Era il 1984 quando i botteghini di tutto il mondo furono messi letteralmente sottosopra da Terminator, secondo lungometraggio creato da un regista che aveva esordito due anni prima con il secondo episodio della serie Piranha. Ciò che James Cameron propose al pubblico, a fronte di un budget in realtà abbastanza modesto, fu una visione inedita e terrificante del mondo all'alba del XXI secolo, un futuro post-apocalittico oscuro e tetro come fino ad allora non si era mai visto. Il regista canadese mostrò come la civiltà umana fosse stata spazzata via dai cyborg, quelle macchine, quell'intelligenza artificiale, che aveva creato per proteggersi, per aumentare il proprio arsenale. Ed inviato indietro nel tempo, per uccidere sul nascere (letteralmente) il leader della futura resistenza della razza umana, fu mandato lui: il Terminator.
Un futuro cupo e metallico
Nel primo Terminator, quello del 1984, Skynet, rete di difesa di intelligenza artificiale che ha raggiunto l'autocoscienza e causato un olocausto nucleare, manda indietro nel tempo un cyborg corazzato dalle sembianze umane, con l'incarico di uccidere Sarah Connor (Linda Hamilton), la futura madre di John Connor, leader della resistenza. A contrastarlo, sempre con un viaggio spazio-temporale, un semplice soldato chiamato Kyle Reese (Michael Biehn), costretto a misurarsi con quest'essere dalla potenza devastante, un endoscheletro corazzato dalla lega sconosciuta, capace di sollevare tra le 10 e le 20 tonnellate.
Completo di innesti di pelle e sistema ghiandolare, il Terminator - T-800 per essere più precisi, questa la sua nomenclatura - è fatto per confondersi tra gli uomini e massacrarli di sorpresa nel futuro apocalittico in cui la razza degli uomini si nasconde dalle macchine. Ma negli anni '80, questa macchina votata all'eliminazione selettiva, si aggira in un'umanità totalmente ignara e sostanzialmente indifesa, alla ricerca ossessiva del suo bersaglio. Non prova pietà, non prova rimorso, non mangia, non beve, non deve dormire, e fino a quando non avrà eliminato il suo bersaglio non avrà pace. Tale assioma, tale equazione, sarà poi applicabile a tutti i vari Terminators che da quel momento in poi popoleranno la saga, e che cercheranno in tutti i modi di eliminare sul nascere la resistenza umana. Ma invece completamente diverso è sempre stato ciò che i vari Terminators simboleggiavano, mostravano, del complesso rapporto tra l'uomo e la tecnologia, le paure, i possibili pericoli insiti nell'andare troppo oltre, nonché una visione della società futura dominata dalle macchine, in cui l'uomo si è creato con le proprie mani la propria nemesi finale.
Il killer instancabile
Un lampo di luce, fulmini, scariche elettromagnetiche, un vento improvviso e impetuoso, un globo di luce che si espande e pare esplodere... poi tutto cessa e appare una figura imponente, un uomo colossale e dallo sguardo gelido, completamente nudo, che comincia a guardarsi attorno lentamente e a muoversi come guidato da una voce lontana. Pochi casting furono più azzeccati di Arnold Schwarzenegger per il ruolo del T-800 che nel primo film della saga, cercava con ogni mezzo di uccidere Sarah Connor. E pensare che il suo ruolo doveva essere quello dell'eroe, inoltre James Cameron non era molto convinto che Arnold potesse tornargli utile, lo vedeva come assolutamente estraneo a ciò che aveva in mente. Cambiò idea dopo il primo incontro. Ma perché ancora oggi questo personaggio è così terrificante? Così unico ne suo genere? Perché soprattutto all'epoca riscosse così tanto successo e divenne in poco tempo uno dei "cattivi" più amati e cool di sempre?
