Forse dovremmo tornare a credere negli dei. Forse da qualche parte un Olimpo esiste davvero. Non siamo stati folgorati da una saetta di Zeus, né colpiti da una freccia di Cupido o ammaliati da Atena. No, stiamo solo prendendo atto dell'esistenza di Chris Hemsworth. L'imponente adone australiano, interprete di Thor nel Marvel Cinematic Universe, capace di far calare il gelo o di infiammare gli sguardi del pubblico (a seconda delle inclinazioni sessuali di ognuno), fa della bellezza statuaria il suo inevitabile bigliettino da visita.
Se gli anni Novanta hanno consegnato lo scettro di "irresistibile icona sexy" nelle mani di Brad Pitt, gli anni Duemila hanno trovato nel divino Chris un degno erede. Il suo scettro è un martello, il colpo di fulmine è inevitabile. Fermarsi all'apertura alare chilometrica, al petto prominente e ai lineamenti angelici quanto mascolini, però, sarebbe frutto di pigrizia e anche ingrato nei confronti di un attore che ha persino giocato col suo aspetto, dimostrando una propensione ironica che lo allontana dallo stereotipo abusato del belloccio fine a se stesso. A dire il vero, quello che avvicina Chris Hemsworth alla più realistica idea di perfezione è soprattutto il suo modo di porsi nelle interviste, la maniera gentile e accessibile in cui ha deciso di forgiare la sua immagine pubblica. Sempre più spesso, quando qualcuno di noi intende farsi un'idea su che tipo di persona si celi dietro la star, basta spiare un profilo sui social network. Bene, basta dare un rapido sguardo all'account Instagram del nostro (seguito da più di 20 milioni di persone) per scoprire un uomo appassionato. Pochi selfie egocentrici, tanti reportage da viaggi in luoghi incantevoli, una moderata passione per il vino, foto di gruppo con i colleghi sul set di un film, qualche immagine promozionale e miriadi di spiagge da buon surfista biondo australiano (stereotipo sposato in pieno, questa volta). Senza dimenticare idilliaci sprazzi familiari.
Sposato con l'attrice è Elsa Pataky - sua moglie è nota soprattutto per la saga di Fast & Furious - e padre di tre bambini, Hemsworth non lesina di mostrare al mondo il suo lato di marito innamorato e padre amorevole. Figlio di un amministratore dei servizi sociali e di un'insegnante, fratello di Liam e Luke Hemsworth (anche loro attori), Chris oggi compie 35 anni, e lo fa all'apice di una carriera segnata ma non sovrastata dal Dio del Tuono Thor. Una carriera nel pieno del suo essere, iniziata con il presagio di Star Trek, nei panni del padre del mitico Capitano Kirk. Le stelle erano nel suo destino, nuove galassie sarebbero presto diventate casa sua.
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Il mio regno per un martello - Thor (2011-2019)
Non si diventa figli di Odino a caso. Non si diventa principi di Asgard da un giorno all'altro. Per diventare degni, servono sudore e dedizione. Quasi dieci chili di massa muscolare per ottenere un fisico imponente ma allo stesso asciutto. Una dieta piena di proteine e povera di carboidrati, allenamenti ossessivi, ma soprattutto la responsabilità di dare anima e corpo a uno dei personaggi più complessi di casa Marvel. Assieme al tormentato Bruce Banner, Thor è senza dubbio un uomo dalle sfumature caratteriali più sottili, in bilico tra l'esuberante vanagloria e l'eroismo più puro, la scelleratezza degli avventati e i doveri di un principe su cui gravano grandi aspettative e responsabilità. Con Thor, Chris Hemsworth si conferma abile esploratore di due mondi e di due modi di concepire il personaggio: in preda a dubbi shakespeariani su Asgard, più goffo e maldestro sul pianeta Terra. La trilogia di Thor, capace di sconfinare sia nel fantasy (Thor: The Dark World) che nella commedia (Thor: Ragnarok) ha confermato la disinvoltura con cui Hemworth si muove tra i generi, risultando credibile sia come personaggio statuario e sicuro di sé, che come uomo dotato di ironia. Tutti quelli che hanno storto il naso con il troppo spensierato Thor: Ragnarok si saranno ricreduti con una delle entrate in scena più epiche ed esaltanti del Marvel Cinematic Universe: l'arrivo di Thor durante la battaglia in Wakanda visto in Avengers: Infinity War. Degno di un applauso, anche senza martello.
