Inizieremo da molto lontano. Partiremo da un posto insolito. Un po' come fanno le archeologhe. Sanremo 1999. Sul palco del celebre Teatro Ariston il cantautore milanese Eugenio Finardi dedica la sua canzone ad una misteriosa ragazza di nome Lara. Giunta all'undicesimo posto di quell'edizione sanremese, Amami Lara era dedicata con ardore e trasporto ad una giovane donna pronta "ad andare fino in fondo, persa nel suo labirinto", poi invitata a fermarsi un poco per uscire dal gioco. Nessun mistero, in fondo, quella canzone era dedicata a Lara Croft. Celebre archeologa, apparsa per la prima volta nel 1996 nel videogame Tomb Raider su Sega Saturn, la volitiva signorina Croft nell'arco di pochi anni valica il confine videoludico per irrompere con prepotenza nell'immaginario collettivo. E, a ben pensarci, arrivare in una canzone presentata a Sanremo è forse l'esempio più lampante e clamoroso del fenomeno Lara Croft, capace di diventare popolare come solo le icone sanno fare. Se ci è riuscita, è grazie ad almeno due grandi videogiochi (Tomb Raider e Tomb Raider 2) diventanti simboli della "generazione PlayStation" e ad un lavoro di character design a dir poco prorompente. Perché, al di là del suo carattere indomito e della sua vorace curiosità da avventurosa archeologa, Lara Croft è diventata celebre anche per il suo aspetto. Prosperosa, aggressiva e sfrontata, la bella ereditiera britannica si è fatta amare senza pudore per le sue curve generose e per quel seno prosperoso nato per sbaglio, da una mano scivolata sul mouse che ne ha esasperato la forma. Copertine, canzoni, action figure, gadget, cosplayer, il fenomeno che diventa mania, e ovviamente il cinema che non riesce proprio a fare a mano di lei.
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È il 2001 quando Lara Croft: Tomb Raider arriva sul grande schermo, forte solo di una perfetta incarnazione della sua eroina ma privo di una visione cinematografica degna di nota. Totalmente basato sulla perfetta presenza scenica di una dirompente Angelina Jolie, il dimenticabile film di Simon West cadeva nella tentazione di farsi affascinare solo dall'aspetto della sua protagonista, senza sposare lo stimolante immaginario narrativo della saga Tomb Raider (storia, archeologia, miti, leggende, antichità). Tutto, insomma, appare come un pretesto per esibire la bellezza mozzafiato di una donna mozzafiato, da desiderare prima che da stimare. Dopo un sequel incolore e una fama videoludica zoppicante, nel 2013 arriva la svolta. Una vera e proprio rivoluzione in grado di ricostruire l'immagine dell'icona-Lara.
Il videogioco-reboot Tomb Raider, realizzato dai ragazzi di Crystal Dynamics, è un downgrade a tutto tondo, un lavoro di sottrazione che priva Lara di prosperità e certezze. Lontana dalla bomba sexy sopra le righe degli anni Novanta, la nuova Croft è una ragazza più fragile e gracile, personaggio perennemente in divenire e non formata, una figlia alla ricerca di se stessa, ancora molto lontana dalla donna sicura di sé a cui eravamo stati abituati. La platea maschile mentalmente ancorata alle scuole medie denuncia la mancanza di forme all'altezza del petto, cieca dinanzi ad una revisione accurata di un personaggio improvvisamente molto più credibile. L'eco di questa infantile polemica si propaga nel tempo e arriva sino a oggi, quando Alicia Vikander impugna arco e frecce per diventare la nuova Lara Croft cinematografica. Taglia del reggiseno a parte, quali sono le principali differenze tra l'archeologa di Angelina Jolie e l'avventuriera di Alicia Vikander? E soprattutto: che rapporto hanno avuto queste due declinazioni con i videogame a cui si ispirano? Armatevi di pistole e picconi, inizia un viaggio alla scoperta di un'icona dalle due facce.
