Dietro le quinte del Codice Da Vinci

Il casting e la lavorazione del film più chiacchierato del 2006.

Prima ancora che Ron Howard decidesse di portare sul grande schermo il bestseller di Dan Brown Il codice Da Vinci, il libro era già diventato un caso letterario, e di lì a poco avrebbe sollevato anche roventi polemiche per i suoi contenuti, giudicati blasfemi dalla Chiesa Cattolica. Il regista di A Beautiful Mind, però era rimasto davvero affascinato dal thriller di Brown, che aveva letto dopo averne sentito parlare in maniera così diffusa, ed insieme al produttore John Calley ed al socio Brian Grazer, aveva deciso trasformare in un film il romanzo che aveva appassionato così tante persone. Howard inoltre, da appassionato di gialli, ritiene che la storia scritta da Brown abbia tutte le carte in regola per essere trasformata in un film avvincente: "Inizialmente il romanzo sembra rispondere agli schemi tradizionali del giallo" - ha detto il regista - "Poi presenta delle svolte inaspettate ed appassionanti".
Naturalmente Howard si rendeva conto che la trasposizione cinematografica del romanzo di Brown sarebbe stato un lavoro complesso e difficile, e così si era rivolto allo sceneggiatore Akiva Goldsman, con il quale aveva già lavorato, pensando che nessuno meglio di lui avrebbe potuto adattare Il codice Da Vinci. Nonostante Goldsman fosse rimasto colpito dal libro, non aveva assolutamente idea di come lavorare alla trasposizione, e per questo era tentato di lasciar perdere tutto; dopo numerosi collooqui con Howard però, ha cambiato radicalmente idea: "Ron aveva un'idea così chiara di ciò che voleva realizzare che mi ha fatto cambiare opinione dandomi il coraggio di tentare". Una scelta coraggiosa, quella dello sceneggiatore newyorkese, perchè - come ha sostenuto anche Tom Hanks, che nel film interpreta Robert Langdon - "Quando si adatta un libro così appassionante si deve essere in grado di soddisfare le aspettative del pubblico: si possono apportare dei cambiamenti, certo, ma bisogna anche essere sicuri che non risultino deludenti. Akiva ha compiuto un'impresa monumentale adattando un romanzo particolare come Il codice Da Vinci, ma lui è un grande sceneggiatore e sa quali sono gli ingredienti indispensabili per creare un buon prodotto cinematografico".

Un grande aiuto nella stesura del copione e nella realizzazione del film è arrivato anche da Dan Brown: l'autore del libro oltre a rendersi disponibile per il lavoro di adattamento, si è rivelato una grande risorsa per gli autori del film, perchè ha dato loro la possibilità di inserire nella sceneggiatura diversi elementi che aveva scoperto soltanto dopo aver dato alle stampe il suo romanzo. Secondo Howard addirittura, il suo film si può considerare quasi una versione aggiornata de Il codice Da Vinci, che racconta la storia del professor Robert Langdon, esperto di simbologia, che una notte viene convocato al Louvre, perchè uno dei curatori del famoso museo parigino è stato assassinato. Con l'aiuto della criptologa Sophie Neveu, Langdon riuscirà a scoprire attraverso i quadri di Leonardo Da Vinci, una serie di indizi che conducono ad un'organizzazione religiosa che da duemila anni custodirebbe un grande segreto.
Una volta terminato il lavoro di adattamento del romanzo di Brown, i realizzatori del film hanno dovuto affrontare un altro lavoro particolarmente difficile: il casting. Non è stato facile mettere insieme un cast di attori che potessero essere convincenti nei ruoli dei protagonisti del libro, ma secondo il produttore esecutivo Todd Hallowell Howard è riuscito a selezionare gli elementi giusti: "È stato sorprendente osservarlo mentre svolgeva questo processo lento e laborioso. Il risultato finale è stato straordinario".
Per il ruolo di Langdon è stato scelto Tom Hanks, che nonostante non lavorasse più con Howard da tempo, aveva mantenuto con lui un rapporto molto stretto. "Non è stato solo per amicizia che ho voluto affidare a Tom la parte di Langdon" ha spiegato il regista "Quando ho iniziato a parlargli del ruolo, ho provato la stessa sensazione positiva che avevo avuto dieci anni fa presentandogli Apollo 13. C'era una sorta di somiglianza naturale tra la personalità di Tom e la sensibilità del personaggio. Langdon è un uomo estremamente curioso e ha un grande senso dell'ironia, ma soprattutto è affascinato dai dettagli e muore dalla voglia di scoprire la verità. Anche Tom è brillante e profondamente attratto dal mondo che lo circonda. Scegliendo lui per questo ruolo, ero certo di poter contare su un attore intelligente e sensibile". Anche Hanks si è detto molto felice di poter tornare a lavorare con Howard, soprattutto perchè ": è affidabile, ha una grande creatività e tende continuamente alla perfezione".
Più difficile è stata la ricerca dell'attrice che avrebbe impersonato Sophie Neveu, le candidate al ruolo, tutte celebri attrici francesi, sono state convocate a Los Angeles per un provino assieme a Tom Hanks: Audrey Tautou aveva avuto meno tempo a disposizione rispetto alle altre, ma ha colpito i realizzatori del film per la sua interpretazione. Secondo Howard la splendida attrice francese ha qualcosa che armonizzava perfettamente con gli elementi mistici del libro: "Audrey ha una personalità enigmatica e al tempo stesso accessibile" e come sostiene invece Hanks "Intimidisce ed è misteriosa. Per certi aspetti è molto eterea, ma quando fa una domanda ti fa davvero sentire sotto inchiesta".

