Ci lascia una delle ultime dive di Hollywood, Elizabeth Taylor, icona del glamour e del divismo, oltre che stella indiscussa di un cinema che ormai non esiste più. La diva americana, da tempo malata, si è spenta in un ospedale di Los Angeles, il Cedars Sinai, nel quale era stata ricoverata alcune settimane fa a causa di problemi cardiaci. La notizia è stata ufficializzata dalla portavoce dell'attrice.
La Taylor era nata a Hampstead, quartiere ricco a nord-est di Londra, nel 1932, da una famiglia americana. Poco prima della guerra i suoi genitori decisero di tornare negli Stati Uniti per evitare le ostilità. Sua madre partì prima con i bambini, arrivando a New York nell'aprile del 1949, mentre suo padre li raggiunse dopo qualche mese. Si stabilirono a Los Angeles, dove furono introdotti ad Andrea Berens, fidanzata dell'allora presidente e maggior azionista della Universal Pictures di Hollywood, Cheever Cowden. Su insistenza di Beren, la madre di Liz presentò sua figlia a Cowden, sicura che la sua bellezza - e in particolare lo sguardo così intenso - lo avrebbe colpito. Anche la Metro-Goldwyn-Mayer si interessò alla giovane attrice, ma non riuscì a chiudere un accordo con lei perché non era in grado di cantare - a detta del produttore John Considine. In ogni caso, nel settembre del '41 la piccola Elizabeth, a soli nove anni, firma un contratto di sei mesi con la Universal Pictures.
Il primo film in cui fa un'apparizione è There's one born every minute, una commedia distribuita solo negli Stati Uniti, che resta il suo unico lavoro con la Universal. Prima della scadenza del contratto Edward Muhl, produttore dello studio, si lamenta con l'agente della Taylor, Myron Selznick - fratello di David O. Selznick - e Cheever Cowden del fatto che la giovane non abbia nessun talento. In più, a sua detta, sua madre era insopportabile. La Universal cancella il suo contratto nel febbraio del '42. Nonostante questo, poco dopo la MGM ci ripensa e la ingaggia per tre mesi per il film Torna a casa, Lassie! (1943) in cui interpreta Priscilla, accanto alla giovane star Roddy McDowall, con il quale resterà amica tutta la vita. Dopo il successo del film, la MGM firma con la Taylor un contratto di sette anni. Il primo lavoro l'ha 'in prestito' alla 20th Century Fox per il personaggio di Helen Burns nell'adattamento cinematografico del romanzo di Charlotte Bronte Jane Eyre (1944). Torna anche brevemente in Inghilterra per un film con McDowall. Ma è all'età di 12 anni che un film, prodotto da MGM, la lancia definitivamente tra le stelle: Gran premio, del '45, diretto da Clarence Brown ed interpretato da Mickey Rooney, Donald Crisp ed Angela Lansbury, vince due Oscar e ottiene un grandissimo successo. La Taylor firma un nuovo contratto a lungo termine, con una paga esorbitante. Per sfruttare la sua fama appena raggiunta, Liz entra nel cast di Il coraggio Lassie, con il quale replica il successo del precedente film, quindi è nuovamente "affittata", questa volta alla Warner Bros, per Vita col padre (1947) e altri film minori, che provarono il suo talento. Nel '49 registra la sua miglior interpretazione adolescenziale nel ritratto di Amy nel classico Piccole donne, dramma di Mervyn LeRoy vincitore di due Academy Awards. Con questo ruolo abbandona la fase giovanile della sua carriera, e inizia a interpretare dei personaggi adulti. In Conspirator, girato in Inghilterra, interpreta, a soli 16 anni, la parte di una ventunenne che si sposa senza saperlo con una spia comunista. La sua performance è premiata dalla critica, anche se il pubblico non sembra dello stesso parere. Bisogna aspettare il 1950 perché la sua nuova sensualità sia sfruttata appieno, nella