Nato a Porto Rico e cresciuto in Pennsylvania, Benicio Del Toro ne ha fatta di strada dall'esordio lontanissimo che a soli ventun'anni lo portò nel cast de La mia vita picchiatella di Randal Kleiser, film sul cui set incontrò la 'nostra' Valeria Golino, anche lei all'esordio in quel di Hollywood. Galeotto fu il bacio che li vedeva protagonisti in una lunghissima scena, un contatto ravvicinato che fece scoccare la scintilla dell'amore e regalò ai due giovani interpreti una storia lunga quattro anni, una parentesi di cui però l'attore, da vero gentiluomo, non ha voluto parlare.
Ma veniamo ai successi: un Oscar come Miglior Attore Non Protagonista, un Golden Globe e un Orso d'Argento per la sua interpretazione in Traffic di Steven Soderbergh, una Palma d'Oro al Festival di Cannes 2008 per il suo memorabile ruolo da protagonista nell'acclamato Che, il biopic (doppio film diretto sempre da Soderbergh) sulla vita di Ernesto Che Guevara, ma anche una candidatura all'Oscar per l'indimenticabile straziante performance offerta insieme all'amico Sean Penn in 21 Grammi - Il peso dell'anima di Inarritu. Ma non è tutto, nella sua carriera il bel Benicio ha spaziato tranquillamente da film sentimentali a drammatici passando per l'action, ne sono un esempio Sin City, Snatch - Lo Strappo, Noi due sconosciuti al fianco della bellissima Halle Berry e tante altre pellicole che l'hanno avvicinato a grandissimi nomi del cinema mondiale, da Abel Ferrara a Terry Gilliam passando per William Friedkin, Julian Schnabel, Bryan Singer e Peter Weir.
Sangue caliente, fisico statuario, volto scavato e sguardo di ghiaccio. Perfetto sia sulla carta che sullo schermo per interpretare il difficile ruolo di protagonista di una delle più affascinanti storie dell'orrore classico, quella di Lawrence Talbot/Wolfman, un attore di teatro inglese costretto, dopo un'aggressione nel bosco, a convivere con un'orribile metamorfosi in lupo mannaro e a dividersi tra la vita da gentiluomo e quella di segugio infernale, pronto a seminare terrore e morte nelle notti di luna piena.
Lo vedremo prossimamente in Somewhere, il nuovo film di Sofia Coppola in uscita a primavera, l'anno prossimo nel nuovo di Scorsese e al fianco di Sean Penn e Jim Carrey nella nuova commedia dei fratelli Farrelly The Three Stooges ispirata alle avventure de I Tre Marmittoni; nel frattempo godiamocelo in questa strabiliante versione lupo mannaro realizzata dal mago del make-up Rick Baker nell'imminente Wolfman diretto da Joe Johnston. Grandissimo fan del genere horror, Benicio Del Toro ci ha raccontato la sua esperienza sul set nella doppia veste di protagonista e produttore. L'atteso remake del classico degli anni '40 sarà nelle sale italiane distribuito da Universal a partire dal 19 febbraio prossimo, giorno del suo quarantatreesimo compleanno.
In un film come questo, in cui il personaggio può in qualche modo mettere in secondo piano il lavoro dell'attore, come ci si comporta per bilanciare il ruolo e non arrivare ad essere invidiosi del proprio mostro?
Wolfman può essere visto come un film sulla diversità e sulla mancata accettazione di quest'ultima nel tessuto sociale? Si è mai sentito diverso nella sua vita o in qualche situazione?
Benicio Del Toro: Sono portoricano, mi sono sentito diverso molte volte in vita mia, ho fatto sempre parte di una minoranza e anche adesso ne faccio parte visto che sono un attore. Ricordo che quando ho detto alla mia famiglia che volevo fare questo lavoro mi hanno preso per pazzo, non tutti, ma la maggior parte di loro si. Con Wolfman non volevo realizzare un film che parlasse di questi argomenti, non l'ho scritto io e non volevo assolutamente spingermi così oltre nello spirito del film. Non voglio che venga visto sotto questa luce.
Si è sentito mai rifiutato o solo come Wolfman anche nella vita?
Benicio Del Toro: Si, ho sempre cercato di seguire la mia traiettoria come attore e come uomo, penso che esistano persone che hanno fatto esperienze più dure e sconvolgenti delle mie, ma credo di essere in grado di capire i loro 'mostri' meglio di tanti altri. Sono portoricano e sono cresciuto negli Stati Uniti con intorno persone che mi dicevano che non ce l'avrei mai fatta, venivo spesso accusato di aver fatto cose che in realtà non avevo fatto o il contrario, mi è anche capitato spesso di essere rifiutato ed a volte è stato difficile da accettare, ho cercato col tempo di superare anche questa difficoltà.
Ambientazioni dark, mostri, sangue, trasformazioni. Wolfman fa parte di un filone di fanta-horror che sembra andare particolarmente di moda in questi ultimi anni. Perchè secondo lei hanno così tanto successo?
Se paragoniamo la mostruosità aristocratica di Dracula con quella un po' più 'popolare' di Wolfman scopriamo che emtrambi sono caratterizzate da una diversità intermittente. Quali elementi l'affascinano di queste due personalità?
