David Fincher ha ricordato la reazione estrema del collega Paul Thomas Anderson al controverso film Fight Club. Intervistato da Rolling Stone, il cineasta ha ricordato quanto il suo quarto lungometraggio, uscito nel 1999, avesse generato reazioni contrastanti, al punto da non incassare in sala e rientrare invece nei costi tramite l'uscita del DVD, divenendo un oggetto di culto tra i cinefili. Anderson, intervistato all'epoca dalla stessa rivista, disse di essere uscito dalla sala dopo circa mezz'ora (era andato solo perché proiettavano il trailer del suo film Magnolia) e augurò a Fincher un tumore ai testicoli, alludendo alla storyline dove l'anonimo narratore si finge affetto dal cancro per far parte di un gruppo di sostegno e sconfiggere in modo estremo il tedio quotidiano.
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David Fincher ha affermato di capire la reazione di Paul Thomas Anderson, il cui padre era morto di cancro ai polmoni due anni prima (il che ispirò una delle storie presenti in Magnolia). Questo il commento di Fincher: "Io non pensavo che ci stessimo prendendo gioco del cancro. Quello di cui parlava Chuck [Palahniuk, autore del romanzo che ha ispirato Fight Club, n.d.r] era di come un ambiente terapeutico possa essere oggetto di infiltrazione o abuso. Parlavamo del vampirismo dell'empatia. Il cancro è una brutta bestia. È una cosa fottutamente orribile. Per quanto riguarda la frase di Paul, lo capisco. Se sei emotivamente provato e hai appena attraversato qualcosa di grosso... Dopo la morte di mio padre il mio punto di vista sulla sofferenza e sulla morte è cambiato, questo è sicuro. E a lui il film piacque ancora meno che a Paul."
Il regista è attualmente impegnato con la promozione, in vista della stagione dei premi, del suo nuovo film Mank, disponibile su Netflix e antesignano del nuovo accordo esclusivo che Fincher ha firmato con il noto servizio di streaming.