Gli anni '80, le guerre e l'incubo del nucleare
La risposta è nascosta in quell'inizio di anni '80, quando il mondo era sconquassato dal ritorno allo scontro totale della guerra fredda, al confronto tra le due Superpotenze. Erano gli anni della guerra in Afghanistan, dei boicottaggi reciproci alle Olimpiadi di Mosca e Los Angeles, di un clima da "guerra contro il male" che coinvolgeva l'America yuppie e patriottica, un Paese macho e vincente, contro i nemici della libertà e del progresso. Almeno così sembrava al cinema. L'incubo nucleare attanagliava i cuori degli uomini, il cinema rifletteva questa paura, mostrando con Alba Rossa proprio in quel 1984, un'invasione del suolo americano da parte dei suoi nemici. La corsa agli armamenti (nucleari soprattutto) continuava senza sosta, lasciando attoniti dall'orrore il resto del globo, preso in mezzo a questo confronto imprevedibile. L'anno prima di Terminator, uscì il celebre Wargames - giochi di guerra che per la prima volta, puntò l'indice contro l'utilizzo sempre maggiore dell'intelligenza artificiale in ambito militare. L'uomo ormai cominciava a pensare a delegare tutto e tutti a queste macchine, a questi supercomputer, ed il futuro sembrava sempre più oscuro, tecnologico e senz'anima.
Terminator, in tutto questo, si inserì in modo perfetto, nel mostrarci come l'intelligenza artificiale era un qualcosa di inesplorato e potenzialmente imprevedibile. Davvero ci si poteva fidare di queste macchine? Fin dai tempi dei romanzi di Asimov e dell'allora recentemente scomparso Philip K. Dick, in molti avevano trattato la materia del rapporto tra essere robotici, coscienze artificiali e l'uomo. Ora quel rapporto appariva sempre più destinato a stringersi, come un cappio, attorno al collo di un'umanità in balia di sé stessa, di questo supercomputer che già Kubrick nell'immortale 2001: Odissea nello spazio, ci aveva mostrato essere potenzialmente dei nemici terribili. Lo erano perché deputati al controllo dei nostri armamenti più potenti, quasi che l'uomo non potesse più essere degno di fiducia, quasi che la responsabilità di premere quel bottone che mandava in volo la morte nucleare, non fosse alla portata di nessuno. Troppo tremenda come responsabilità, per un cuore umano. Ma non per un cuore di metallo... non per questi Terminators.
Arnold Schwarzenegger fu perfetto nel mostrarci una nemesi terrificante, gelida, inesorabile, una forza della natura (un paradosso se si vuole) che molto doveva a Moby Dick, al Pistolero di Yul Brynner in Il mondo dei robot per l'espressività e inesorabilità, e anche alla creatura di Frankestein, nel suo rappresentare la coesistenza tra carne in putrefazione e vita innaturale.
Di certo Terminator del 1984, fu uno delle migliori rappresentazioni cinematografiche di sempre del tema inerente La Ribellione della Macchina, che fin da Rossum's Universal Robot di Karel Čapek, era stato uno dei temi più affascinanti della fantascienza cinematografica.
In fin dei conti, erano anche gli anni in cui le macchine già avevano "tradito" l'umanità, con la crisi di moltissime industrie automobilistiche negli States e altrove, che sovente avevano trasformato intere città in enormi inferni di cemento, non poi dissimili da quelli post-apocalittici mostrati da Cameron.
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La Super-guerra tecnologica
Passano sette anni da quel 1984, crolla il Muro di Berlino, il modello occidentale consumista e tecnocratico trionfa sul comunismo e gli Stati Uniti, sotto George Bush Sr. si godono il loro trionfo. Un trionfo che non arresta la corsa agli armamenti, anzi, di lì a poco tempo, nel deserto iracheno si svolgerà una delle guerre più assurde di tutti i tempi, delle più importanti. Saddam Hussein invade il Kuwait, solo per ritrovarsi addosso (a causa del greggio presente nell'area) una coalizione mastodontica guidata dagli Stati Uniti che "sperimentano" (letteralmente) sul suo enorme ma tecnologicamente arretrato esercito, ogni innovazione bellica. Missili guidati da GPS, aerei invisibili, bombe sperimentali, forze speciali, carri armati di ultima generazione, elicotteri d'assalto di ultima generazione. La Guerra del Golfo passerà alla storia per il famoso "Fattore Zero", quello tra le perdite dell'esercito attaccante (ufficialmente 192) e quello dell'esercito iracheno, in decine e decine di migliaia di uomini. E si trattò di una vittoria da parte di una coalizione che azzerò con la tecnologia, la superiorità in termini di esperienza dei veterani iracheni, molti dei quali reduci del terribile conflitto con l'Iran. E Terminator 2 - il giorno del giudizio , forse il più grande sequel della storia del cinema, ci mostrò, in contrasto con la retorica della "guerra intelligente" e "selettiva" (creazione mediatica pura e semplice lontana dalla realtà) i pericoli che si celavano dietro la fiducia incondizionata nella tecnologia bellica. La guerra era diventata "verticale" dominavano aerei e missili balistici, l'uomo non contava più nulla e lo aveva deciso lui, così come aveva deciso che Skynet fosse il nuovo cane da guardia dell'arsenale nucleare, fosse un sistema a prova di bomba.