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1. Taglie, volti, carte d'identità
Partiamo dagli elementi più ovvi ed evidenti. Partiamo dal volto e dalla carta d'identità dell'archeologa che ha profanato per anni il nostro cuore. La Lara di Angelina Jolie è una donna di trent'anni che ha accettato il suo posto nel mondo. Ricca ereditiera e donna indipendente con tanto di maggiordomo e assistente nerd ai suoi ordini, miss Croft ci viene presentata sin dalle prime sequenze come un'abile combattente dallo spirito indomito e alquanto ribelle. Sfrontata, sexy e ammiccante nei confronti di molti personaggi maschili, Angelina Jolie è la controparte perfetta della Lara Croft conosciuta nei videogame degli Novanta. Labbra carnose, seno prosperoso, sguardo tagliente e un'aggressività caratteriale capace di intimidire nemici, alleati e chiunque si ponga sulla sua strada.
La Lara di Alicia Vikander, al contrario, si adegua molto alla sua controparte videoludica figlia della rivoluzione firmata da Crystal Dynamics. Si tratta prima di tutto di una questione anagrafica: Lara è una ragazza, è una ventenne ancora acerba, del tutto inconsapevole delle sue qualità caratteriali (e atletiche), che scoprirà solo quando le situazioni più estreme e disperate gliele consentiranno. Stesso discorso vale per l'aspetto esteriore. Alicia Vikander, spesso donna fragile all'apparenza e indomita nello spirito (pensiamo ad Ex Machina e a The Danish Girl), ci propone una Lara molto più gracile, dallo sguardo più languido e sensibile. Si tratta di due canoni di bellezza femminile diversi, quasi antitetici, che danno vita a due tipi di donne: quella di Jolie è consapevole del suo posto nel mondo e del suo impatto sugli altri; quella di Vikander no. La Croft vikanderiana è un fascio di nervi e di muscoli ancora tutto da sbrogliare, un enigma ancora tutto da decifrare.
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2. Da guerriera a sopravvissuta
Superata la questione estetica, andiamo al sodo. Passiamo ai fatti. Via di mezzo tra Indiana Jones, Bruce Wayne e James Bond, Lara Croft ha avuto il grande merito di traslare al femminile dei modelli eroici ad appannaggio esclusivamente maschile. Perché, in fondo, prima di essere un'affascinante archeologa, l'avvenente Lara è soprattutto una donna d'azione, coraggiosa, abile in battaglia e sagace dinanzi ad enigmi da risolvere grazie alla sua materia grigia. A proposito di azione, i due adattamenti cinematografici sono stati molto fedeli nel trasporre sul grande schermo due stili di combattimento che si rifanno alle loro controparti videoludiche. Sin dalla prima sequenza Lara Croft: Tomb Raider ci presenta una vera e propria macchina da guerra. Capriole, peripezie e uno stile di combattimento sfrontato, pieno di una carica erotica neanche troppo celata (ricordiamo la battuta "mi hai stimolata" e i vari occhiolini ammiccanti). Il tutto impugnando le due fidate pistole, senza mai faticare più di tanto nemmeno dinanzi a enormi mostri di pietra. Dopo infinite sparatorie, assalti notturni e volteggi spericolati, la Croft di Angelina Jolie rimedia soltanto un graffio sul braccio.
La nuova Lara di Alicia Vikander, invece, sposa in pieno gli sforzi e i tormenti di quella videoludica (ri)nata nel 2013, e l'arma a lei destinata riassume alla perfezione tutto questo. Niente armi da fuoco (che diventano secondarie) per dare la precedenza ad arco e frecce, armamentario perfetto per una ragazza che da guerriera diventa una vera e proprio sopravvissuta che deve arrangiarsi con quello che trova e faticare per "tendere" alla perfezione. Questa nuova Croft è (letteralmente) alle prime armi, così la ritroviamo traumatizzata e scossa dopo aver ucciso per la prima volta qualcuno, capace di incassare (il film si apre subito con un bel pugno in faccia) e di soffrire. Ecco che Lara trova il coraggio di avere paura, mostrando quella forza credibile che nasce proprio dall'accettazione delle proprie fragilità. Lei soffre, sanguina, ansima, si dimena e si affatica per diventare solo nel finale la donna sfrontata con le due pistole.
