Quello di Ryan Reynolds è uno dei percorsi professionali più interessanti della Hollywood di oggi. Per lungo tempo la carriera dell'attore canadese classe 1976, dopo il successo ottenuto nel 2002 sull'onda di American Pie 1 e 2 con Maial College (Van Wilder), non è mai esplosa davvero e, per anni, è sempre rimasto "quello di Maial College" e basta. E stata continuamente costellata da una lunga serie di tentativi andati a vuoto, Lanterna verde in testa a tutti, che avrebbero potuto tranquillamente affossarlo professionalmente ma che si sono invece trasformate in uno strumento di - perdonateci l'utilizzo di questo termine un po' abusato negli ultimi anni - di resilienza e tenacia. E inguaribile testardaggine.
Tratti caratteristici che gli sono stati di fondamentale supporto per portare sul grande schermo quell'ormai leggendario primo film di Deadpool che ha sì dato, una volta per tutte, una spinta verso l'alto alla sua carriera. Un viaggio, quello del Mercenario Chiacchierone, che è addirittura finito per reggere all'urto e sopravvivere all'acquisizione della 20Th Century Fox da parte della Disney e che anzi, con Deadpool & Wolverine, ha portato un po' di serenità (e parecchi dollari sonanti) a un Marvel Cinematic Universe che, dopo Endgame, pare aver perso ogni equilibrio.
Il ritorno di Deadpool
Spiega Ryan Reynolds in una recente chiacchierata con Deadline che neanche lui era sicuro di riuscire a riportare in scena Deadpool dopo l'acquisizione della Fox da parte della Disney. "Ragionarci dopo a cose fatte è sempre più facile ed è un attimo ritrovarsi in zona Ted Talk spiegando che avevi visto delle opportunità e hai lavorato per sfruttarle, ma la realtà dei fatti è che molto spesso, quando hai a che fare con i film, baso il tuo operato su atti di fede, sull'esperienza che hai maturato, sul tuo gusto" dice l'attore. Un processo creativo e produttivo, quello di Deadpool & Wolverine, in cui era fondamentale, sia per lui che per Shawn Levy, collaborare con chi aveva la facoltà di destreggiarsi con un problema molto scomodo più a lungo di quanto riuscirebbe a resistere una persona normale.
Ryan Reynolds e Shawn Levy sapevano che Deadpool 3 sarebbe stato un film grandioso pur senza avere ancora ben chiari i confini della cosa. Dopo la fusione fra le due compagnie, avevano consegnato ai Marvel Studios uno script che conteneva già una storia fatta e finita. Non era lo spot per un'altra pellicola. Era un film che avrebbe regalato un'esperienza completa al pubblico. Ma la strada da percorrere era ancora lunga.
Il ritorno di Wolverine
Dopo morte di Wolverine nell'acclamato Logan - The Wolverine di James Mangold, riportare in scena il personaggio era tutt'altro che automatico e scontato. "Ho sempre desiderato un film di Deadpool e Wolverine, è la prima pitch che ho proposto a Kevin Feige" ammette Ryan Reynolds ribadendo anche che "volevo fare questo film dedicato a loro due nello stile di Rashomon col primo atto interamente dal punto di vista di Wolverine, il secondo da quello di Deadpool e il terzo da un punto di vista oggettivo sui fatti".
Una proposta che il boss della divisione cinematografica della casa delle Idee ha bocciato su tutta la linea dicendo "No, Logan è morto. Passiamo oltre".
E così ha trascorso il resto del suo tempo a elaborare altri presupposti.
Come un Deadpool & Wolverine in stile film del Sundance, con un budget piccolino da 3, 4 milioni perché "D'altronde tutto ciò di cui ho bisogno per Deadpool è il costume, gli effetti speciali sono secondari. Sarebbe stato interessante perché se c'è una cosa che a volte manca a questo genere di lungometraggi è l'elemento dell'inaspettato". Ma anche qua ricevette un no.
Poi un'altra idea era quella di una storia che vedeva Deadpool sulle tracce del cacciatore che ha ucciso la mamma di Bambi. Solo che poi conosceva quel tizio e finiva per farci amicizia. Ma dalla Disney gli dissero che "No, non si può toccare Bambi".
La nascita del film
A lui e Shawn era rimasta solo quest'altra idea di cui non erano sicuri e che avevano proposto anche alla star australiana che per quasi vent'anni aveva vestito i panni di Wolverine. "Il 22 agosto del 2022, ho ricevuto la telefonata di Hugh. Cioè oggigiorno chi ti chiama più se non per dirti che qualcuno è morto? Voleva semplicemente dirmi che voleva farlo, voleva mettersi a giocare nel box di sabbia di questo film". A quel punto, lui e Levy sono tornati di nuovo da Kevin per proporgli un film di Deadpool e Wolverine anche se Ryan Reynolds era convinto che Feige lo avrebbe interrotto a metà discorso.
Solo che proprio durante quel meeting è sostanzialmente nato il Deadpool & Wolverine che abbiamo poi visto nelle sale cinematografiche. "Il bello è che ce lo siamo inventati un po' mentre ne parlavamo perché non avevo un piano ben definito. Ma avevo Hugh. E posso assicurare che la maggior parte della storia che vedi nel film viene da quel pitch improvvisato al momento in cui io e Shawn stavamo ca°°eggiando lì per lì. Avevamo chiaramente un'intelaiatura generale, ma i dettagli sono nati sulla base dell'improvvisazione" racconta l'interprete di Wade Wilson. Ed ecco che, dopo quell'incontro, Reynolds e Levy si sono ritrovati a buttare giù lo script insieme a Rhett Reese e Paul Wernick. "Ero terrorizzato perché dovevo scrivere le battute di Wolverine, un uomo di poche parole in stile Clint Eastwood" aggiunge Reynolds.