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Sarah Connor invece sa cosa succederà, lo ha spiegato al giovane figlio e futuro leader della Resistenza, John (Edward Furlong): Skynet darà via al "Giorno del Giudizio", all'Olocausto Nucleare, con cui azzera la civiltà umana. Forse il punto più alto raggiunto dalle macchine, che inviano, indietro nel tempo, un Terminator con il compito di uccidere un John Connor adolescente scapestrato e separato dalla madre, rinchiusa in un clinica psichiatrica. E questo Terminator, questo T-1000, ha il volto felino e glaciale di Robert Patrick, meno massiccio del T-800 di Schwarzenegger (mandato ora dalla Resistenza indietro nel tempo per fermarlo) ma più inquietante, più raggelante, più avanzato. Si tratta di un androide assassino mutaforma, formato da una lega mimetica di metallo liquido, che può assumere la forma di oggetti, persone, si tratta in realtà di un nono-morfo, un prodotto della nano-tecnologia. Può assorbire praticamente ogni tipo di colpo, può modificarsi (entro certi limiti) tanto da essere irriconoscibile da un normale essere umano e dimostra astuzia, intelligenza, perfino una sorta di personalità sadica. La macchina, la tecnologia, diventa simile all'uomo, anche perché il "vecchio" Terminator si evolve, elabora una personalità più marcata, diventa una figura quasi paterna per John.
Il confronto tra i due in un certo senso è il confronto tra la vecchia tecnologia e la vecchia fantascienza, il vecchio mondo dei robot e quello nuovo, avveniristico, della tecnologia che si adatta continuamente, che si aggiorna. Il T-1000 si muove con più eleganza, è furtivo, ma sa essere sostanzialmente inarrestabile, va oltre la mera imitazione vocale del suo predecessore, crea di fronte ai nostri occhi la metafora della tecnologia che si sostituisce all'uomo, che lo mette da parte. Siamo macchine superate, siamo deboli, fragili, siamo intenti a creare nei laboratori la nostra stessa nemesi, confondiamo l'avanzamento tecnologico con il progresso. Il T-1000 è sostanzialmente venuto dal futuro per ricordarci quanto siamo nemici di noi stessi, quanto ci dimentichiamo che l'uomo, bene o male, è sempre quel qualcosa di imprevedibile, di fondamentale. E non è un caso che il T-800, alla fin fine, trionfi sul T-1000 quando è più simile all'uomo, quando si sente legato ai Connor da qualcosa di più di una semplice missione impressa nel suo sistema operativo.
Il T-1000 è quindi il prodotto di qualcosa che arriva da lontano, arriva (secondo il film) dalle ricerche Miles Bennett Dyson (Joe Morton), Direttore delle Ricerche al Cyberdine, che porterà a creare Skynet, e risponde ad una visione del futuro in cui l'uomo è sempre meno importante, sempre meno responsabilizzato quando si tratta di fare il "gioco sporco". Ma rivive in lui e nella sua inconsapevole opera di distruzione, anche l'eredità di quegli scienziati che studiando l'atomo e la sua natura, aprirono il vaso di pandora di un possibile conflitto nucleare, un Giorno del Giudizio appunto. Perché la strada per l'inferno è lastricata di buone intenzioni.
Questo Terminator 2.0 si muove come un silenzioso, elegante e veloce killer, omaggi Il giorno dello sciacallo ed il sicario interpretato dal grande Edward Fox, a cui lo accomuna l'abilità nel dissimulare, confondersi, la meticolosità e pure un certo gelido narcisismo di maniera, una sorta di autocompiacimento che emerge sovente nelle battute, in come "sfotte" le sue vittime.
