Roberta Torre e il miracolo dei Baci mai dati

Dopo quattro anni di assenza dal grande schermo la regista torna al cinema con una commedia sui misteri famigliari e gli affanni adolescenziali senza perdere di vista il colorato business del sacro

Milanese di nascita, fin dai primi anni della sua carriera Roberta Torre è stata irrimediabilmente sedotta dalla passionalità e dai molti volti del Sud. Un affetto che la regista/sceneggiatrice ha riversato costantemente all'interno di ogni film come un canto d'amore ad una terra fatta in ugual misura d'ironia, saggezza e compromessi. Salita agli onori delle cronache cinematografiche grazie al primo lungometraggio Tano da morire, la Torre chiarisce immediatamente qualsiasi dubbio sul suo stile narrativo. Così, già presentato alla Mostra del cinema di Venezia, quest'ironico viaggio a tempo di musica nel mondo della mafia dimostra con quante diverse tonalità si possa interpretare una stessa realtà attribuendo all' autrice una timbrica fortemente riconoscibile. Da quel momento la sua creatività non smette di esplorare luoghi diversi e ugualmente stimolanti. Dopo un secondo musical con Sud Side Stori, l'attenzione della regista viene attratta dal talento fino ad allora sconosciuto di una donna capace di modulare la genuinità popolare con un'eleganza naturale e proprio dall'incontro con Donatella Finocchiaro nasce la storia di Angela, destinata al favore della critica e ad aprire le porte magiche del Festival di Cannes. A questo successo seguono anni artisticamente particolari dove la regia di Mar Nero, noir ambientato nel mondo notturno dei club privè con Anna Mouglalis e Luigi Lo Cascio, si alterna ad un deciso impegno sociale, che si concretizza nel cortometraggio La Fabbrica per All human rights for all e nello spot progresso per l'associazione Doppia Difesa, fondata da Giulia Buongiorno e Michelle Hunziker contro la violenza sulle donne.

A questo punto, dopo quattro anni di assenza dal grande schermo , la Torre torna al cinema con una nuova vicenda del Sud. Grazie alla commedia I Baci mai dati, distribuita da Videa CDE in 45 copie e presentata a Venezia nella sezione Controcampo italiano, compie un viaggio all'interno dei misteri famigliari e degli affanni adolescenziali senza perdere di vista tutto il colorato business del sacro. Ambientata nel quartiere popolare catanese Librino, la vicenda ha come protagonista la tredicenne Manuela che, affetta da normalità, una notte riceve in sogno la visita della Madonna. Da quel momento nulla sarà come prima, la ragazzina viene automaticamente promossa a celebrità, ma quante insidie si nascondono dietro la sua presunta santità? A rivelarcelo è la stessa Roberta Torre accompagnata da Angela Finocchiaro, Piera Degli Esposti, Carla Marchese, Martina Galletta e Pino Micol.

Signora Torre, lei ha ambientato la vicenda di Manuela tra le strutture decadenti del Librino, quartiere periferico di Catania, abitato da una popolazione costantemente bisognosa di un segno di speranza. Come ha lavorato al soggetto e alla costruzione di questo miracolo laico?

Roberta Torre: Ho scelto Librino come set a cielo aperto perché rappresenta un luogo distaccato da Catania che mi liberava da una certa regionalità. Questa assenza d'identificazione territoriale ha dato al film una voce universale capace di parlare a molte lingue e culture. Cosa che ho potuto constatare con sorpresa direttamente al Sundance . Attraverso l'incontro con la stampa americana ho guardato questa storia con gli occhi dello straniero ed ho capito molto di più sui così detti messaggi nascosti tra le righe. Per il resto ho mescolato attori di grandi professionalità con volti nuovi, come sono solita fare. Mi piace trovare gente inesperta e avvicinarla a chi questo lavoro lo fa da molto. In questo modo si da un'opportunità di crescita ai meno esperti e nuova linfa vitale a chi, in virtù della propria esperienza, potrebbe cedere alla tentazione di adagiarsi sui clique tipici del mestiere.

Tornando alla sua esperienza al Sundance, quali sono i messaggi che ha avuto la possibilità di scoprire e capire attraverso gli occhi di un pubblico straniero?
Roberta Torre: Mi ero preparata a rispondere a delle domande molto tecniche e invece sono stata catapultata in un argomento difficile e astratto come la bellezza. A differenza degli italiani, gli americani hanno puntato molto sul contrasto tra il fascino artistico di Catania e il degrado della sua periferia, chiedendosi come questo fosse possibile in un paese dall'immenso patrimonio estetico come il nostro. A quel punto ho riflettuto e sono giunta alla conclusione che il mio scopo era raccontare la bellezza nei rapporti come quello tra madre e figlia.