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Formula Due - Rush (2013)
Seneca diceva che "senza un avversario la virtù marcisce". Ecco perché in Rush non si avverta mai puzza di marcio. Il bello contro il sagace, la star contro il calcolatore, il leone contro il topo. La rivalità messa in scena da Ron Howard trasforma i piloti di Formula Uno James Hunt e Niki Lauda in due icone opposte, in due modi differenti di concepire lo sport e la vita. Se Daniel Brühl è abile nel mettere in scena un Lauda scaltro, astuto, uno strenuo sostenitore del calcolo e dello studio, un pilota per cui ogni singolo componente della vettura non doveva avere segreti. Dall'altra parte Hemsworth sfrutta ogni centimetro della sua avvenenza per fare di Hunt una rockstar prestata all'automobilismo. Istintivo, anarchico, lontano anni luce dall'immagine dello sportivo dedito al sacrificio, Hunt abusa del suo talento per godersi la vita. La grandezza di Howard sta nel non schierarsi, nel non far tifare il pubblico per l'uno o per l'altro, ma nel raccontare la lotta di due grandi sportivi uniti da stima reciproca, consapevoli che senza l'altro non sarebbero mai arrivati al loro apice. Aveva ragione Seneca.
Male virtuale - Blackhat (2015)
Forse uno dei casi cinematografici più inspiegabili degli ultimi anni. Sottovalutato, snobbato e incompreso, l'ultimo film di Michael Mann è stato un flop commerciale fragoroso, un'opera complessa che ha diviso anche la critica. Da queste parti, che si sappia, abbiamo sempre difeso e sostenuto il bistrattato Blackhat, perché è molto difficile che un regista raffinato come Mann realizzi un film per caso o per dovere, senza un sottotesto significativo a motivarne l'esistenza. Sei anni dopo Nemico pubblico - Public Enemies, Mann si ispira alla realtà, basandosi sulla progettazione di un malware americano-israeliano destinato a sabotare centrali nucleari iraniane. L'action movie di Mann prende atto del dominio del virtuale del reale, e getta Hemsworth in un action movie disorientante, quasi filosofico, dove il male non si combatte a suon di pugni e pallottole, perché sfuggente. Perché in Blackhat l'astratto vince sul concreto e sul dimensione fisica-tattile. La scelta di un attore così prestante e materico è già parte integrante di un'opera che prende atto della natura del Male moderno: camaleontico, mellifluo, disperso nei meandri della rete. Una condizione esistenziale poco rassicurante, rappresentata alla perfezione dalla metaforica sequenza finale della processione in cui Hemsworth ci appare più dominato che dominatore, vulnerabile come qualsiasi utente invischiato dentro labirinti cybernetici.
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Ulisse scheletrici - Heart of the Sea - Le origini di Moby Dick (2015)
Dopo Frost/Nixon - Il duello e Rush, non abbiamo più dubbi: a Ron Howard piacciono le sfide testarde. Anche questa volta il regista americano si imbarca in una storia vera, badandosi su un romanzo dedicato al terribile naufragio di una baleniera che ha poi ispirato il mito di Moby Dick. Tra ossessioni e disperazione, Heart of The Sea sonda le folli ambizioni umane e le ridimensiona dinanzi all'indomabile e imprevedibile forza della Natura. La prova di Hemsworth, ancora una volta nei panni di un esploratore istintivo, che tanto assomiglia ad un Ulisse di inizio Ottocento, si fa notare soprattutto per l'incredibile e spossante trasformazione fisica. In maniera meno estrema ma non molto diversa da Christian Bale (che con la sua dieta "a fisarmonica" fu costretto a perdere e prendere prima e dopo L'uomo senza sonno), Chris perde 14 chili grazie a una dieta che prevedeva l'assunzione di sole 500 calorie al giorno, a fronte di un fabbisogno medio di 2000 per un uomo adulto. Le riprese del film sono iniziate appena 24 ore dopo la fine di quelle di Blackhat, periodo in cui l'attore stava anche promuovendo sia Thor: The Dark World che Rush. Quando ripensa a quei mesi logoranti, Hemsworth ammette di essersi sentito uno schizofrenico con quattro personaggi che convivevano dentro di lui. Per fortuna aveva già spalle abbastanza larghe per reggerli tutti.
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Bellezza fantasma - Ghostbusters (2016)
Pochi film sono stati odiati come Ghostbusters. Un odio covato e dichiarato già mesi prima del suo arrivo nei cinema. Al di là del mito intoccabile che la maggior parte del pubblico ha subito percepito come oltraggiato, in tanti hanno mal digerito la svolta femminile del reboot, percepita come una forzatura femminista che snaturava l'animo del brand. Ma siamo qui per soffiare sulle candeline di Chris Hemsworth e non per barcamenarci in questioni che hanno a che fare con pregiudizi e paraocchi sociali. Con il terzo film dedicato al movimentato universo degli Acchiappafantasmi, il nostro impara la lezione di Matthew McConaughey, che con Magic Mike si spogliò quasi scrollarsi di dosso una volta per tutta la nomea del re delle commedia romantiche. In Ghostbusters Hemsworth si presta con piacere ludico a giocare con la percezione della propria immagine, e si mette nei panni di un segretario bello quanto idiota. Un esperimento autoironico che dimostra la grande consapevolezza di un uomo che non ha alcuna intenzione di considerare la sua straordinaria bellezza come un limite o un problema. Per Odino, non scherziamo.