Recensione Divergent (2014)

Divergent, primo romanzo dell'acclamata trilogia scritta dalla giovanissima Veronica Roth, è solo l'ultimo dei grandi successi letterari della nuova narrativa popolare young adult che approda al cinema: condivide con i predecessori tematiche e situazioni comuni al genere ed è ambientato in un futuro distopico come Hunger Games. Nonostante possieda una sua filosofia e dei protagonisti non privi di appeal, il limite maggiore è proprio l'essere uscito sulla scia della saga della ragazza di fuoco, di somigliargli troppo, talmente tanto da rischiare di diventarne solo una replica cinematograficamente meno interessante.

The importance of being divergent

Divergente, ovvero caratterizzata da un "test attitudinale inconcludente". Il test in questione é quello che precede la Cerimonia della Scelta, a cui ogni membro della nuova società nata dopo la firma della Grande Pace, deve sottoporsi al compimento del sedicesimo anno di età per decidere a quale gruppo appartenere. In un futuro di "distopica utopia", gli uomini hanno deciso di suddividere la società in cui vivono in fazioni differenti, in cui vengono raggruppati in base alle loro attitudini e ai loro innati valori: gli Eruditi, saggi ed intelligenti, gli Abneganti, noncuranti di sé che vivono prodigandosi per gli altri, i Pacifici, lavoratori amorevoli e di indole mite, i Candidi, in cui prevale l'onestà, e gli Intrepidi, coraggiosi e incuranti del pericolo. Il test mentale indica a quale fazione ognuno è destinato, ma alla cerimonia ogni persona può esercitare il libero arbitrio e scegliere chi vuole essere. Ma si può essere una cosa e una soltanto. Beatrice Prior (Shailene Woodley), è nata e cresciuta Abnegante, ma vuole essere un'Intrepida. E' suo il test che risulta inconcludente, e fa di lei una Divergente, non inscrivibile in nessuna fazione, e di conseguenza un pericolo per il sistema. Il risultato del test viene tenuto segreto, Beatrice sceglie gli Intrepidi, e con il nome di Tris inizia il duro addestramento, fisico e mentale, guidata dall'indecifrabile istruttore Quattro (Theo James), per riuscire ad essere accettata nella fazione e non finire tra gli Esclusi, gli emarginati della società che non hanno superato l'iniziazione nei vari gruppi. E intanto la caccia ai Divergenti si fa sempre più spietata, animata dall'inflessibile Jeanine Matthews (Kate Winslet), leader degli Eruditi che vogliono sostituire gli Abneganti alla guida della società.


Sulla scia di Hunger Games
Divergent, primo romanzo dell'acclamata trilogia scritta dalla giovanissima Veronica Roth, 11 milioni di copie vendute, è solo l'ultimo dei grandi successi letterari della nuova narrativa popolare rivolta soprattutto alle ragazze adolescenti che approda al cinema, e con i quali inevitabilmente condivide tematiche comuni rintracciabili sia nei romanzi che sullo schermo. Lasciando da parte i vampiri di Twilight nati dalla fantasia di Stephenie Meyer, e tutti i suoi meno fortunati cloni di genere fantasy horror, dei quali comunque ripropone i vari cliché, tra il romanticismo di amori anticonvenzionali e le metafore adolescenziali di crescita e cambiamento, per quello che riguarda l'ambientazione qui siamo decisamente dalle parti delle distopie futuribili dell'immaginario di Hunger Games nato dalla penna di Suzanne Collins. E' proprio l'accostamento e il confronto inevitabile con quest'ultimo il problema principale di Divergent: per quanto riguarda la trasposizione cinematografica il limite maggiore del film è semplicemente l'essere uscito sulla scia di Hunger Games, di somigliargli troppo, talmente tanto da rischiare di diventarne soltanto una replica, nelle situazioni, nell'ambientazione, nella filosofia.

