Oscar 2025: Anora, Conclave e gli altri contendenti come miglior film

Agli Oscar sarà duello fra Anora e Conclave? Ecco una panoramica dei dieci candidati come miglior film, fra cui Emilia Pérez e The Brutalist, e delle loro effettive chance di vittoria.

Un'immagine di Anora

È un'awards season particolarmente vivace, quella che sta accompagnando curiosi e appassionati ormai da qualche mese, con una competizione che, fino al periodo natalizio, si profilava apertissima, con almeno quattro o cinque contendenti con legittime speranze di poter puntare all'Oscar come miglior film. Poi, nei primi giorni del 2025, di colpo il consenso generale si è concentrato su un titolo specifico, Emilia Pérez: il musical diretto da Jacques Audiard sembrava infatti essersi trasformato nel grande favorito, sull'onda del trionfo ai Golden Globe e della valanga di candidature agli Oscar. Se non fosse che, con altrettanta rapidità, di colpo il vento è cambiato, fra scandali mediatici e premiazioni che hanno puntato invece in tutt'altra direzione.

Oscar Statuette
La statuetta dell'Oscar

Insomma, cosa ci aspetta nella categoria più prestigiosa, quella per il miglior film dell'anno, in questa novantasettesima edizione degli Academy Award? Fra i numerosi candidati, quali possono accontentarsi di festeggiare la nomination e quali, invece, possono ambire davvero a conquistare la statuetta? Di seguito, ecco la nostra analisi della situazione quando manca ormai una settimana alla notte degli Oscar...

Miglior film: dieci titoli ai nastri di partenza

Fernanda Torres
Io sono ancora qui: un primo piano di Fernanda Torres

Come da regolamento a partire dall'edizione del 2022, la categoria per il miglior film è costituita da un totale di dieci pellicole, ma non tutte possono vantare serie chance di vittoria: nella maggior parte dei casi, la nomination è già di per sé il vero traguardo. Un discorso valido per almeno la metà dei candidati di quest'anno, a partire dai seguenti titoli: I ragazzi della Nickel di RaMell Ross e Io sono ancora qui del brasiliano Walter Salles, due solidi drammi di impegno civile comparsi in questa categoria un po' a sorpresa, data la visibilità limitata ricevuta prima di allora nel corso dell'awards season, ma sostenuti in compenso da uno zoccolo duro di estimatori; Dune - Parte due di Denis Villeneuve, kolossal di fantascienza nominato per il resto solo in quattro categorie tecniche; e The Substance di Coralie Fargeat, body horror a tinte grottesche sul mondo dello show business, approdato in prima fila agli Oscar pur afferendo a un genere di solito escluso dai favori dell'Academy.

Oscar 2025: le candidate come miglior attrice, da Demi Moore a Fernanda Torres Oscar 2025: le candidate come miglior attrice, da Demi Moore a Fernanda Torres

Wicked: un musical amatissimo, ma non abbastanza

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Wicked: un primo piano di Cynthia Erivo e Ariana Grande

Ma oltre ai quattro film già citati, ce ne sono almeno un altro paio che nella corsa come miglior film non hanno più alcuna speranza di arrivare primi. Partiamo dal fenomeno commerciale della stagione natalizia, nonché l'altro musical da Oscar del 2024 oltre a Emilia Pérez: Wicked di Jon M. Chu, forte di ben dieci nomination e di oltre settecento milioni di dollari d'incasso. Un titolo popolarissimo negli USA, ma che dovrebbe raccogliere assai meno preferenze fra i membri non statunitensi dell'Academy, come dimostra la sua assenza dalla cinquina come miglior film ai BAFTA Award, e che agli Oscar non ha riportato candidature né per la regia né per la sceneggiatura. Questi dati, uniti alla natura fiabesca e sopra le righe del racconto e alla sua essenza di storia 'incompleta' (la seconda parte uscirà a novembre), ci confermano che Wicked non sia in alcun modo un contendente temibile nella categoria principale.

