Nel diritto privato il cosiddetto "accollo" è un vero e proprio contratto, per la precisione a titolo particolare. Viene stipulato quando l'oggetto è un debito e funziona così: una terza parte decide di accollarsi e quindi divenire responsabile del debito di una prima parte (debitore) nei confronti di una seconda (creditore). Con un po' di immaginazione - ma poi neanche così tanta -, possiamo tranquillamente affermare che il nuovo Avengers: Doomsday annunciato in pompa magna sul palco della Hall H del San Diego Comic Con si sia appena accollato un debito importante nei confronti del grande pubblico, più di ogni altro progetto passato.
Le cocenti delusioni della Fase 4 e della Fase 5 hanno infatti creato un vuoto di aspettative nell'audience, che ora più che mai ha bisogno di essere ripagata dell'attenzione spesa e della fiducia riposta nel progetto MCU. In questo momento, dunque, gli spettatori Marvel sono creditori di qualità e inventiva, mentre i Marvel Studios di Kevin Feige sono debitori di sogni e speranze. L'arrivo di Avengers: Doomsday segna però la vera e propria stipula del contratto di accollo, con il quinto crossover MCU che diventa responsabile diretto di tale dovuto, mostrando i muscoli ancor prima della firma di questo immaginario documento con delle promesse in stile urbi et orbi tramutatesi in obbligazioni praticamente nell'immediato. Ma vediamo bene i perché di questi nuovi e ineludibili vincoli d'intrattenimento.
Same squad, new game
Era ormai scontato che i Marvel Studios avrebbero puntato tutto sul Dottor Destino dopo la rovinosa frana del progetto Kang, ed infatti eccoci a parlarne con ufficialità. La sorpresa non è tanto l'arrivo di Victor von Doom nel MCU come nuovo e fondamentale Main Villain della Saga del Multiverso, quanto il fatto che a interpretare il personaggio sia stato scelto nientemeno che Robert Downey Jr, l'ex-Iron Man - e per ora unico Iron Man - dell'Universo Cinematografico Marvel. Fresco di Premio Oscar per Oppenheimer, Downey Jr non avrebbe mai accettato un ritorno nel franchise nei panni di Tony Stark, un'identità che l'attore ha reso talmente sua da divenirne indistinguibile, interpretandolo praticamente nella vita quotidiana per un decennio e inglobando al suo interno il proprio Io. L'addio della star al personaggio è stata quasi una seconda disintossicazione per Downey Jr, cosa resa persino evidente da alcune sue ultime dichiarazioni in merito alla sedimentazione di una carriera votata per troppo tempo alla Marvel, soprattutto a una singola maschera. In merito, il rischio relativo al ritorno dell'attore è quello di non riuscire più a separare la Tony-identity dalla sua cifra interpretativa, talmente radicata in lui da emergere ancora ovunque, persino sul palco della Hall H quando, rimossa la maschera di Destino per presentarsi sotto le nuove vesti nemiche, apre le braccia come nell'iconica sequenza del primo Iron Man creando un curioso effetto deja-vu.
Della possibilità che il suo Doom sia la variante di uno Stark ne parliamo in un altro articolo dedicato (per altro, recuperatevi Infamous Iron Man se potete), ma in contesto a interessarci è - appunto - il tema del rischio, del coraggio e della volontà di creare qualcosa di esaltante e inaspettato con tutte le problematiche del caso. Superando - fortunatamente o meno - la rubrica woke come vetrina d'inclusione forzata, Feige e gli heads della Marvel sono tornati a contemplare l'importanza dei grandi nomi, del fan service ben realizzato e dell'intrattenimento a tutto tondo di questi prodotti, richiamando a sé registi, interpreti e autori che più di altri hanno funzionato. È così che i Fratelli Russo tornano alla regia di Avengers: Doomsday e di Avengers: Secret Wars, con Michael Waldron scelto come sceneggiatore dopo i successi di Loki e di Doctor Strange nel Multiverso della Follia. Un attore idolatrato, i registi Marvel più adorati di sempre, lo scrittore del momento: un team costruito ad hoc per non sbagliare, perché Doomsday non può non essere che clamoroso, superando il post-Endgame per creare un New Game nelle fila MCU.
Apocalisse al centro di tutto
La scelta di Robert Downey Jr, dei Russo e di Waldron rappresenta le intenzioni di successo del progetto Doomsday. Scelte a dir poco coraggiose proprio a fronte del rischio che si portano dietro, che se da una parte possono rivelare audacia e consapevolezza, dall'altra possono persino essere foriere di troppa sicurezza e ostinazione. Dice il Mercenario Chiacchierone a Logan nel recente Deadpool & Wolverine (leggi la recensione): "Benvenuto nel MCU. Siamo alla canna del gas". Forse sì, considerando la necessità di guardare e tornare al passato per assicurarsi un futuro; ma forse no, nel senso che l'Apocalisse di per sé è un momento di fine che nasconde anche gli embrioni di un nuovo inizio. In effetti, la centralità di Von Doom nei fumetti della saga di Secret Wars è decisamente significativa, soprattutto guardando alla "creazione di un nuovo mondo" attraverso il Battle World e alla sua straordinaria onnipotenza. Wade Wilson dice di essere "il Gesù della Marvel", ma il Destino della Marvel affidato a Robert Downey Jr. (che già così, come gioco di parole, è tutto dire) potrebbe diventarne il Dio, agendo a suo piacimento per riplasmare l'Universo e mettere fine al supplizio multiversale.
Non solo nella finzione ma anche nella realtà tutto converge in Avengers: Doomsday e in Avengers: Secret Wars, che infatti dovranno ripagare per conto di Feige le aspettative del grande pubblico e ripagare quel gigantesco debito cinematografico di fiducia e qualità della continuity e della macro-narrazione inevaso ormai da anni. E da una parte ne hanno bisogno anche i nomi coinvolti: Downey Jr. per dire definitivamente addio ad Iron Man, i Russo per superare gli insuccessi di critica dei loro ultimi film, Waldron per un deciso salto di qualità e Feige per dimostrare di essere ancora il Re Mida dei supereroi.