Dejà vu
La sensazione di dejà vu ti coglie immediatamente e provoca un certo fastidio, per l'effetto fotocopia che inevitabilmente si viene a creare per come le struttura della storia viene replicata in tutti i suoi aspetti: laddove al fallimento del genere umano seguiva una società riorganizzata in distretti che ne costituivano la nuova identità geopolitica e ne garantivano l'equilibrio, qui abbiamo la divisione in fazioni che garantiscono la stabilità nei confronti delle inclinazioni umane potenzialmente in conflitto tra loro. Abbiamo l'adolescente che diventa donna, la ribellione al sistema che ne descrive la crescita, il rito di passaggio, il campo di allenamento, i test fisici e psicologici da superare, la nemesi rappresentata dal presidente Snow di Donald Sutherland qui è incarnata dalla leader degli Eruditi interpretata da Kate Winslet, inedita e sottoutilizzata cattiva. Inevitabile che anche la protagonista Shailene Woodley, nonostante la volontà, il fisico e il talento, si ritrovi a competere con la ragazza di fuoco Jennifer Lawrence, in cui oggi si identificano le adolescenti di mezzo mondo, ed è da vedere se non sia troppo prematuro pensare di poterne già prendere il posto nel cuore, visto che oltretutto non c'è un vuoto da colmare essendo tutti in trepida attesa per The Hunger Games: Il canto della rivolta - Parte 1, che uscirà solo a novembre.
Filosofia young adult
Oltre a mancare l'effetto sorpresa, sembra che regista Neil Burger non si sforzi di andare oltre la semplice riproduzione delle situazioni classiche di quello che oramai può essere considerato un vero e proprio genere young adult, adagiandosi semplicemente sulla storia e sugli elementi che ne hanno garantito il successo letterario senza sentire il bisogno di dargli anche un'identità cinematografica: le inquietudini della visione distopica del futuro sono relegati alla narrazione della voice over della protagonista, rinunciando alla costruzione di suggestioni e atmosfere attraverso le immagini. Tutto troppo semplice e semplicistico, sembra la messa in scena di un gioco di ruolo, con i personaggi e le situazioni identificate da un simbolismo essenziale: gli Abneganti sono noncuranti di sé, per cui non si guardano allo specchio e vestono con un sacco di iuta, gli Eruditi hanno sempre un libro in mano, i Pacifici, tra l'altro gli unici che lavorano e producono a quanto sembra, un sorriso pacioso e soddisfatto sempre stampato in faccia, mentre gli Intrepidi sono una mandria di scavezzacollo che vanno sempre di corsa, si arrampicano su qualsiasi palo o rialzo trovino anche quando non ce n'è alcun bisogno, e non si capisce perché salgono e scendono saltando dal treno in corsa. Peccato perché, al di là dell'effetto scopiazzatura, Divergent avrebbe anche una sua propria filosofia, anche se piuttosto semplice e ribadita in continuazione come se il messaggio non fosse in qualche modo chiaro, ma proprio in questa unicità e semplicità del messaggio, oltre all'appeal dei due protagonisti tra cui c'è comunque una buona alchimia, nasconde la chiave del suo potenziale successo tra gli adolescenti.
Felice chi è divergent
"Divergent si svolge in una società futura in cui a ognuno è permesso di essere una cosa sola, ma Tris vuole essere più di una sola cosa". In una società che tende all'omologazione, basata sul conformismo e sulla certezza di un ordine prestabilito, essere diverso è uguale a essere pericoloso. E la cerimonia di scelta è il classico momento di formazione in cui ogni adolescente può identificarsi, nella decisione di continuare a vivere nel modo in cui si è stati cresciuti e diventare quello che tutti si aspettano da noi, oppure seguire la propria bussola interiore. Temi di facile identificazione per un adolescente, molto efficaci forse anche perché tra tutte le autrici delle saghe young adult, Veronica Roth è la più giovane ed è vicine come età al target a cui si rivolge. Per questo la distopia futura assume ancora meno rilevanza e mordente di fronte ad un tema universale che potrebbe essere raccontato in qualsiasi ambito e cornice, qui la fantascienza è solo un pretesto, i film di fantascienza sono un'altra cosa. Una vera scommessa da parte dei produttori, che evidentemente pensano che il pubblico di riferimento abbia ancora posto nel cuore e sia pronto ad adottare Divergent e i suoi protagonsti, visto che sono già programmati i due sequel, Insurgent e Allegiant, addirittura il primo è già in preproduzione, ha già un regista (Robert Schwentke) e uno sceneggiatore di primissimo piano come Akiva Goldsman: una scommessa azzardata oltretutto, visti i flop sia di Shadowhunters - Città di ossa che di Beautiful Creatures, che nel cuore dei fan hanno invece cercato invano di prendere il posto di Twilight. Intanto al box office americano il film ha esordito bene anche se molto al di sotto delle aspettative, e comunque lontano anni luce dai fasti di Hunger Games, che proprio alla luce del suo successo planetario ha visto accresciuti oltremisura i meriti artistici di un secondo capitolo pure riuscito ma inferiore al primo, che aveva uno sguardo originale e una freschezza da blockbuster indipendente che invece mancano a questo suo clone divergente.

Movieplayer.it

3.0/5