commedia romantica Il padre della sposa, diretta da Vincente Minnelli e interpretata da Spencer Tracy. Il successo porta a girare un sequel, non altrettanto valido. Nel frattempo prende parte a Un posto al sole, di George Stevens, che, iniziato nel '49, esce due anni dopo, diventando subito un grande successo, tanto da vincere sei Academy Awards, ed essere immediatamente considerato un classico. Nonostante i film di successo, la Taylor non è soddisfatta dei ruoli che le vengono offerti dalla MGM, che la costringe a recitare in film certamente trascurabili. Unico degno di nota è L'ultima volta che vidi Parigi, di Richard Brooks, che viene accolto meglio, rispetto agli altri. Nel '56 le è assegnato un ruolo più importante ne Il gigante, dramma epico di George Stevens con Rock Hudson e James Dean, che è seguito da L'albero della vita (1957), di Edward Dmytryck con Montgomery Clift; La gatta sul tetto che scotta, di Richard Broooks con Paul Newman; e Improvvisamente l'estate scorsa (1959) di Joseph Mankiewicz con Katherine Hepburn e nuovamente Montgomery Clift, tutti ruoli per i quali ha ricevuto una nomination agli Oscar come Miglior attrice. Grazie a questi film nel '60 la Taylor diventa l'attrice più pagata di Hollywood quando firma un nuovo contratto per interpretare il film della 20th Century Fox Cleopatra, uscito nel '63, diretto da Mankiewickz con Richard Burton - che sposerà ben due volte, nel corso di una movimentatissima e appassionata love story che tenne banco su tutti i tabloid dell'epoca - nel ruolo di Marco Antonio, e l'amico Roddy McDowall come Augusto. Nello stesso anno arriva alla prima vittoria agli Academy per la sua interpretazione in Venere in visone (1960), melodramma in technicolor di Daniel Mann su di una modella e squillo che inizia una relazione pericolosa. Il secondo e ultimo Oscar lo vince invece con Chi ha paura di Virginia Woolf? (1966), diretto dall'esordiente Mike Nichols, vincitore di ben altri quattro Academy Awards.Nel '67, dopo parecchi film interpretati a fianco del marito, recita insieme a Marlon Brando - che sostituisce Montgomery Clift, scomparso poco prima - nel drammatico Riflessi in un occhio d'oro, film sull'omosessualità diretto da John Huston, e nel '68 con Mia Farrow in Secret Ceremony, film inglese di Joseph Losey. Lentamente, a fine decennio, la sua fama comincia a erodersi, come dimostra il flop di The only game in town, ultimo lavoro di George Stevens. Durante gli anni '70 la Taylor continua ad apparire in numerosi film, il più importante dei quali è Il giardino della felicità, prima produzione congiunta di Stati Uniti e Russia, penultimo lavoro dell'ormai anziano George Cukor, con Jane Fonda ed Ava Gardner - comunque un insuccesso. Nel '80 recita accanto ad Angela Lansbury e Kim Novak nel thriller Assassinio allo specchio di Guy Hamilton, altro film dallo scarso successo, che rappresenta sostanzialmente la fine della sua carriera. In quel periodo entra anche in cura per la sua dipendenza dall'alcool. Riappare nel '88 nel film di Franco Zeffirelli Il giovane Toscanini, anche questo di scarso successo, e sei anni dopo ne I Flinstones, commedia ispirata al celebre cartoon . Dopo questo film si ritira definitivamente dallo schermo.
Oltre che per le sue interpretazioni, la Taylor ha fatto parlare spesso di sè per i suoi numerosi problemi di salute, che l'hanno afflitta sin dalla giovinezza, ma anche per i suoi numerosi matrimoni - alcuni dei quali particolarmente chiacchierati, come quello con il muratore Larry Fortensky - le sue attività filantropiche (tra cui quella di sostegno alla lotta all'AIDS) e le sue amicizie celebri, tra cui quella con il Re del Pop, Michael Jackson.