Manuela, trascurata dalla madre e in balia di una famiglia sempre più in confusione, s'inventa un evento prodigioso per attirare finalmente l'attenzione su di sé. Per costruire questa storia ha avuto la possibilità d'incontrare persone con un autentico percorso spirituale?

Roberta Torre: All'inizio la ragazzina gioca sulla costruzione del miracolo ma io ho conosciuto molte persone che hanno avuto veramente a che fare con queste esperienze. Certo la fede è un mondo difficile da esplorare con le tecniche del razionale, ma il fatto che il film abbia vinto a Venezia il premio Braian per la miglior pellicola atea mi ha molto colpito. In realtà io non volevo esplorare la parte spirituale della storia quanto la potenza dei rapporti. L'ascolto genera comunque dei miracoli e delle incredibili possibilità di cambiamento.

Al centro del film c'è anche una certa critica al circo del sacro che si crea sempre in questi casi, pronto a sfruttare il bisogno di rassicurazione di cui la gente sembra sempre più assetata...
Piera Degli Esposti: Il mio personaggio, in qualche modo, contribuisce a questa illusione ma con una certa leggerezza. Sono una parrucchiera con la necessità di far star bene le donne. Per riuscire nel mio intento sostengo l'illusione di un aspetto migliore e la rafforzo con l'uso delle carte. In fondo voglio solo aggiustare la testa di fuori e di dentro.
Donatella Finocchiaro: Io sono la madre manager di questo miracolo nato all'interno della famiglia. Il suo solo scopo è di raggiungere gli obiettivi prefissati a tutti i costi e con ogni mezzo plausibile. Rita è una figlia dei nostri giorni che, davanti ai rimproveri della figlia, non si scompone e continua a far leva sulla necessità di speranza degli altri. Infondo tutti abbiamo bisogno di questo e per ottenerlo ci si aggrappa ad ogni singolo elemento, anche alle parrucchiere cartomanti.

La musica è stato sempre un elemento fondamentale all'interno del suo cinema, questa volta, però, qualche cosa è cambiato. Quanto è stato difficile non tenere conto delle sonorità catanesi?
Roberta Torre: Per la prima volta non sono partita dalla musica ma l'ho fatta arrivare dopo. Lavorando sulle tracce musicali in seconda battuta, ho potuto utilizzare Catania come un palcoscenico senza renderla troppo specifica.

Ultimamente il cinema italiano tende alla commedia a tutti i costi o ad una nuova forma di neorealismo, eppure il suo film si discosta nettamente da queste due correnti mischiando le carte dei generi e raccontando una periferia in totale assenza di paternalismo....
Roberta Torre; Ho sempre lavorato e vissuto nelle periferie fin dal mio arrivo a Palermo. Sono luoghi dove mi diverto ed ho la possibilità di osservare il contemporaneo in tutte le sue forme. In questi quartieri ferve la vita, i contrasti e una quantità infinita di storie. Per me è difficile guardarle dal di fuori perché sono posti dove ho vissuto molto e forse li ho fotografati un po' come se fossi un loro abitante. A Librino abbiamo avuto un'accoglienza inizialmente diffidente ma poi siamo stati accettati e adottati. È bello entrare a far parte di un mondo dove la macchina cinema sembra essere completamente estranea.

Dopo otto anni da Angela la coppia Torre/Finocchiaro torna a riunirsi sul set. Come definite la vostra collaborazione?

Roberta Torre: Ci sono rapporti preziosi che, nell'arco di un a vita artistica,sono veramente rari. Con Donatella posso lavorare senza razionalizzare utilizzando dei codici in comune e delle modalità troppo difficili da spiegare all'esterno. Praticamente c'è tutta una vita dentro il rapporto di due persone che s'incontrano a questo livello.
Donatella Finocchiaro: Roberta è stata per me una sorta di madre artistica e anche in questo caso mi ha guidato con amore e fermezza attraverso un personaggio che sentivo inadatto. Rita è una donna costantemente sopra le righe, un vero e proprio fumetto e per questo non mi sentivo adeguata. Eppure Roberta ha creduto in me, nella mia inesplorata vena comica e mi ha accompagnato attraverso le mille donne racchiuse in un personaggio così estraneo.