Recensione Qualunque cosa succeda. Giorgio Ambrosoli, una storia vera (2014)

Pierfrancesco Favino porta in TV la storia di Giorgio Ambrosoli, il coraggioso avvocato milanese incaricato di liquidare la Banca Privata Italiana e assassinato su ordine del banchiere corrotto Michele Sindona nel 1979, nella miniserie che ha inaugurato il Roma Fiction Fest 2014.

"Era una persona che, in un termine romanesco, direi se l'andava cercando": è l'agghiacciante espressione con la quale, nel 2010, Giulio Andreotti rispondeva a una domanda a proposito delle ragioni dell'omicidio di Giorgio Ambrosoli, nominato nel 1974 commissario liquidatore della Banca Privata Italiana e fatto assassinare, su ordine del banchiere latitante Michele Sindona, la sera dell'11 luglio 1979. È proprio lo spezzone della famigerata intervista all'ex Presidente del Consiglio a chiudere Qualunque cosa succeda - Giorgio Ambrosoli, una storia vera, la fiction in due puntate dedicata alla figura e all'attività di Giorgio Ambrosoli, che RaiUno manderà in onda quest'autunno.

Selezionata per la serata inaugurale del Roma Fiction Fest 2014, in una versione ridotta da 200 minuti a poco più di due ore, Qualunque cosa succeda offre una cronaca dei cinque anni compresi appunto fra il 1974 e il 1979, durante uno dei periodi più oscuri della storia italiana: gli "anni di piombo", ma anche l'epoca dei grandi scandali politico-finanziari, della connivenza tra Mafia e istituzioni e della loggia massonica P2. A dirigere la miniserie è Alberto Negrin, uno degli specialisti delle fiction TV (L'ultimo dei Corleonesi, Paolo Borsellino - I 57 giorni), mentre a cimentarsi nel ruolo di Ambrosoli è Pierfrancesco Favino, già diretto in passato da Negrin in Gino Bartali - L'intramontabile e in Pane e libertà, sul sindacalista Giuseppe Di Vittorio.

Tra finanza, politica e corruzione

Qualunque cosa succeda. Giorgio Ambrosoli, una storia vera.: Pierfrancesco Favino in una scena
Qualunque cosa succeda. Giorgio Ambrosoli, una storia vera.: Pierfrancesco Favino in una scena

A partire dall'incontro con Giovanbattista Fignon, direttore centrale del Banco di Roma, e dalla conseguente nomina a commissario liquidatore unico della Banca Privata Italiana, oggetto di un disastroso fallimento, la miniserie di RaiUno mette in scena lo sfibrante "scontro a distanza" fra l'avvocato milanese Giorgio Ambrosoli, integerrimo servitore dello Stato incaricato di far luce su una spaventosa rete di corruzione e di loschi intrecci finanziari, e il banchiere siciliano Michele Sindona (Massimo Popolizio), membro della loggia P2 e latitante a New York per sfuggire all'arresto. Basandosi in parte sul libro omonimo scritto da Umberto Ambrosoli, il figlio di Giorgio, Qualunque cosa succeda illustra le fasi salienti dell'indagine condotta da Ambrosoli, il suo rapporto di collaborazione e di stima nei confronti del maresciallo della Guardia di Finanza Silvio Novembre (Andrea Gherpelli), ma pure alcuni fugaci momenti privati in compagnia dei figli e della moglie Annalori (Anita Caprioli), alla quale Ambrosoli, nel 1975, indirizzò la commovente lettera dalla quale è tratta la frase che ha dato il titolo al libro di Umberto e alla fiction di Negrin. Una vicenda, quella di Ambrosoli, paradigmatica del clima insidioso e degli ambigui legami di potere che hanno contraddistinto la politica e la finanza italiane della seconda metà degli anni Settanta, al punto da far assumere alla parabola di Ambrosoli (e alla sua tragica fine) le sembianze di una crociata contro un sistema guasto fino al midollo: il crollo di Sindona, infatti, avrebbe portato al collasso anche una catena di personaggi ed enti che avevano costruito la propria fortuna sulla Banca Privata Italiana, a partire dalla Banca Vaticana, lo IOR.

