Era il 22 febbraio 2008 quando Sweeney Todd usciva nei cinema italiani. Pur essendo ispirata a un popolare musical di Broadway di Stephen Sondheim e pur vantando la presenza delle star Johnny Depp ed Helena Bonham Carter in veste di protagonisti, la pellicola sul sanguinario barbiere di Fleet Street non si è mai imposta come uno dei titoli più popolari nella carriera di Tim Burton. Acclamata dalla critica, ha riscosso un buon successo di pubblico, incassando 153 milioni di di dollari globali a fronte di un budget di 50 milioni. Eppure nelle classifiche di gradimento burtoniane non riveste mai le prime posizioni, surclassata spesso dal profondo romanticismo di Edward mani di forbice, dal mito di Batman, dall'ottimismo hollywoodiano di Ed Wood o dallo struggente inno all'immaginazione e alla famiglia che è Big Fish.
Impossibile ignorare la cupezza di Sweeney Todd - Il diabolico barbiere di Fleet Street. A differenza della maggior parte delle produzioni burtoniane, dove all'inevitabile malinconia di fondo si contrappone sempre un barlume di speranza, la storia del barbiere di Fleet Street è decisamente tragica. L'enigmatico Sweeney Todd fa ritorno a Londra dall'Australia su un mercantile per vendicarsi del giudice che, con una falsa accusa, gli ha sottratto moglie e figlia. Il barbiere stringe un'insolita alleanza con la vicina Mrs. Lovett, che alimenta la sua sete di violenza trasformando i cadaveri massacrati dal suo rasoio in pasticci di carne. A questa trama decisamente poco rassicurante va aggiunto il fatto che Tim Burton realizza un musical tradizionale affidandosi a due interpreti - l'allora compagna Helena Bonham Carter e l'attore feticcio Johnny Depp - che non erano cantanti professionisti (Depp avrebbe poi acquistato sicurezza cimentandosi nel canto con la rock band Hollywood Vampires e col compianto Jeff Beck, ma questa è un'altra storia).
Decoratore di set? Lo sberleffo dell'Oscar
Una delle accuse spesso rivolte a Tim Burton è quella di essere un "decoratore di set" piuttosto che un narratore. Le vicende affrontate nei suoi lavori hanno un sapore vagamente autobiografico visto che riguardano freaks, disadattati, figure che vivono ai margini della società. Tutte proiezioni del regista, che ha ammesso in più occasioni di essersi sentito un reietto e di aver sofferto di problemi di natura psichica. Come nel caso di Edward mani di forbice e delle sue lame, Sweeney Todd usa il suo rasoio per uccidere invece che per servire i suoi clienti, sfogando così la rabbia per la perdita dell'amore. Quale occasione migliore del musical di Stephen Sondheim, basato sul dramma teatrale del 1973 Sweeney Todd, the Demon Barber of Fleet Street di Christopher Bond, per esprimere il suo disagio?
Naturalmente le armi di Tim Burton sono la cinepresa e i pennelli. Le sue doti di artista visivo sono unanimemente riconosciute e Sweeney Todd - Il diabolico barbiere di Fleet Street gli offre l'occasione per sfogare il suo immaginario gotico ricostruendo una cupissima Londra vittoriana presso i Pinewood Studios inglesi. Mentre la penombra inghiotte gli interni, gli esterni denunciano tutta la loro artificialità con colori irreali e atmosfere da cartolina, come nella sequenza del brano By the Sea, eseguito da Helena Bonham Carter. La fotografia desaturata sui toni del grigio/blu firmata da Dariusz Wolski accentua il pallore innaturale e le profonde occhiaie sfoggiate da barbiere di Johnny Depp e dalla sua complice Helena Bonham Carter, che portano sul volto il "marchio del male" a fronte del volto ingenuo di un giovane e innamorato Jamie Campbell Bower e dello sguardo imperturbabile del meschino giudice di Alan Rickman. E visto che Tim Burton è così bravo a esprimersi per immagini, ecco che il suo musical permette agli scenografi Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo di portarsi a casa un Oscar. Il Golden Globe come miglior film commedia/musical lo consola anche della mancata conquista degli Oscar per il miglior attore protagonista per Depp e quello per i migliori costumi per Colleen Atwood.
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Tradire nel rispetto dell'originale
"I numeri sono stati rimodellati, modificati, sono stati fatti dei tagli, piccole sezioni sono state riscritte per renderle cinematografiche. Questa è la differenza essenziale, credo, tra questo musical cinematografico e altri basati su musical teatrali". Così spiegava Stephen Sondheim nel 2007. Primo fan del film di Burton, il compositore ha subito compreso la necessità di modificare l'originale per renderlo adatto al nuovo medium. Ecco che The Ballad of Sweeney Todd viene ridotta al minimo e diviene completamente strumentale. Il film entra subito nel vivo con il duetto tra Sweeney Todd ed Anthony, No Place Like London, sulla nave che si avvicina alla costa britannica.
Allo stesso modo scompare la natura camp del personaggio di Mrs. Lovett che, nell'interpretazione di Helena Bonham Carter, diventa una donna vuota e vagamente disperata, degna compare di Sweeney Todd. A descrivere cosa accade nella sua testa ci pensano gli angoli di ripresa ravvicinati, che documentano il timido barlume di vita nel tentativo di ricostruire un simulacro di famiglia insieme al barbiere e all'orfano Toby (Ed Sanders). Tentativo che le costerà molto caro.
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L'importante è che il sangue scorra
La versione teatrale di Sweeney Todd è un esplicito omaggio alla tradizione del Grand Guignol, perciò il sangue scorre copioso dalle gole delle vittime del rabbioso barbiere. Tim Burton ha difeso con le unghie e con i denti il "rating R" affibbiato al suo film proprio per la presenza di "sanguinosa violenza grafica". Con un rating del genere il rischio di perdere spettatori, visto che sono soprattutto i giovanissimi ad affollare le sale americane, è alto, ma il regista era determinato a difendere l'integrità della sua visione, come ha spiegato lui stesso: "È più una liberazione emotiva che una cosa reale in questo film. Lo studio è stato d'accordo e l'ha accettato perché conosceva lo spettacolo".
D'altronde Tim Burton, da grande appassionato di horror e gotico, ha esplicitato i riferimenti fin dal look del suo protagonista. Non è certo un caso che l'acconciatura di Johnny Depp occhieggi a quella della protagonista de La moglie di Frankenstein, classico Universal del 1935 diretto da James Whale. Se le gole tagliate dalla furia di Sweeney Todd fanno bella mostra, nonostante qualche tentativo di alleggerire l'orrore coi sapienti trucchi di montaggio di Chris Lebenzon, pare che a infastidire gli spettatori più critici sia stato il fatto che la quasi totalità dei dialoghi sia cantata, elemento che non trapelava in maniera così evidente dal trailer. È stato persino presentato un reclamo alla Advertising Standards Authority, a ribadire che alcuni spettatori temono i musical più delle gole squarciate.