A conti fatti, il film e la nemesi futuristica in esso contenuta, sono anche un'anticipazione della guerra de-personalizzata, del presente odierno con droni di varia natura e genere che fanno il "lavoro sporco" sul campo al posto degli uomini.
L'incubo informatico
I timori e le paure mostrate, suggerite da Terminator 2, trovano conferma nel 2003, quando esce Terminator 3 - Le macchine ribelli dove Cameron non è coinvolto ma che è strettamente collegato ai due capitoli precedenti. Il Giorno del Giudizio non è arrivato, John Connor (Nick Stahl) si arrangia come può nella sua vita da reietto ed escluso dalla società, proteggendosi da Skynet, le cui azioni sono state solo ritardate dagli eventi del film precedente. Ora il progetto è tutto in mano ai militari, sotto la guida del Generale Robert Brewster (David Andrews), che non ha la minima idea del pericolo che sotterraneo si sta per avventare su tutta la struttura di difesa americana. Anzi, è persino sotto pressione da parte dello Stato Maggiore che vuole usare Skynet per distruggere un virus informatico sconosciuto che sta creando danni in tutto il mondo e che nessuno riesce a fermare. In questo terzo episodio, accolto tiepidamente ma poi rivalutato nel tempo, la cosa affascinante è che vi è la materializzazione di ben due diversi nemici: il primo è un nuovo Terminator, denominato T-X. Il T-X (con le sexy sembianze femminili di Kristanna Loken)è un Terminator completamente diverso da tutti gli altri sia come concezione che come struttura. Si tratta di un endoscheletro con armamenti incorporati, ma ha una struttura in metallo liquido come il T-1000 ed è capace di riprogrammare altri Terminator e tecnologie belliche, ma anche di eliminare i modelli precedenti. Skynet infatti sa che un vecchio T-800 è stato inviato nel passato per proteggere John Connor. Il secondo, vero cattivo, è proprio Skynet, che non ha un volto, non ha una voce, ma che si insinua come un veleno in tutte le tecnologie dell'apparato difensivo americano e lo trasforma nel martello con cui colpisce la razza umana in modo terrificante.
A farla da padrone in Terminator 3 - Le macchine ribelli è sicuramente una delle fobie crescenti ad inizio XXI secolo: il Super-Virus. Il ricordo del Millenium Bug (in realtà un difetto informatico inerente il cambio di secolo alla mezzanotte del capodanno 1999) fu il motore che accese la paura collettiva che, in una società sempre più computerizzata, un virus potesse distruggere ogni cosa, rendere morta la civiltà occidentale. E Skynet sembrò ai più la personificazione non solo di questo rischio (poi rivelatosi assolutamente infondato) ma dell'inizio della guerra cibernetica, della nuova forma di conflitto tra le super-potenze, che si confrontavano in un conflitto che mirava ad intaccare l'integrità dei sistemi di sicurezza informatici, a prendere e distruggere informazioni riservate, tramite l'intercettazione, alterazione e distruzione dell'informazione e dei sistemi di comunicazione nemici. E in Terminator 3 è proprio questo che succede, che fa Skynet, intrufolandosi all'interno e prendendo in un sol colpo il controllo dell'arsenale più potente della storia dell'umanità, mandando gli ordigni nucleari a distruggere la civiltà umana. Il tutto in perfetta antitesi all'happy end che lo spettatore si aspetta. Il finale, bellissimo, cupo e sorprendente, ci dona una terribile visione del trionfo di Skynet, dell'Intelligenza Artificiale su quella umana... almeno per il momento.
Lo scontro tra il T-X e il T-800 (T-850 visto che in realtà è una versione potenziata dell'originale) è in realtà in confronto tra due epoche tecnologiche, o meglio tra due futuri tecnologici teorici, immaginati, entrambi facenti parte dell'universo della Rivolta delle Macchine. Mentre il T-800 o il T-850 sono due vecchi "panzer", due enormi robot in cui la meccanica è la parte più importante, il T-X ancor più del T-1000, rappresenta il futuro interattivo, adattabile e camaleontico della tecnologia. Il T-800 è Frankestein in un corpo di metallo, il T-X è la moderna comunicazione, si adatta alle esigenze, a chi ha di fronte, interagisce ed è creata per spazzare via i predecessori. Una sorta di legge di mercato-bellica per così dire. Il futuro che oggi conosciamo e che 16 anni fa era solo teorizzato ci viene mostrato, nella continuazione di quell'opera di demolizione dell'umanità verso le proprie responsabilità, nel rimettere il tutto ad una keyboard di pc o ad un touch.