Wicked, recensione: il potere del grande musical Wicked, recensione: il potere del grande musical

A Complete Unknown: la scommessa di Timothée Chalamet

A Complete Unknown
A Complete Unknown: un'immagine di Elle Fanning e Timothée Chalamet

Altra opera dal taglio musicale, ma di genere ben diverso rispetto a Wicked ed Emilia Pérez, è A Complete Unknown di James Mangold, ricostruzione dell'ascesa di un giovanissimo Bob Dylan. L'apprezzamento per A Complete Unknown è stato piuttosto trasversale: otto nomination agli Oscar, sei nomination ai BAFTA e quattro nomination agli Screen Actors Guild Award, oltre a incassi ragguardevoli in patria (benché si tratti di una frazione delle cifre record di Wicked). Eppure, sulla carta la categoria in cui A Complete Unknown avrebbe avuto maggiori probabilità di conquistare un premio era quella per il miglior attore, dove comunque il pur ottimo Timothée Chalamet è stato surclassato dal favoritissimo Adrien Brody. Insomma, considerando che A Complete Unknown è uscito del tutto a mani vuote dai Golden Globe e dai BAFTA, è pressoché impossibile ipotizzare che agli Oscar possa prevalere come miglior film.

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Emilia Pérez: ascesa (e caduta?) del candidato più controverso dell'anno

Karla Sofia Gascon
Karla Sofía Gascón nel ruolo di Emilia Pérez

Come anticipato, per circa una settimana è parso che Emilia Pérez fosse il trionfatore annunciato degli Oscar 2025, o quantomeno il candidato da battere. Gli ingredienti per un tale successo, in fondo, c'erano tutti: in primis un racconto in grado di far leva sul coinvolgimento del pubblico soprattutto sul piano emotivo, inducendoci a parteggiare per queste outsider impegnate a trasformare le rispettive esistenze e a difendere il proprio spazio in un mondo dominato da regole brutali. Il musical diretto dal regista francese Jacques Audiard poteva contare inoltre sull'appoggio di un colosso dello streaming quale Netflix, che ne detiene i diritti di distribuzione in Nord America e nel Regno Unito, e le tredici nomination agli Oscar avevano dimostrato che le polemiche sul film, relative in particolare alle modalità di rappresentazione della realtà socio-culturale del Messico, non avevano attecchito affatto fra i membri dell'Academy.

Emiliaperez
Emilia Pérez: un'immagine di Karla Sofía Gascón e Zoe Saldaña

Ben più accese e virulenti sono state tuttavia le polemiche che, pochi giorni dopo l'annuncio delle candidature, si sono scatenate all'indirizzo dell'attrice spagnola Karla Sofía Gascón, prima interprete transessuale ad essere arrivata in lizza agli Oscar, grazie alla sua performance nel ruolo del titolo: una donna trans che tenta di obliterare il proprio passato nel narcotraffico. Difficile quantificare con precisione la misura in cui le contestazioni contro la Gascón, nate da una serie di vecchi tweet di stampo razzista dell'attrice, abbiano nociuto alla campagna promozionale di Emilia Pérez; fatto sta che la narrazione mediatica attorno al film è mutata radicalmente, e i premi assegnati nei giorni scorsi dalle guild americane e dalla British Academy hanno sancito il 'sorpasso' da parte di altri candidati.

Il caso Emilia Pérez e la cancel culture nel 2025 Il caso Emilia Pérez e la cancel culture nel 2025

The Brutalist: un grande film troppo grande per l'Academy?

Brody Alwyn
The Brutalist: un'immagine di Adrien Brody e Joe Alwyn

A tal proposito, eccoci dunque a The Brutalist, film lodatissimo da critica e cinefili e che ha condiviso con Emilia Pérez una clamorosa vittoria ai Golden Globe: miglior film drammatico, miglior regista per Brady Corbet e miglior attore per Adrien Brody. Non si tratta degli unici riconoscimenti di rilievo collezionati finora da questo maestoso dramma sul rapporto fra un architetto ungherese immigrato negli Stati Uniti e l'industriale che si offre come suo mecenate: The Brutalist era stato insignito anche del Leone d'Argento per la regia alla Mostra di Venezia e domenica scorsa ha ottenuto quattro BAFTA Award, fra cui miglior regista e miglior attore.