Il didascalismo della TV nostrana

Qualunque cosa succeda. Giorgio Ambrosoli, una storia vera.: Pierfrancesco Favino nei panni del banchiere Giorgio Ambrosoli
Qualunque cosa succeda. Giorgio Ambrosoli, una storia vera.: Pierfrancesco Favino nei panni del banchiere Giorgio Ambrosoli

Ma al di là della necessità di ricordare e di rendere omaggio ad un uomo della statura morale di Ambrosoli, che Favino rende sullo schermo con partecipe immedesimazione, questo drammatico capitolo della storia italiana non può essere ridotto né alla banale apologia di un canonico "eroe borghese", né ad un resoconto illustrativo e schematico. Purtroppo, invece, Qualunque cosa succeda incappa in pieno nei succitati limiti, tipici - ahinoi - della stragrande maggioranza delle fiction nostrane in onda su Rai e Mediaset; perché, nello stesso anno in cui Sky raccoglie consensi in Italia e all'estero grazie ad un prodotto innovativo e a suo modo pionieristico quale Gomorra - La Serie, la miniserie di Negrin mostra di andare in una direzione del tutto opposta, adottando come cifra del racconto un imbarazzante didascalismo che scivola nella retorica più blanda e sorpassata: dalle onnipresenti musiche di Fabrizio Siciliano, terribilmente enfatiche (quand'è che gli autori televisivi impareranno a non ricorrere all'accompagnamento musicale per ogni singola sequenza di una fiction?), ad una sequela di semplificazioni ed errori (Ambrosoli che rientra da un viaggio a New York senza avere con sé neppure una valigia), fino alla scelta a dir poco discutibile del ralenti nella scena dell'omicidio del protagonista.

Pierfrancesco Favino in Qualunque cosa succeda. Giorgio Ambrosoli, una storia vera.
Pierfrancesco Favino in Qualunque cosa succeda. Giorgio Ambrosoli, una storia vera.

Negrin sfugge ad ogni possibile tentativo di problematizzazione rispetto alla materia trattata, optando invece per uno scontatissimo "controcampo narrativo" in cui Michele Sindona viene dipinto come una sorta di grottesca parodia dell'Al Capone di Robert De Niro ne Gli intoccabili (manca giusto sentirlo esclamare "Sei solo chiacchiere e distintivo!"): un controcampo privo di reale utilità, se non quella di rimarcare l'opposizione fra eroe e villain. E se il veterano Roberto Herlitzka si fa apprezzare per la misura con cui compare (brevemente) nei panni dell'impenetrabile banchiere Enrico Cuccia, colpevole di non aver denunciato alle autorità i minacciosi propositi di Sindona nei confronti di Ambrosoli, il Giulio Andreotti di Giovanni Esposito è una macchietta che contribuisce a farci rimpiangere, una volta di più, la profondità, l'intelligenza e la raffinatezza stilistica di un film come Il Divo di Paolo Sorrentino, simbolo dell'abissale distanza che, ancora oggi, intercorre in Italia fra il cinema d'autore e la fiction per la TV generalista.

Conclusioni

Pierfrancesco Favino si cala con impegno nel ruolo dell'indomito avvocato Giorgio Ambrosoli, protagonista di una vicenda emblematica dell'Italia degli anni Settanta, intrappolata in un sinistro intreccio tra finanza, politica e malaffare: ma sciaguratamente, lo spessore e l'importanza di una vicenda quale l'indagine di Ambrosoli e il suo omicidio per ordine di Michele Sindona risultano sminuiti da una messa in scena didascalica e semplicistica, che si rifiuta di approfondire o di problematizzare la materia narrativa optando al contrario per uno stile convenzionale ed enfatico ormai sorpassato.

Movieplayer.it

2.0/5