Uomini, macchine e un futuro fin troppo familiare
Arriviamo al 2009, a Terminator Salvation, diretto da McG, ambientato in quel futuro post Giorno del Giudizio in cui macchine e uomini sono impegnati in uno scontro mortale, terribile e senza tregua. John Connor (Christian Bale) attacca un base ricerca di Skynet, trova tracce dei loro progetti, libera prigionieri e sopravvive all'offensiva di rimando delle macchine; non è ancora il Leader assoluto della Resistenza, ma di certo il comandante più popolare e carismatico, adorato anche da quel giovanissimo Kyle Reese (Anton Yelchin) che non sa di esserne il padre. Al suo fianco ha la moglie Katherine Brewster (Bryce Dallas Howard) che aspetta il loro primo figlio, e continua a lottare senza tregua, ad incoraggiare un'umanità che si dibatte in un mondo selvaggio, desertico, dove sovente l'uomo è predatore dei suoi simili. In tutto questo, si inserisce la figura di Marcus Wright (Sam Worthington), giustiziato nell'anno 2003 per omicidio ma il cui corpo è stato "donato" da lui a Skynet, che ne ha fatto una sorta di ibrido umano-terminatore, una sorta di incrocio sperimentale poi apparentemente abortito. In realtà (ed è qui la parte più interessante del film) egli è un inconsapevole infiltrato di Skynet, non sa di essere ciò che è, si aggira in un mondo che non riconosce, che non capisce, circondato da giganti di metallo, moto-killer, robo-piranha, navi volanti che predano gli uomini...
Fatto non poco rilevante, mai come in questo film, Skynet ci appare più comprensibile, ci parla attraverso il volto di Helena Bonham Carter, ci mostra il disprezzo della macchine, la loro capacità di usare la nostra emotività contro di noi, il saper calcolare ogni mossa in modo perfetto, scientifico ma di non aver mai capito in fondo l'essere umano. Di Terminators ve ne sono parecchi prodotti da Skynet, compreso quel T-600 così vetusto, impreciso ma comunque temibile, le cui sembienze semi-zombesche e cadaveriche, altro non sono che un ricollegarsi agli zombie movies, da Romero a Forster. Come Marcus, anche il T-600 è in realtà un sopravvissuto al suo tempo, un relitto, un simbolo di quel mondo che non esiste più.
Rincontriamo invece quel T-800 che ritorna ad essere nemesi di Connor e Marcus nel finale, che ferisce quasi a morte il primo, che ci mostra quanto Skynet in fin dei conti sia un colosso industriale pensante, che produce in serie, che usa in serie. Ma è proprio Marcus ad essere il più pregno di significati, a rappresentare in pieno il terribile fato dell'uomo moderno, il suo essere inconsapevolmente controllato da una tecnologia invasiva, incontrastata, potentissima, che non gli permette alcuna forma di libertà. L'uomo del XXI secolo è come Marcus: metà macchina, metà computer, metà uomo, apparentemente libero, in realtà sottoposto ad una dittatura che nel mondo reale, nel nostro mondo, solo grazie a Wikileaks e a ciò che ci ha rivelato sul rapporto tra potere e tecnologia.
Ed è qui il vero, oscuro, attualissimo messaggio che i Terminators di questo film e che Marcus ci portano: la fantascienza vive già tra di noi, da anni, la fantascienza è stata usata in Iraq, Siria, Libia e Afghanistan a cavallo di quei robot da combattimento a controllo remoto, quegli SUGV e simili, che hanno mietuto migliaia di vittime in questi anni. Già si parla di software che in futuro selezioneranno i nemici dagli amici, i civili dai militari, che evitino l'ulteriore responsabilità ad un'umanità che trova troppo stressante persino andare fino in fondo nell'uccidere i propri simili premendo un bottone.