Vedere Deadpool & Wolverine conoscendo già ogni spoiler vale comunque la pena?
No all'improvvisazione, sì a battute alternative
Ryan Reynolds spiega che, malgrado la convinzione comune, non è uno che improvvisa sul set. Scrive semmai versioni alternative. Durante le riprese del cinecomic era solito tirare fuori l'iPhone e andare a leggere le note con le versioni alternative delle battute che aveva scritto per lui, per Hugh Grant, per Emma Corrin. Ma non erano alternative che venivano imposte, bensì proposte all'attore o all'attrice di turno se se la sentiva e se le avvertiva come adatte al personaggio e alla situazione. Tutti sono stati estremamente collaborativi a quanto pare.
Anzi, l'elemento più importante per tutto il film si deve proprio a Hugh Jackman che "Lesse la prima stesura della sceneggiatura e ci spedì un memo vocale di 15 minuti. Un atto di terrorismo in pratica. Stava cercando di trovare il perché, il perché della presenza di Wolverine. Il perché della tuta gialla. Perché i fan si sarebbero esaltati, ma c'era comunque bisogno di un perché". Fu lui a suggerire che quello doveva essere il peggior Wolverine di tutti. Un'ancora di partenza perfetta. E che la tuta rappresentava il bagaglio di tutta la vergogna che provava per le cose che aveva fatto, una vergogna che non riesce a togliersi di dosso. In un film che molte persone vedono come una commedia, avere quel tipo di calore e profondità arrivare dal lato di Hugh ha reso più agevole porre le basi per sovvertire le aspettative della storia e giocare con le svolte narrative a 90° attorno a essa. Contrariamente a quello che avviene nelle commedie pure dove hai una sfilza continua di battute e gag.
Uno sguardo al passato
Spiega poi che tutti si aspettavano che, con l'ingresso di Deadpool nel Marvel Cinematic Universe, tutta una serie di nuovi personaggi avrebbero fatto il loro debutto nella saga. Ma si è invece scelto di guardare al passato più che al futuro, agli storici film Marvel prodotti dalla 20Th Century Fox. Quelli in cui Hugh Jackman, Shawn Levy e lo stesso Reynolds si sono fatti le ossa costruendosi la carriera. "Piazzando il logo della major nel vuoto, un logo che è stato costruito concretamente non è nulla di digitale, ci ha permesso di lavorare su un set in esterni, una cosa che con i film Marvel o anche DC non accade spesso perché hanno paura dei leak e degli spoiler" spiega Reynolds che prosegue illustrando come lo storico logo della fu major era fondamentale anche in vista di "qualcosa" che il pubblico avrebbe visto più avanti nel film perché "alla fine c'è quel video che mandiamo dove vedete tutti noi, da giovani, che lavoriamo a questi film della Fox con i Green day di sottofondo. Una cosa che è stata fatta durante l'ultimo giorno dello sciopero. Stavamo tutti per tornare al lavoro e Shawn ed io stavamo pensando a come collegare quel logo mezzo sepolto nel terreno a qualcosa che avremmo visto più avanti nel film. E abbiamo compreso che doveva trattarsi solo di un semplice grazie a quel mondo. E un addio".
Il futuro di Deadpool
Al momento Ryan Reynolds, Hugh Grant e Shawn Levy sono al lavoro insieme su qualcosa al di fuori del Marvel Cinematic Universe. Ma secondo la star canadese, Deadpool dovrebbe essere un personaggio spalla, perché non riesce a immaginare un altro film in cui viene tolto al personaggio tutto quello a cui tiene. Sicuro lo vedrebbe bene in una pellicola corale. Un film insieme ad altri quattro o cinque personaggi per cui ha già un'idea che tende a ossessionarlo un po'.
Il fallimento di Lanterna Verde
Nella chiacchierata, Ryan Reynolds parla anche dell'importanza che un film fallimentare come Lanterna verde abbia comunque avuto nella sua vita e nella sua carriera. "L'ho capito invecchiando, rivedendolo, le mie figlie e figli lo amano, è un film per famiglie, vedono papà che vola e fa un sacco di robe folli... Sai alcune delle battute che ho fatto su quel film hanno a che fare col volersi appropriare con coscienza di questo fallimento commerciale".
È con Lanterna Verde che ha realizzato che non avrebbe più voluto lavorare a progetti come quello senza poterci mettere del suo dal punto di vista di autore "Perché sai se sono sul set di un film in cui non ho contribuito creativamente, se poi va male è comunque 'il film di Ryan reynolds andato male'. Per questo ho compreso che ok, anche se magari finirà per essere un buco nell'acqua, voglio comunque essere coinvolto creativamente nel processo. E scommettere su sé stessi è sempre spaventoso, perché se vinci la sensazione è bellissima, ma quando perdi perdi davvero".
Ryan Reynolds ha potuto operare in questo modo con i tre film di Deadpool, ma anche con Free Guy - Eroe per gioco e The Adam Project c'è stato qualcosa di analogo, perché per lui Shawn Levy, che li ha diretti, è davvero un'anima gemella creativa. Ma è riuscito nell'impresa anche grazie alla fiducia tutt'altro che scontata che gente come Bob Iger, Alan Bergman, Kevin Feige ha accordato a lui e ai suoi partner. Che hanno ripagato consegnando quello che avevano promesso. Insieme a un box-office globale da quasi 1,4 miliardi di dollari.