Con The Substance la regista e sceneggiatrice francese Coralie Fargeat ha permesso a Demi Moore di rispondere, dal palco dei Gloden Globe, a quel produttore che 30 anni fa le aveva detto di essere solo "un'attrice da popcorn" e ha anche riportato al centro dei riflettori un sottogenere ben specifico del cinema horror.
Quello dei body horror reso celebre da un'opera imperscrutabile e amata come Eraserhead del recentemente scomparso David Lynch e così tante volte frequentato dal canadese David Cronenberg. Un lungometraggio, The Substance, il cui successo da quasi 80 milioni di dollari d'incasso a fronte di un budget di circa 17, è sicuramente segnale del suo essere riuscito a intercettare una qualche inquietudine più o meno manifesta del momento che stiamo vivendo.

Cosa non scontata: piaccia o meno, quello di Coralie Fargeat è un lungometraggio fatto anche di eccessi visivi che potrebbero risultare indigesti a molte persone. E ancora più paradossale alla luce di quanto espresso è il suo essere diventato uno dei protagonisti della stagione dei premi.
Un percorso culminato nelle cinque nomination ricevute. Quattro delle quali facenti parte delle Big Five, in cui è risultato sconfitto anche lì dove, quella per la Miglior attrice a Demi Moore, la vittoria pareva sicura.
Ma è anche uno di quei casi in cui le persone possono divertirsi a cercare rimandi ad altri lungometraggi, ispirazioni e suggestioni da altre pellicole.
Ebbene, è stata proprio la diretta interessata, Coralie Fargeat, a spiegare nel podcast di IndieWire perché The Substance sia debitore dei due David citati poco fa, ma anche di altri filmmaker come John Carpenter, i fratelli Coen, Stanley Kubrick e Darren Aronofsky.
Sei autori di pellicole che sono riusciti a dare forma ad opere durature grazie a fantasmagorie capaci d'infrangere i confini della realtà, per parafrasare le parole della regista.
La mosca di David Cronenberg
E visto che in The Substance il concetto di "trasformazione in altro da sé" per così dire e quello di corpo in disfacimento sono centrali, Coralie Fargeat tira inevitabilmente in ballo una delle regie anni ottanta più celebri fra quelle di David Cronenberg.

La mosca. Un'influenza, quella del film con Jeff Goldblum, che non deriva solo dall'aspetto più ovvio e scontato, quello del body horror appunto, ma anche dal suo proporre la storia di una persona che vuole uscire, che vuole superare i confini stessi e le limitazioni dell'essere umano. Poi, è chiaro, c'è anche la rappresentazione di un decadimento fisico, quello di Seth Brundle (Jeff Goldblum) in La Mosca, che in The Substance torna alla memoria con tutto quello che Elizabeth (Demi Moore) si ritrova a patire per originare e convivere col suo clone più giovane.
Da una parte la motivazione è la gelosia, dall'altra il desiderio di voler restare giovani, ma i risultati non cambiano. La regista, parlando di La mosca, spiega che "esplora l'interiorità, le cose che non dovremmo mostrare o rivelare... Parla molto di sessualità, dell'ano, di tutto ciò che è considerato sporco o tabù. E penso che sia questo che rende il rapporto con gli effetti speciali prostetici così interessante, perché è quasi un modo per esprimere concretamente, incarnare i fantasmi, i sogni oscuri o il rapporto tormentato che abbiamo con il nostro interno, con i nostri orifizi, con le parti del nostro corpo".
E proprio sul lavoro con gli effetti speciali prostetici, che in The Substance diviene allegorico, aggiunge: "Per questo volevo protesi che non fossero sempre realistiche, perché così diventano simboli. Diventano qualcosa che ti divora, che ti deforma, che ti porta in questa metamorfosi. È quasi come se la rabbia fosse impressa nella carne. Il corpo che si disfa, il peggior timore che possiamo avere - i denti, l'orecchio, le unghie - sono un grande omaggio a La Mosca, senza dubbio".
2001: odissea nello spazio di Stanley Kubrick
Si tratta di un capolavoro che, per sua stessa ammissione, Coralie Fargeat ha scoperto tardi, intorno ai 23, 24 anni, ma con cui la regista è entrata subito in sintonia.
Specie per via della grammatica visiva impiegata da Stanley Kubrick.
Attribuisce proprio al leggendario regista Kubrick il merito di averla ispirata a realizzare film di genere con pochissimi dialoghi. Inoltre, anche prima di vedere 2001: Odissea nello spazio, quando era una giovane regista era naturalmente portata a centrare i soggetti nell'inquadratura.
Dopo aver visto Kubrick farlo, è diventata ancor più ferma nella decisione.