Il Terminator che non puoi vedere
Terminator: Genisys del 2015, diretto da Alan Taylor, gode del pessimo primato di essere il meno amato dai fan dei film della saga e di sicuro quello che ha avuto meno successo, sia di pubblico che di critica. Con un cast abbastanza fuori parte (Emilia Clarke, Jason Clarke e Jai Courtney non convincono per un solo secondo) involontariamente ridicolizza anche il cupo e macho cyborg del 1984, rendendo Arnold Schwarzenegger una sorta di enorme peluche robotico. Il futuro più che post-apocalittico sembra quasi una versione soft di Halo, con combattenti della resistenza depilati, palestrati, lindi e perfetti nella loro uniformi futuristiche, del terribile ed orrendo inferno fatto di oscurità e morte è rimasto poco. Eppure anche questo film ha molto da offrire tramite i suoi Terminators, ha molto che può servirci a comprendere quanto essi si facciano sempre e comunque portatori di paure, fobie, legate al rapporto tra uomo e tecnologia, uomo e futuro.
A conti fatti, al di là di una sceneggiatura abbastanza raffazzonata, troppo umoristica e che si scollega in modo totale e ben poco adatto dagli episodi precedenti, ci arrivano altre due nemesi: il T-5000 e il t-3000. Il primo è la forma ultima con cui Skynet prova a sopravvivere all'attacco finale degli umani guidati da John, è interpretato dall'attore Matt Smith e rappresenta sicuramente l'apice dell'evoluzione tecnologica del terribile nemico dell'umanità.
Non può essere riconosciuto dagli umani (nemmeno dai cani, da sempre perfetti per stanare i cyborg) e per quanto non appaiano molte scene d'azione, si evince che distrugga la squadra di Connor nella base di Skynet senza particolare sforzo.
Ma ciò che rende il T-5000 così pericoloso, è il suo essere l'avatar di Skynet, ne possiede quindi intelligenza, abilità strategiche e anche una certa capacità ormai di capire e prevedere le mosse degli umani, ciò che amano e temono.
E da tale conoscenza, egli è in grado di creare l'alter ego di John nel corpo stesso del suo più grande nemico, è in grado di creare il T-3000.
Il T-3000 viene alla luce quando John Connor viene infettato dalla nanotecnologia di Skynet e ciò che ne risulta è un cyborg ibrido a base nanotecnologica, né umano, né macchina ma piuttosto un'evoluzione connessa ad entrambi. Egli altro non è che l'espressione ultima di Skynet, la sua mossa finale per distruggere l'umanità, fine che ha perseguito mandando vari terminator nel passato per uccidere Sarah Connor o John Connor, per fermare la ribellione e distruggere l'umanità. Ma questa mossa è davvero senza precedenti. Ciò che lo rende davvero pericoloso, paradossalmente, è la metà umana, il suo essere sempre e comunque in grado di confondersi tra gli umani seguendo una linea tattica che è il risultato (come rivela il vecchio T-800) di anni di perfezionamento e ricerca da parte di Skynet. Il T-3000 non invecchia, non consuma i suoi tessuti che può rigenerare, è un perfetto camaleonte che sa dissimulare, fingere, ingannare, tanto che non è chiaro se la parte umana davvero provi sentimenti o sia semplicemente abilissima nel fingere di averli. Sicuramente più forte e completo nel combattimento di tutti gli altri Terminator (pur non avendo alcune abilità specifiche del T-1000), può anche interagire con altre superfici metalliche ed inoltre possiede la capacità di apprendere informazioni anche solo tramite il contatto fisico.
Se uniamo questi due esseri e li mettiamo a confronto, ci rendiamo conto che essi rappresentano in pieno uno dei pericoli più gravi ed attuali della nostra epoca: quello inerente la nostra sicurezza, la nostra natura, la nostra privacy, e la nostra identità, messa in atto dai colossi quali per esempio Cambridge Analitica. Così come il T-3000 in realtà è un essere umano modificato e mutato dalle nano-macchine di Skynet, così anche noi oggi come oggi troviamo la nostra identità digitale, ciò che siamo sul web, soggetta a continui mutamenti indesiderati. Non è un caso che persino uno degli inventori ed imprenditori più importanti del mondo come Elon Musk abbia confessato di distruggere regolarmente i suoi smartphone per proteggere la propria privacy e assicurarsi così che le informazioni contenute in essi non possano finire nelle mani sbagliate.
