni come Baby ma, dopo trent'anni, è il caso di superarlo. La regressione adolescenziale a ogni visione è liberatoria e catartica, quindi sì al barattolo di gelato a ogni replica, ma nella vita di tutti i giorni forse sarebbe meglio scoprire dentro di sé la forza di una Furiosa (ancora Charlize Theron) di Mad Max: Fury Road, che non "si fa scegliere", ma prende con le mani il proprio destino e non ha bisogno di un uomo, o di qualsiasi altra figura, a dirle che "nessuno può metterla in un angolo". E magari a quell'angolo dà pure un paio di cazzotti.
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