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3. La storia: tra pixel e pellicola
Lara Croft è un personaggio talmente ingombrante da mettere in ombra le storie a cui prende parte, le avventure che la vedono coinvolta. Proviamo per un attimo a mettere da parte l'icona e dedichiamoci al contesto narrativo. Dunque, che rapporto c'è stato tra le sceneggiature cinematografiche e quelle videoludiche? Quale delle due trasposizioni è stato più o meno fedele alla fonte? Lara Croft - Tomb Raider è basato su una sceneggiatura originale, con personaggi ed eventi del tutto nuovi e inediti (qualche sforzo creativo in più nella sceneggiatura sarebbe stato molto gradito . Però, il film di West è comunque pieno di ammiccamenti e di riferimenti che strizzano l'occhio ai fan del videogame. Prima di tutto abbiamo almeno due location (mai esplorate con cura, va detto) molto familiari ai videogiocatori: la Cambogia vista in Tomb Raider: The Last Revelation (1999) e poi Venezia, tanto apprezzata ed esplorata canale per canale nel mitico Tomb Raider II (1997).
L'altro evidente rimando videoludico riguarda le varie sequenze ambientate all'interno di Croft Manor, la maestosa villa della nostra archeologa. Se anche voi avete passato pomeriggi interi a rinchiudere il povero maggiordomo all'interno della cella frigorifera in cucina, avrete certamente apprezzato tornare in un luogo adibito all'addestramento e al mobbing. Discorso diverso per quanto riguarda Tomb Raider, davvero molto più vicino al videogame del 2013. Al di là di due divergenze importanti (l'aggiunta di un prologo ambientato a Londra e la fondamentale presenza di Richard Croft), il film di Roar Uthaug riprende alcune sequenze in maniera molto fedele (il naufragio della nave, le scene sull'aereo diroccato). Ritornano, come accennato, anche l'arco, le frecce e l'immancabile piccone (tra i gadget-simbolo del nuovo corso), mentre la leggenda della Regina del Sole Himiko viene leggermente rivista in chiave più verosimile.
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4. Nel nome del padre
Eccoci nel cuore emotivo di Lara. Ragazza coraggiosa o donna indomita, in ogni caso parliamo di una persona in stretta quanto inevitabile relazione con un padre lontano, perduto, mai dimenticato. Richard Croft aleggia come un'ombra in entrambe le pellicole, appare e scompare per ispirare coraggio, dare consigli o rievocare struggenti nostalgie. Eppure, il rapporto con la figura paterna, per quanto centrale, cambia radicalmente tra i due film. E lo fa in modo "paradossale". Ecco perché. Per quanto si presenti come donna forte e indipendente, sfrontata e aggressiva, la Lara Croft di Angelina Jolie raccoglie l'eredità paterna con devota obbedienza. Suo padre le chiede di dare continuità al suo operato e di seguire le sue orme.
Monito che Lara segue senza batter ciglio, mossa da un amore vincolante. Al contrario, nonostante l'apparenza più debole, la Lara di Alicia Vikander disobbedisce all'amato padre perduto. In Tomb Raider, Richard Croft invita Lara a non seguire le sue orme, e a bruciare tutte le sue ricerche per tenerla lontana da ogni pericolo. La disobbedienza di sua figlia è il primo passo verso l'accettazione del suo carattere e del suo destino. Se Angelina Jolie seguiva l'esempio paterno con cieca adorazione, Alicia Vikander scopre la sua vocazione grazie alle sue scelte. È forse qui la chiave di una donna rappresentata in modo diametralmente opposto, che passa da oggetto del desiderio a soggetto che desidera.