Recensione Il cacciatore di giganti (2013)

Il regista si affida alla magia dei fagioli magici (e del 3D) per trasformare una favola in leggenda. Il cacciatore di giganti, però, non è una storiella per bambini: affascina, colpisce e... fa (anche) paura!

C'era una volta la favola moderna secondo Bryan Singer

Le favole non sono più "roba da bambini". Almeno non al cinema, a prescindere che siano raccontate attraverso film d'animazione o 3D epici, come nel caso de Il cacciatore di giganti, ispirato al racconto inglese Jack e il fagiolo magico e in arrivo nelle sale dal 28 marzo per Warner Bros.
Ha un rating PG 13 (vietato ai minori di quell'età se non accompagnati) e condivide la sorte di alcune pellicole della saga di Harry Potter, mentre per Hansel & Gretel - cacciatori di streghe la restrizione è maggiore (R, ossia accesso non consentito sotto i 16). Gli adulti sono, quindi, ufficialmente avvisati di quello che li aspetta in sala.
La storia è la classica avventura dell'eroe svantaggiato (il contadino orfano Jack) che si lancia in un'impresa epica per conquistare il cuore della principessa ribelle (Isabelle). Ad ostacolare il lieto fine ci pensa un re conservatore (Sua Maestà Brahmwell) che ha promesso la mano dell'unica figlia ad un nobile arrogante e arrivista (Lord Roderick). A queste difficoltà iniziali si aggiunge il più grosso degli impedimenti: un gruppo di giganti, guidati dal generale Fallon, creatura mostruosa a due teste, è pronto a tutto pur di ottenere vendetta sul genere umano che l'ha "isolato" con un potente sortilegio in un'altra dimensione. L'unico legame tra questi due universi è nascosto nelle proprietà magiche di alcuni fagioli, occultati fino ad ora e rubati da un monaco misterioso. Un intero mondo, fantastico e spaventoso al tempo stesso, prende vita sotto gli occhi increduli degli abitanti del regno, sopraffatti dall'enorme pianta di fagioli che si arrampica fino al cielo.


Il regista Bryan Singer (X-Men) parte dalla più tradizionale delle avventure con l'ambizione di rivoluzionarla e modernizzarla attraverso un uso massiccio e spettacolare degli effetti speciali. Per questa "storia vera divenuta leggenda", come spiega il prologo, lo sforzo produttivo ha sfiorato infatti i 200 milioni di dollari. Le ambientazioni catalizzano la maggior parte dell'attenzione dello spettatore, senza distrarlo dalla struttura narrativa, piuttosto elementare e lineare.
Il cast resta comunque uno dei punti di forza del film. A guidare l'impresa troviamo Nicholas Hoult (Jack), reduce dal successo di Warm Bodies (zombie-movie firmato dai produttori di Twilight) e prossimamente nel team mutante di Singer per X-Men: giorni di un futuro passato nel ruolo di Bestia. La fanciulla da proteggere ha il volto di Eleanor Tomlinson (Isabelle), scelta da Gabriele Salvatores per il suo ultimo progetto, Educazione Siberiana, mentre ad Ewan McGregor (Elmont) è affidato l'alto incarico di capo delle guardie reali. Stanley Tucci (Roderick), persino più cattivo degli stessi giganti, carpisce la fiducia del re Ian McShane (Brahmwell).

Il tentativo di equilibrare i toni epici de Il signore degli anelli con quelli comici de I pirati dei Caraibi passa attraverso uno smisurato spiegamento di effetti speciali e una serie di personaggi brillanti, come l'eroe inconsapevole e rassicurante, la fanciulla decisa a salvarsi da sé e lo stuolo di giganti accecati dalla smania di potere. Il risultato, però, a tratti sembra accomunare Il cacciatore di giganti più a Viaggio nell'isola misteriosa che a Lo Hobbit: un viaggio inaspettato con visione antitetica rispetto alla recente rivisitazione di Jack e soci nella serie tv C'era una volta.

L'incantesimo visivo accompagna tutta la favola (con sorpresa finale!) e conquista sia negli incantevoli scenari medievali che nei paesaggi selvaggi incontaminati della terra dei giganti, strizzando l'occhio alla modernità nei costumi, fino a creare un look da guerriero rock come quello di Ewan McGregor.
In questo paradiso d'altri tempi irrompe con violenza l'orda di creature mostruose e terrificanti che Jack deve sconfiggere. I sogni dei giovani spettatori saranno popolati a lungo da queste immagini: lotte all'ultimo sangue e duelli senza esclusioni di colpi anticipano la distruzione a cui il regno va incontro. Poco spazio all'immaginazione, insomma: il ritmo frenetico da videogame travolge e ipnotizza fino all'epilogo, piuttosto inatteso e originale, che sorprende il pubblico dopo il tradizionale "the end" e potrebbe presagire un sequel (botteghino permettendo).

Impossibile, allora, non seguire Jack fino in cima alla pianta di fagioli magici, anche se a tratti si fa inevitabilmente il tifo per la sottile perfidia di Roderick. Il merito va al re del trasformismo Stanley Tucci, che arricchisce di molteplici sfumature il suo personaggio per sottrarlo ai cliché del cattivo bidimensionale. Il mondo ha bisogno di favole ma non fidatevi dei giganti: al contrario dei mutanti, in loro Bryan Singer non ha visto tracce di umanità né principi di redenzione.