Questa settimana è arrivto nelle sale cinematografiche dei principali mercati mondiali Wicked diretto da Jon M. Chu e basato sull'omonimo musical di Broadway del 2003 composto da Stephen Schwartz (musiche e testi) con libretto di Winnie Holzman. È del tutto superfluo sottolineare che la Universal punta davvero parecchio su questo titolo strategicamente piazzato nella settimana che, negli Stati Uniti, precede quella mediamente molto ricca del Ringraziamento in modo tale da avere una coda lunga ed evitare lo scontro diretto con i lungometraggi in arrivo a cavallo della festività nordamericana.
Chi segue con una certa assiduità il mondo dell'intrattenimento, potrebbe aver notato una cosa dai vari materiali promozionali proposti fra internet e TV nelle ultime settimane: la totale assenza di segnalazioni circa il fatto che quella che sta per debuttare nei cinema è la prima parte di una storia che verrà completata dal secondo capitolo previsto per il novembre del 2025. Come mai è accaduto qualcosa del genere?
Wicked parte 1 e parte 2, ma diciamolo sottovoce
Hollywood non ha iniziato quest'anno a produrre lungometraggi che raccontano una storia che s'interrompe sul più bello in attesa della seconda parte o del capitolo finale. Senza tirare in ballo i casi eclatanti di Ritorno al futuro o del Il signore degli anelli - La compagnia dell'anello, possiamo limitarci ai casi risalenti a qualche anno fa di Pirati dei Caraibi - La maledizione del forziere fantasma e Ai confini del mondo e di Matrix Reloaded e Matrix revolutions. A dispetto dei titoli più o meno elaborati e arzigogolati erano tecnicamente una unica storia divisa in due parti proposte a distanza di circa un anno l'una dall'altra nel caso di Pirates of the Caribbean e di una manciata di mesi in quello di Matrix (e difatti erano anche stati girati back to back, come si suol dire).
Era un'altra epoca, ma in tutti questi casi il pubblico ha sempre premiato queste operazioni accorrendo in massa alle casse dei cinema con la normale consapevolezza di avere a che fare con una serie di film. La scoperta del "continua col prossimo episodio" sarebbe arrivata solo ed esclusivamente nel buio della sala perché, anche se prodotte in un contesto meno frenetico s "schizoide" di quello odierno, in termini di promozione cinematografica, si trattava di un elemento elegantemente omesso dalla campagna marketing.
Anche il Marvel Cinematic Universe ha fatto tesoro della cosa con Avengers: Infinity War e Avengers: Endgame. Modi eleganti per camuffare un racconto unico suddiviso in due kolossal perfettamente pubblicizzati come eventi cinematografici imperdibili e irripetibili. A giudicare dagli incassi, una strategia che ha ripagato. Ma anche It di Andy Muschietti insegna: solo alla fine della prima parte gli spettatori hanno realizzato che quella appena vista era il 50% della storia nel momento in cui il logotitolo It - Capitolo Uno compariva sullo schermo. Flash forward.
Dune, Fast X e Spider-Man: Across the Spider-Verse sono tre film che hanno seguito lo stesso iter dei film citati qua sopra. Il publico è andato al cinema sapendo già in linea di massima che avrebbe avuto a che fare con una saga che sarebbe proseguita, come nel caso di Dune, o col capitolo 10 e 2 di franchise già avviati, per realizzare solo coi vari cliffhanger finali che quella vista era solo metà della storia e non il capitolo a sé di un franchise. E quindi la domanda è: se questa strategia ha dato prova di funzionare con i titoli citati, perché osare con Wicked dichiarando ai quattro venti che il musical cinematografico richiede di andare al cinema due volte a distanza di un anno l'una dall'altra per essere fruito appieno?
Wicked, di rivoluzione e di magia: ma com'è la versione italiana? (Spoiler: pazzesca)
Il passo falso di Tom Cruise e di Mission: Impossible - Dead Reckoning, Part One
Fra effetti della pandemia, cambiamenti nelle abitudini del pubblico e strascichi degli scioperi di Hollywood, il mercato cinematografico continua ad avere alti e, soprattutto, bassi e il pubblico potenziale va coccolato anche più di prima. E secondo molti addetti ai lavori, costruire una campagna marketing basata sul concetto di Parte 1 e Parte 2 potrebbe essere un potenziale deterrente al successo commerciale di un film.
E quanto successo alla corazzata Tom Cruise è una prova incontrovertibile di questa teoria. Dopo aver portato una necessaria boccata d'ossigeno - e dollari - al box-office mondiale con Top Gun: Maverick, la Paramount era sicura di fare il bis con Mission: Impossible - Dead Reckoning, Part One, il settimo capitolo della popolare saga spy action che, per la prima volta dal 1996 in poi, dava in pasto al pubblico un'avventura non autoconclusiva.
Qualcosa però non ha funzionato perché con 570 milioni di dollari worldwide, Dead Reckoning, Part One ha incassato 220 milioni di dollari meno del precedente episodio, Fallout. E va anche detto che il settimo film, girato durante la pandemia, è costato almeno 100 milioni in più del sesto rendendo il suo box-office anche più "povero" una volta fatti i dovuti rapporti costi/ricavi. Ecco quindi che la major si è ritrovata costretta a rimandare al 2025 Mission: Impossible 8 per colpa degli scioperi di WGA e SAG-AFTRA e, dopo aver esaminato la performance di Dead Reckoning, Part One, ha pensato bene di eliminare brutalmente il "Dead Reckoning, Part Two" dal nome dell'ottavo episodio, divenuto ora The final reckoning, e di variare retroattivamente il titolo del settimo lasciando solo "Dead Reckoning".
Tornando a Wicked e all'assenza d'indicazioni del fatto che avrà una Parte 1 e una Parte 2, Jon M. Chu spiega a The Wrap che "È stato sempre stato detto in modo molto chiaro con più di una dichiarazione che ci saranno due parti" aggiungendo anche che "tutti hanno lavorato durissimamente per far sì che fossero entrambe esperienze soddisfacenti per il pubblico".
Spezziamo una lancia a favore del regista ammettendo che sì, è vero: è stato detto in più di un'occasione che Wicked sarà in due capitoli. Ma siamo onesti: si trattava di esternazioni fatte in dichiarazioni o interviste di cui la fetta più larga di pubblico pagante, quella che diventa consapevole di un film perché ha visto un promo su internet o, più probabile, in televisione non ha la benché minima idea. E quindi, per evitare di comunicare ai quattro venti l'informazione, meglio ometterla quando ci si rivolge alla fetta di persone citata qua sopra. Perché sono quelle che decretano se un blockbuster avrà successo o se farà la fine di Mission: Impossible 7.