Il T-3000 e il T-5000 rappresentano quindi qualcosa di ancora più invasivo, di inquietante e minaccioso, ad un livello più profondo, filosofico si potrebbe dire, dell'identità umana, di ciò che siamo e che ci separa dalle macchine. E se pensate che non sia vero, basta alzare lo sguardo e vi renderete conto di quanto siamo stati cambiati da smartphone, social, tablet e via discorrendo, di quanto la nostra vita ormai viva in funzione di tale tecnologia.
Un'umanità incorreggibile
Ora, in questo 2019, arriva Terminator: Destino Oscuro, che porta al risveglio la Saga di James Cameron , abbracciando appieno la narrativa cinematografica di questo terzo millennio, all'insegna della femminilità e dell'aprirsi a nuove generazioni di protagonisti.
E qui, come abbiamo accennato nella nostra recensione di Terminator: Destino Oscuro, troviamo un'altro connubio tra uomo e macchina, più consapevole e profondo rispetto a Terminator Salvation, che risponde al nome di Grace (Mackenzie Davis), soldatessa della Resistenza contro le macchine, rimandata indietro nel tempo per salvare Daniella Ramos (Natalia Reyes), da un altro Terminator, denominato Tec-9 (Gabriel Luna).
Ricompaiono Sarah Connor (sempre Lisa Hamilton) e il vecchio T-800 di Schwarzenegger, sopravvissuti ad un presente dove non vi è stato (ancora) il Giorno del Giudizio, che però è stato solo rimandato.
Ed ecco che dal futuro arriva questo Tec-9, questo ibrido tra un T-800 e un T-1000, a testimoniarci come l'uomo, comunque si provi a redimerlo, tende sempre a fare lo stesso errore, a ripetere gli stessi sbagli, a seguire la stessa, identica, strada verso l'inferno.
Le macchine, Skynet o Legion o come si chiamino, sono in fin dei conti sempre uguali, sempre identiche, e in questa loro mancanza di inventiva, alla lunga, si nasconde la loro vulnerabilità.
Ma è una vulnerabilità che fa da specchio a quella umana, alla nostra incapacità di correggere la rotta, di prendere una strada diversa anche di fronte all'evidenza.
Unica nota discordante proprio il vecchio T-800, che è diventato "umano", che prova sentimenti, che nel profondo Texas oltre ad armi e munizioni, nasconde l'ultima traccia della "vecchia America".
L'America della propria famiglia prima di tutto, l'America di chi fa un lavoro umile ma sa mettersi a rischio per ciò che è giusto. In un certo senso egli ci ricorda che l'uomo del terzo millennio è diventato macchina ma per propria scelta, non perché costretto.
Una via d'uscita vi è sempre ed è una via creata sulla generosità e sull'empatia, sul dire "noi" invece di quell'"io" di quel "tutto intorno a te" che ci rende soli e quindi più vulnerabili.
Tutto cambia, perché nulla cambi, siamo sempre gli stessi che cercano nella tecnologia la culla dove trovare riparo, che dubitano di sé stessi, ma non di creazioni artificiali che cambiano nome, cambiano in qualche modo manifestazione fisica, ma non finalità, non pericolosità.
Grace, soldatessa tecnologica, rappresenta appieno sia una maggior presenza femminile nella società moderna, sia quel connubio tra uomo e macchina che già oggi è sotto i nostri occhi.
Tuttavia in lei vi è la rivendicazione di un'umanità che usa la tecnologia in favore dell'umanità stessa, accettando paradossalmente il prezzo di diventare per certi versi più debole, più vulnerabile. Ma con uno scopo, un fine, un ideale dietro ogni azione e scelta.
Forse il destino non si può cambiare più di tanto, ma possiamo cambiare il nostro modo di affrontarlo, la tecnologia ormai segue una propria strada, un proprio percorso, ma il nostro non per questo è destinato ad esserne asservito o sconfitto.
Ma non possiamo più tornare indietro, non possiamo escludere la tecnologia dal nostro futuro, così come non possiamo bloccare il segnale di un cellulare con un sacchetto di patatine surgelato.
La terza guerra mondiale sarà combattuta con pietre e bastoni? Forse. Ma non è detto che ciò sia un male o che ciò sia inevitabile da ogni punto di vista.
Perché come ci ha insegnato (paradossalmente) Terminator, il futuro non è mai scritto, ce lo creiamo noi, con le nostre mani.