Benicio Del Toro: Direi che mi sento molto più uomo lupo che vampiro, mi ci sono sempre sentito sin da bambino. Mi piace pensare a Wolfman come al mostro della gente, mi sento assai più a mio agio in questa versione popolare, anche se ad Halloween mi vestivo spesso da Gobbo di Notre dame e da Frankenstein, a volte penso che mi abbiano messo il cervello sbagliato... (ride)
Da Che Guevara a Wolfman, due personaggi con una importante biografia alle spalle. Come si costruisce un personaggio come Wolfman che nasce dal folklore e dalla tradizione e non da una storia vera?
Ha menzionato molti attori di film horror ma ha scordato il Jack Nicholson protagonista dell'ultimo film, in senso cronologico, realizzato sui licantropi. E' stata una dimenticanza o non le era piaciuto?
Benicio Del Toro: Jack Nicholson è ad oggi il miglior attore in circolazione, uno di quelli che insieme a Mastroianni e Marlon Brando ha fatto la storia di questo mestiere. Ricordo che Wolf - La belva è fuori mi era piaciuto moltissimo, d'altronde lui è un attore che può fare tutto. Il film di Mike Nichols era però molto diverso dal mio Wolfman, questo è un remake. In questo film ho avuto modo di lavorare con Anthony Hopkins, ammiro molto anche Robert De Niro e Al Pacino, ma dopo Marlon Brando per me viene Nicholson, considerate che questi attori io li conosco dal vivo ma per me sono dei miti, li amo esattamente come li amate voi.
In veste di produttore può dirci se avete mai pensato di realizzare Wolfman in 3D? Secondo lei questa tecnica innovativa è più una moda o un escamotage contro la pirateria?
Benicio Del Toro: No, non ho mai pensato al 3D. A mio avviso le tre dimensioni possono trasformare un film in qualcosa di più grande e nuovo, possono permettere allo spettatore di sentircisi dentro e ai realizzatori di fare qualcosa che vada 'oltre' tecnicamente. Può essere una moda, certo, ma può anche rappresentare a lungo andare un modo per fermare la pirateria. A mio avviso però la pirateria si arresterebbe semplicementre facendo uscire i film in contamporanea mondiale. Mi ricordo quando ero piccolo a Porto Rico e aspettavo ardentemente che arrivassero da noi film che in Usa erano già usciti, ricordo quanto soffrivo nel sapere che qualcuno aveva potuto vedere il nuovo di James Bond mentre io non potevo. E' un impegno che richiede molto impegno e molto denaro, ma dovete ricordare una cosa molto importante: la pirateria uccide letteralmente il lavoro delle migliaia di persone coinvolte nella realizzazione di un film, che non ricevono il compenso e il riconoscimento adeguati. Il tempo è denaro, ecco perchè esiste la pirateria. In qualsiasi mercato se il pubblico vuole un prodotto deve pagare ed attenderne l'uscita ma nel cinema non è mai così. Pensate che in Venezuela il film sul Che è arrivato sei mesi dopo essere approdato in Europa e la cosa bella è stato che nonostante io fossi andato lì a presentarlo in anteprima in realtà l'avevano già visto tutti. E' stato un po' bizzarro in effetti (ride).
Qual è stata la sua prima impressione quando si è visto allo specchio truccato da Wolfman?
Maschere e costumi che entrano nell'immaginario collettivo e restano impressi nel tempo. Ci racconta qualcosa della sua esperienza sul set con la 'nostra' pluripremiata costumista Milena Canonero?
Come sono cambiati i mostri del cinema e com'è cambiata la paura della gente negli anni?
Benicio Del Toro: Le paure di oggi, come ai tempi quelle del nazismo e delle lotte popolari degli anni '60 e '70, influenzano sicuramente questo tipo di andamento dell'arte verso la cupezza e l'horror, che sia cinema, teatro, musica o altro. In questa storia non c'è solo orrore e violenza ma il tema è un po' più profondo, si mette in risalto anche la coscienza del mostro, il suo lato psicologico e umano. Quel che è cambiato di più a mio avviso rispetto ai mostri di tanti anni fa è che ai vecchi tempi Frankenstein, Dracula e L'Uomo Lupo erano personaggi vulnerabili, potevano essere uccisi, con proiettili d'argento o altro. A partire dagli anni '70 invece non si è più riusciti ad ammazzarli, sono nati mostri invincibili come il Jason di Venerdì 13 o il Freddy Krueger di Nightmare, mostri che una volta uccisi continuavano a tornare. Ora la tendenza è cambiata di nuovo sembra, si sta vivendo un po' un ritorno al classico.
Nel suo futuro vede un altro film di genere, magari ancora un horror?
Benicio Del Toro: Vi rispondo con una metafora: il dolce mi piace, ma non mi piace sempre in ogni momento, a volte gradisco anche qualcosa di salato. In questa professione non c'è alcun controllo sul futuro e a me piace pensare di poter cambiare di continuo. Come produttore vi dico che potrei iniziare a lavorare a qualcosa di estremamente diverso ma al momento non ho nulla in cantiere.