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Assonanze, rimandi, vicinanza spirituale nonché visiva. Senza girarci troppo attorno, Prey di Dan Trachtenberg, oltre ad essere il miglior capitolo della saga dai tempi di Predator (era il 1987), è anche un diretto omaggio al film culto di John McTiernan, dove un granitico Arnold Schwarzenegger sfoggiava muscoli e sguardo durissimo contro un invincibile alieno venuto da lontano. Tra quel film, che lanciò di fatto la carriera di McTiernan, e il prequel targato HULU - in Italia disponibile in streaming esclusivo su Disney+ - troviamo tre sgangherati capitoli più due ambiziosi ma discussi crossover con Alien. Eppure, Prey, pur essendo un esempio davvero riuscito di serialità applicata a una narrazione originale, gioca proprio con le corrispondenze (e le differenze) con la pellicola del 1987. Questo lo ha reso appetibile per i fan e, cosa più importante, ha permesso di creare una nuova attenzione su di un franchise che aveva perso la sua identità. Ecco, l'identità è proprio il filo conduttore di Prey che ci porta (molto) indietro nel tempo, nel 1719, quando gli altopiano del New Mexico, del Colorado e dell'Oklahoma erano popolati dai Nativi Comanche. Tra loro, la giovane Naru (Amber Midthunder, davvero brava), disposta a tutto pur di difendere la propria famiglia da un alieno spietato.
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La natura protagonista
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Una difesa identitaria contro un invasore esterno, totalmente giocata sulla preda e sul cacciatore, inseriti in una cornice naturale che svolge un ruolo cruciale. Lo stesso approccio applicato dalla sceneggiatura di Jim e John Thomas per la pellicola con Schwarzenegger, che interpretava l'ex maggiore Alan "Dutch" Schaefer, incaricato di salvare un ministro disperso nella giungla amazzonica. Per l'appunto, Predator prima e Prey dopo sono stati concepiti come opere che sfruttano il fattore naturale per esaltarne spettacolarità e svolte narrative. I boschi di Prey, fitti e neri, sono la rivisitazione esatta della giungla labirintica di Predator, nonostante "aiutino" la lotta di Naru, al contrario della selvaggia giungla di Predator: all'interno di essi una caccia senza esclusione di colpi, nel quale i registi giocano con un gruppo di protagonisti diversi eppure, anche in questo caso, più simili di quanto si pensi. In questo senso Prey è un prequel ma, intanto, un vero e proprio viaggio nel tempo cinematografico, quando la spettacolarizzazione era affidata ad una messa in scena analogica e organica. Sono un esempio le scene action: in Prey i toni sono dosati, calcolati al millesimo, e l'azione arriva dirompente ma senza spezzare la messa in scena. La stessa cosa avveniva nel film di John McTiernan, che lasciava spazio ai rapporti umani nella squadriglia capitanata da Dutch.
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Dutch e Naru, tra eredità e novità
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La natura, come detto, è il plus e l'elemento distintivo delle due pellicole, ma un altro elemento di continuità sta in Naru e, per quanto strano, in Dutch. Entrambi guerrieri, entrambi in difficoltà con una società irregolare e complicata. Naru, pur essendo abile e scaltra, non ha lo stesso carisma di suo fratello Taabe, in più non sa ancora gestire le emozioni. Dutch invece è restio ad accettare la missione, fiutando che sotto potrebbe nascondersi altro, e sul campo di battaglia finisce per rompere le regole imposte da una dottrina militare fin troppo asettica ai sentimenti e all'empatia. Film diversi, epoche diverse, armi e tattiche diverse, personalità diverse, fisicità marcatamente diverse, eppure Amber Midthunder è la giusta erede di Arnold Schwarzenegger che, a sua volta, è erede cronologicamente parlando di Naru. Insomma, un incrocio cinematografico ed epocale inaspettato ma decisamente riuscito.
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Il Vietnam e i Coloni Inglesi
Ma la coesione più importante sta nel senso totale delle due opere, abbozzato e suggerito per dare ai film una lettura molto più profonda. I Predator, o se volete gli Yautja, sono esseri tribali dediti alla caccia e alla conquista. Per questo non è un caso che il film del 1987 si può intendere come atto d'accusa verso i conflitti esterni combattuti dagli Stati Uniti. Uno su tutti, la Guerra del Vietnam. I corpi martoriati e scuoiati dei soldati ricordano le atrocità subite dai vietnamiti, e anche il territorio di combattimento, la giungla, è un palese richiamo, così come le armi convenzionali dell'esercito logorate dall'estenuante guerriglia dei Viet Cong, più esperti nel gestire una geografia che diventerà la loro grande alleata. E Prey? Beh, la similitudine con la realtà si fa ancora più stretta e lampante: in questo caso il Predator, pur rispettando Naru come valorosa avversaria, è l'esatta metafora dei Coloni inglesi, che confinarono (spesso con il sangue) i Nativi Americani in ristrette colonie, usurpandoli dei loro territori e, appunto, della loro identità.