Hanks inoltre è rimasto positivamente colpito dal modo di lavorare di Sir Ian McKellen, che nel film interpreta Sir Leigh Teabing: "Credo che si diverta più di chiunque altro a recitare: all'inizio abbiamo lavorato molto insieme sui dialoghi. Lui si è dimostrato estremamente attento a ogni singola battuta, cercando sempre di coglierne il senso profondo. Sul set poi, non si stancava mai di provare e riprovare la stessa sequenza. Che dovesse sedersi a un tavolo per discutere del Priorato di Sion o scendere le scale pronunciando una frase qualunque, ogni volta trovava un modo differente per dire la stessa cosa. Sembrava divertirsi come un pazzo ad arricchire la sua interpretazione con mille sfaccettature diverse".
A Paul Bettany è stato affidato invece il ruolo di Silas, e il fascinoso attore inglese ha affermato che il suo obiettivo principale era quello di dare un profilo umano al monaco albino. "Silas è un alienato alla disperata ricerca di una figura paterna. La prima persona che si dimostra gentile con lui è Aringarosa, che però utilizza la sua instabilità mentale come un'arma. Silas è finito in prigione per aver ucciso il padre che lo chiamava sempre "fantasma" e l'incontro con Aringarosa gli consente di dare finalmente un significato al suo aspetto fisico". Bettany si è innamorato del ruolo di Silas e di fronte alla macchina da presa arrivava a trasformarsi completamente, tanto che Howard quasi stentava a riconoscerlo, come lui stesso ha ammesso.
Un ruolo che sembrava quasi deciso sin dall'inizio invece era quello che è stato affidato a Jean Reno: l'attore francese - che interpreta Bézu Fache - si è sentito lusingato e soprattutto più motivato, quando ha scoperto che Dan Brown aveva ideato il personaggio di Fache pensando a lui: "Ciò ha reso ancor più significativa la mia partecipazione al film".

Nonostante alcune riprese del film di Howard siano state effettuate al Louvre, alcuni interni del museo parigino sono stati anche riprodotti in studio, a Pinewood e Shepperton, per lavorare in un ambiente più facile da gestire e soprattutto lontano dalle opere d'arte. Nonostante lo scenografo Allan Cameron sapesse sin dall'inizio che una parte del Louvre sarebbe stata ricostruita in studio, durante i sopralluoghi capì quanto fosse necessaria questa soluzione, cvonsiderato che le attrezzature cinematografiche avrebbero potuto danneggiare i pavimenti del museo o addirittura uno dei preziosi dipinti esposti. La ricostruzione degli ambienti del Louvre in studio però, non è stata affatto facile: il pittore James Jammill ha dovuto realizzare ben centocinquanta copie delle tele esposte nel museo, prestando particolare attenzione alle pennellate di colore. "Ovviamente non potevamo utilizzare le tecniche originali ma era importante che le pennellate sul quadro risultassero realistiche, perché è la cosa che più salta all'occhio quando la luce non batte direttamente sulla tela. Chi guarda un film capisce benissimo se alla parete c'è attaccato un quadro o una stampa".