Accolto più che bene dalla critica e dal pubblico, Mission: Impossible - Rogue Nation conferma la validità artistica e commerciale del franchise reinventato da Tom Cruise. Per il quinto episodio, l'attore-produttore ha avuto l'idea - azzeccatissima - di affidare la regia al sodale Christopher McQuarrie, che lo aveva già diretto in Jack Reacher - La prova decisiva.
Nella miglior tradizione della saga, Rogue Nation è perfettamente fruibile senza aver visto i film precedenti, o la serie televisiva Missione impossibile, ma vi sono comunque degli elementi che, se si è fan del franchise o anche solo del genere spionistico in generale, ripagano le visioni multiple. Precisiamo che questa classifica contiene alcuni spoiler.
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1. Nelle puntate precedenti...
Per esplicita volontà di Cruise, tutti i Mission: Impossible sono autoconclusivi, perfettamente godibili come entità separate l'una dall'altra. Eppure in questo quinto capitolo, forse anche per via della prossimità cronologica del ventennale della saga cinematografica (il Mission: Impossible di Brian De Palma uscì nel 1996), vi sono numerosi rimandi, più o meno espliciti, alle missioni precedenti di Ethan Hunt e soci. Quello più evidente è all'inizio, quando vengono menzionate le malefatte di Hunt, reo di essersi prima intrufolato nel quartier generale della CIA per sottrarre la lista degli agenti sotto copertura (nel primo episodio), e poi aver raso al suolo il Cremlino e quasi distrutto San Francisco (in Mission: Impossible - Protocollo Fantasma).
Altrove salta fuori un portachiavi a forma di zampa di lepre, che ammicca all'oggetto misterioso di cui voleva impossessarsi Owen Davian (Philip Seymour Hoffman) in Mission: Impossible III, mentre l'inseguimento in motocicletta non può non ricordare una delle sequenze più riuscite di Mission: Impossible II. Per non parlare poi della minaccia principale di Rogue Nation...
2. Il Sindacato
Ebbene sì, Rogue Nation è il primo capitolo della saga a riprendere esplicitamente un elemento narrativo del film precedente, poiché al termine di Protocollo Fantasma Ethan si allontanava con una nuova missione: indagare su un'organizzazione nota come il Sindacato. Mentre sul grande schermo è l'antitesi dell'IMF, la sua incarnazione originale era molto meno ambiziosa. Il Sindacato è, infatti, anche il nome di un'organizzazione di stampo mafioso che si celava dietro la maggior parte delle minacce legate alle missioni americane del team televisivo. Questo soprattutto nella quinta stagione, dove le missioni ambientate all'estero furono gradualmente ridotte per questioni di budget.
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3. Dalla CIA all'IMF
Non è affatto casuale la scelta di Alec Baldwin per il ruolo di Alan Hunley, direttore della CIA che fa di tutto per smantellare l'IMF (salvo poi ricredersi e divenirne il Segretario). Baldwin è infatti famoso per aver interpretato un altro personaggio legato all'agenzia spionistica americana per eccellenza. Parliamo ovviamente di Jack Ryan, eroe letterario e cinematografico ideato dal compianto Tom Clancy, che nella sua prima apparizione sullo schermo, in Caccia a Ottobre Rosso, aveva le fattezze del futuro protagonista di 30 Rock. Dato che nei libri di Clancy il buon Ryan è arrivato fino al rango di vice-direttore della CIA, prima di diventare presidente degli Stati Uniti, non è difficile immaginare Hunley come una versione leggermente alternativa del primo grande ruolo di Baldwin, il cui percorso ha inevitabilmente finito per incrociare quello di un'altra grande spia, Ethan Hunt.
4. La questione inglese
Un altro veterano dello spionaggio cinematografico è Simon McBurney, che in Rogue Nation interpreta Atlee, capo dell'MI6 (e fondatore del Sindacato). L'abbiamo già visto prima in Nessuna verità di Ridley Scott, dove interpretava un genio dell'informatica assoldato dalla CIA, e poi - soprattutto - ne La talpa di Tomas Alfredson, dove prestava il corpo ad Oliver Lacon, l'uomo che incarica George Smiley (Gary Oldman) di scovare l'agente del Circo al servizio dei sovietici.
Al suo fianco troviamo anche, nei panni del Primo Ministro, il caratterista Tom Hollander, che i più ricorderanno per essere stato Mr. Collins in Orgoglio e pregiudizio o Cutler Beckett in Pirati dei Caraibi. Questi ha già una certa familiarità con la politica inglese, ma in tutt'altro contesto: Hollander ha infatti recitato alla corte di Armando Iannucci - il creatore di Veep - sia nella serie The Thick of It che nello spin-off cinematografico In the Loop. Due personaggi diversi, accomunati dall'essere vittime degli insulti di Malcolm Tucker (Peter Capaldi)...
5. Rottura col passato
Pur essendo fermamente ancorato nella tradizione di Mission: Impossible, con tanto di rimando ai capitoli precedenti, Rogue Nation si concede anche la libertà di ignorare alcune tradizioni consolidate del franchise. Prima fra queste, la sequenza dove Ethan Hunt - o, nel caso del quarto film, William Brandt (Jeremy Renner) - è sospeso a mezz'aria con dei cavi mentre cerca di portare a termine un'operazione delicata. Un'assenza notevole, dato che questo momento di suspense era uno dei marchi di fabbrica della saga. Inoltre, questa è la prima volta che Ethan Hunt - insolitamente dotato di capelli lunghi, tradizionalmente assenti nei capitoli dispari - non appare nella scena finale, affidata interamente a Brandt (ricordiamolo, potenziale erede di Hunt qualora Cruise decidesse di abbandonare il franchise) e Hunley. E per finire, cosa abbastanza inaudita in quasi tutti i film del genere (ma anche i blockbuster in generale, film di supereroi su tutti), il cattivone, tale Solomon Lane (Sean Harris), a differenza dei suoi predecessori, non passa a miglior vita durante lo scontro finale. D'altronde il film inizia con una ramanzina nei confronti dei metodi di Hunt...