Adrien Brody Felicity Jones The Brutalist
The Brutalist: un'immagine di Adrien Brody e Felicity Jones

Ma al di là del suo innegabile valore artistico, la straordinaria opera di Corbet non può contare su quel tipo di appeal che, un anno fa, era stato il viatico del plebiscito per Oppenheimer. Perché al di là dei giudizi di merito, The Brutalist è un film meno 'immediato' rispetto al capolavoro di Christopher Nolan; un film animato da un'ambizione ammirevole, ma non per tutti i palati. Ne è una riprova il fatto che i giurati degli Screen Actors Guild Award gli abbiano riservato una singola candidatura per il protagonista Adrien Brody. E come accade quasi inevitabilmente con pellicole di tale complessità, l'Oscar per il miglior film resta un premio fuori portata; per quanto, su un totale di dieci nomination, per The Brutalist ci sarà senz'altro più di un'occasione di festeggiare durante la cerimonia.

Il finale di The Brutalist: arte vs capitalismo nel capolavoro di Brady Corbet Il finale di The Brutalist: arte vs capitalismo nel capolavoro di Brady Corbet

Conclave: il thriller di Edward Berger in cerca della fumata bianca

Conclave
Un'immagine di Ralph Fiennes in Conclave

Rispetto al dramma di Brady Corbet, risulta meno denso e affascinante, ma al contrario più diretto e, proprio per questo, più accessibile a una vasta platea Conclave, thriller di ambientazione vaticana diretto dal regista tedesco Edward Berger. Forte di un solido responso a livello internazionale (cento milioni di dollari d'incasso e una decina di milioni di spettatori) e di recensioni unanimemente positive, Conclave si è rivelato capace di raccogliere un consenso trasversale, concretizzatosi in otto nomination agli Oscar, e domenica ha visto le proprie quotazioni rilanciate dalla vittoria di quattro BAFTA Award, incluso il trofeo come miglior film.

Conclave Isabella Rossellini
Conclave: un'immagine di Isabella Rossellini

Considerando le tematiche importanti su cui si consuma la lotta fra i Cardinali al centro dell'opera, molto vicine alla stretta attualità, nonché il ritmo incalzante della narrazione, Conclave si attesta dunque come un concorrente di tutto rispetto: uno di quei titoli niente affatto divisivi e che, per questo, potrebbero mettere d'accordo una cospicua maggioranza. E nel caso in cui stanotte il thriller con Ralph Fiennes dovesse aggiudicarsi il premio per il miglior cast agli Screen Actors Guild Award, facciamo attenzione: potrebbe essere l'indizio di un'imminente "fumata bianca" agli Oscar.

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Anora: dalla Palma d'Oro al palco degli Oscar

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Anora: un'immagine di Mark Eydelshteyn e Mikey Madison

Allo stato dell'arte, però, il grande favorito per l'Oscar come miglior film rimane Anora, la commedia di Sean Baker sulla parabola di una giovane sex worker le cui speranze di amore e di ascesa sociale si infrangono contro un'amara realtà. Applauditissimo dalla critica fin dal Festival di Cannes, dove ha conquistato la Palma d'Oro, Anora era apparso da subito un fortissimo contendente per l'awards season, salvo poi incappare in un paio di "battute d'arresto": l'interesse del pubblico, per quanto notevole (trentotto milioni di dollari), non ha fatto registrare numeri così elevati al box-office, e ai Golden Globe la commedia di Baker ha visto sfumare tutte le sue candidature.

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Anora: gli interpreti del film in una scena

Ciò nonostante la natura di crowdpleaser di Anora, in cui codici e ritmi delle screwball comedy classiche sono rivisitati secondo una sensibilità modernissima, si sta affermando come la sua arma vincente nella stagione dei premi, tanto da averlo portato a ricevere il Producers Guild Award e il Directors Guild Award. Parlando in termini statistici, in trentasei anni si contano ventisei titoli che hanno collezionato entrambi i trofei; e in venti casi, a questa doppietta ha poi fatto seguito anche l'Oscar come miglior film. La commedia interpretata dalla star emergente Mikey Madison sarà il numero 21 della serie o, come accaduto di recente a La La Land e 1917, verrà superata da un altro candidato? Per saperlo con certezza, l'appuntamento è per la notte del 2 marzo.

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