Ma c'è un passaggio specifico di 2001: odissea nello spazio che è stato di grandissima importanza per The Substance nelle fasi in cui stava cercando di capire come la sostanza che dà il titolo al film avrebbe consentito ad Elizabeth di "trasferire" sé stessa in un nuovo essere, Sue (Margaret Qualley).
Quella del tunnel spaziotemporale in cui Kubrick ha fatto "viaggiare" il pubblico con un uso intelligentissimo di effetti di luce.
Racconta che circa il "viaggio" del suo film era qualcosa che si sarebbe potuto tranquillamente fare con la CG oggi, ma che preferiva comunque girarlo in maniera più pratica e artigianale, nonostante la sfida che avrebbe comportato.
Barton Fink dei fratelli Coen
La storia del drammaturgo/sceneggiatore di John Turturro narrata nella pellicola del 1991 dei Coen ha avuto delle influenze espressioniste su Coralie Fargeat.
Specie su come il mondo interiore del personaggio viene raccontato anche attraverso le location. Con uno spazio che diventa sempre più tetro.
Così come la stanza di hotel di Barton Fink - È successo a Hollywood era una diretta emanazione del suo sé, così avviene, in The Substance, con l'appartamento di Elizabeth e i suoi relativi mutamenti.
Ma di fondamentale importanza è anche la peculiare maniera con cui Barton Fink racconta Hollywood facendone un'accesa satira con il personaggio del produttore cinematografico Jack Lipnick (Michael Lerner).
Una cosa che si è chiaramente riflessa sul produttore di Elizabeth, Harvey (Dennis Quaid).
Un tizio, Lipnick, convinto di essere il re del proprio mondo, proprio come Harvey. Aggiunge a proposito la regista che "È questo genere di potere eccessivo che ti fa credere di avere il diritto di dominare il mondo e schiacciare le persone che ti stanno intorno. Il modo in cui i tuoi personaggi possono lottare, e il rapporto tra il debole e il potente".
Mulholland Drive di David Lynch
Il percorso trionfale di The Substance è partito da Cannes che è la manifestazione durante la quale all'epoca Coralie Fargeat ebbe modo di partecipare alla prima di Mulholland Drive all'epoca. Anche in questo caso si tratta di un film che si è impresso a fuoco nella sua mente guidando la costruzione della Hollywood di The Substance, più basata su un'idea di quel posto che sul posto autentico in sé e per sé.

Per Fargeat "fare un film su Los Angeles senza avere in mente Mulholland Drive è quasi impossibile" perché l'opera di Lynch l'ha fatta entrare "in un mondo in cui non tutto è spiegato, ma dove puoi proiettare molti dei tuoi pensieri e del tuo mondo interiore. Non è Los Angeles, ma è la Los Angeles di David Lynch che rimane con te. È un luogo che non è realtà. È la Los Angeles del nostro inconscio e che trasmette tutti gli elementi oscuri che nessuno può spiegare completamente".
Requiem for a Dream di Darren Aronofsky
Requiem for a Dream e The Substance.
Due film accomunati dal racconto cinematografico dell'ossessione.
Nel lungometraggio di Aronofsky, Sara Goldfarb (Ellen Burstyn) sogna di apparire nel suo quiz televisivo preferito, desiderio che spinge la vedova TV dipendente di Brighton Beach a iniziare una drastica dieta.
Il parallelo con la Elizabeth di Demi Moore è evidente nell'abuso di "sostanze" che viene fatto da Sara per il suo sogno catodico che sfocia nel delirio.

Per Coralie Fargeat "Era un film così viscerale nel raccontare la relazione che una donna può avere con il suo corpo, con il cibo, con l'ossessione, l'attenzione per il proprio aspetto, il desiderio di trasformarsi, espresso in modo molto espressionista e simbolico, come il frigorifero".
E, se avete visto il cult del regista di The Wrestler, sapete bene che combina poi quel frigo.
La cosa di John Carpenter
Arrivati a questo punto della lettura del resoconto diamo chiaramente per scontato che The Substance lo abbiate già visto.
Di conseguenza, appena letto il titolo di La cosa di John Carpenter probabilmente avrete pensato "Aaaah sì, certo!".
Il mostro finale della pellicola di Coralie Fargeat è figlio di quel periodo in cui, poco più che ventenne, dedicava ogni domenica mattina alla scoperta di un classico del genere horror.
Inevitabile che restasse colpita anche dal cult di Carpenter visto che poi, come nel caso di La mosca, c'è un largo impiego di effetti prostetici.

Lei ama "Il rapporto con la metamorfosi e il modo in cui gli effetti pratici giocano con tutte le tue fobie: cose che escono da te, cose che ti mangiano, cose che ti deformano, cose che crescono da dentro di te". Per Coralie Fargeat non è stato fondamentale solo vedere La cosa, ma anche rivederlo anni dopo, in una versione restaurata. Per lei, La cosa, come altri horror anni '80 che ama, non è invecchiato di una virgola perché "quando guardi degli effetti digitali creati negli anni '80 o '90, o anche in film più recenti su DVD, mi sembra che non invecchino altrettanto bene,anche se la considerazione varia, ovviamente, da film a film". Ragion per cui, per far sì che The Substance resistesse al passare degli anni, fare affidamento su effetti speciali prostetici era di fondamentale importanza.