Continua il viaggio di Joel (Pedro Pascal) ed Ellie (Bella Ramsey) nell'America post-apocalittica di The Last of Us. La premiere della scorsa settimana ci aveva lasciati estremamente stupiti, tanto della fedeltà della serie HBO - in Italia su Sky e Now TV - al materiale originale, quanto delle aggiunte creative per nulla accessorie e, anzi, pensate per approfondire in modo più sostanzioso background e atmosfere del titolo. A dimostrazione delle ottime sensazioni iniziali, il secondo episodio di The Last of Us prosegue lungo questo percorso concettuale estremamente soddisfacente, costruendo la puntata su di un breve e teso prologo introduttivo per poi addentrarsi nuovamente nell'avventura dei nostri protagonisti, ormai fuori dalla zona di quarantena di Boston, lontani per il momento dalla FEDRA e con l'importante missione di consegnare Ellie alla Luci, essendo a quanto pare l'adolescente immune all'infezione da Cordyceps.
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Un deserto metropolitano
Uno dei valori produttivi della serie che più di altri lasciano il segno in questo secondo episodio della serie (di cui vi abbiamo parlato anche nella nostra recensione di The Last of Us) è sicuramente il senso di progressione. Non era ovviamente ravvisabile in una prima fase di incipit, ma già qui si fa forte l'idea di un netto e costante avanzamento, sia visivamente che sul piano narrativo. I cadaveri sventrati dei grattacieli sullo sfondo nel finale della premiere svettano qui direttamente sopra le teste di Joel, Ellie e Tess (Anna Torv), a testimoniare una costruzione scenica precisa e stimolante, dove non ci sono mai elementi accidentali ma sempre e solo parti essenziali al racconto. A parte l'esorbitante bellezza scenica del momento, che arriva dopo un confronto in interni tra ragazzina e adulti - dove questi ultimi tentano di scoprire di più sulla sua immunità - quell'esatta posizione segna un primo traguardo da cui ripartire, con la QZ ormai alle spalle e nel vivo di una missione di consegna e sopravvivenza.
La desolazione metropolitana che li circonda è l'immagine riflessa del videogioco, con la natura che si è fatta strada nel cemento radicandosi a fondo in quelle che un tempo erano affollate e rumorose città. Joel, Ellie e Tess attraversano una silenziosa e tetra Boston cercando la via migliore per giungere alla Massachusetts State House (l'iconica struttura con il cupolone dorato). A controbilanciare l'invenzione pre-apocalittica dell'apertura su Giacarta, luogo della prima diffusione del Cordyceps, nella prima parte dell'episodio comincia a crearsi dialogo tra Ellie e Joel: i due rivelano qualche curiosità sul loro passato, soprattutto sulla difficoltà o meno di uccidere persone infette e ormai insalvabili, aprendo in parte alla questione morale. Quando un grosso gruppo di infetti blocca la via principale, poi, il gruppo decide di passare per il museo, luogo mai esplorato e rischioso.
È qui che i tre devono vedersela con due clicker, lavorando di strategia e sfruttando soprattutto la cecità delle creature (esattamente come nel videogioco), senza stuzzicare troppo il loro udito, accovacciandosi e distraendoli. Una sequenza che conferma in effetti la riverenza che la serie vuole - e forse deve - avere nei confronti dell'opera originale, persino nei movimenti dei protagonisti, addirittura nella ri-proposta esatta degli stessi tagli tra cut scene e gameplay del titolo (quando entrano nella libreria allagata e paludosa; il passaggio sui tetti; quando Joel scenda la scala). Il lavoro di trasposizione filologica del prodotto è di qualità accertata. Allo stesso modo osserviamo il forte impatto emozionale del racconto, anche questo in crescendo con picchi d'epica sensibilità sul finale d'episodio, quando Joel accetta direttamente da Tess la responsabilità di proteggere Ellie, tra i primi e più importanti fattori formanti del legame padre-figlia che si andrà lentamente a instaurare tra i due.
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No spore, same party
A scrivere e dirigere questo sontuoso, equilibrato e avvincente episodio troviamo nientemeno che Neil Druckmann, autore del videogioco. Oltre che essere co-creatore (e produttore esecutivo) dell'adattamento seriale insieme a Craig Mazin, Druckmann ha deciso di prendere in mano le redini di una puntata, di fatto firmando il suo debutto dietro la macchina da presa. I risultati sono strabilianti, tanto per una mera questione di costruzione dell'immagine - scelta dei punti ripresa, dettagli, bilanciamento primi piani e campi lunghi - quanto per una sensazionale capacità di infiltrarsi a fondo sia nei sentimenti e nell'intimo dei protagonisti, sia nella paura e nei toni ansiogeni delle scene di pura sopravvivenza. Ovvio che qui più che negli altri episodi ci siano un susseguirsi di sequenze identiche se non migliori di quelle già vissute pad alla mano, ed è soprattutto nell'incontro con i clicker che Druckmann ha dimostrato senza mezzi termini il suo grandioso talento per il genere, confezionando uno dei momenti più agghiaccianti e sostenuti di questo inizio 2023.
Anche se mancano le spore e i percorsi sotterranei sono apparentemente "più sicuri" rispetto all'opera Naughty Dog, la scelta di escluderle (a quanto pare solo per il momento) non mina in alcun modo la riuscita concettuale e più orrorifica del progetto. Interessante, in questo senso, la spiegazione della connessione unitaria degli infetti, con le radici del Cordyceps ormai ben piantate nel sottosuolo e con i suoi gangli pronti a dare l'impulso di caccia e propagazione a Clicker e altre simili creature di futuristico orrore pandemico. Per altro gli interpreti di questi "esseri" hanno recitato fisicamente in modo molto più pratico di quanto possiate pensare, ricoperti di trucco e tute adeguate allo scopo e assolutamente terrificanti e repulsivi una volta applicata loro la meravigliosa magia cinematografica.
Come se tutto ciò non bastasse, a dare ancora più carattere al prodotto ci pensa una levigata e parsimoniosa scrittura dei dialoghi, certamente valorizzati da interpretazioni sempre più all'altezza dei protagonisti, su cui spicca su tutti una sempre più convincente e dotata Bella Ramsey. E vi diamo un'anticipazione: per quanto farà probabilmente discutere, il terzo episodio di The Last of Us sarà tra i migliori della stagione. Ma di questo parleremo a tempo debito.
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Conclusioni
Tirando le somme della recensione, questo secondo episodio di The Last of Us conferma tutte le ottime impressioni della premiere di stagione, superando anzi la stessa in potenza visiva ed emozionale. La regia di Neil Druckmann si rivela straordinaria e valorizza interpretazioni dei protagonisti, estetica e tensione, creando un incredibile bilanciamento tra intimità e orrore. La spasmodica vicinanza al materiale videoludico è poi qui reverenziale, con cut praticamente identici. In conclusione una puntata superlativa.
Perché ci piace
- L'apertura a Giacarta.
- La regia di Neil Druckmann.
- Il profondo senso di progressione del viaggio, sia interno che esterno.
- Bella Ramsey dà ancora più conferma della sua bontà interpretativa.
- La sequenza con i Clicker è praticamente da manuale.
Cosa non va
- L'assenza delle spore interessa davvero a qualcuno?