Lontani o vicini, severi o affettuosi; eroi senza paura e modelli da seguire: sono i papà, mani grandi e forti braccia sulle cui spalle trovare un porto sicuro per piangere, sfogarsi, o tranquillizzarsi. Distributori di consigli, con i loro sguardi complici e le mani da stringere a ogni difficoltà, con austerità o infinita joie de vivre, i papà segnano indelebilmente il nostro cammino. La loro presenza a volte ingombrante, ci mette a disagio, ci fa vergognare per una battuta mal riuscita, o un elogio detto a voce troppo alta; eppure, quella presenza così troppe volte data per scontata, se viene a mancare ci dilania il cuore in una ferita difficile da rimarginarsi. Sono tanti e tutti diversi i papà; una galleria infinita che il cinema, specchio di un mondo immaginato o reale, ha saputo narrare in svariate sfaccettature. In occasione della festa che li celebra in tutto il mondo, abbiamo selezionato per voi i 20 (+1) migliori film con protagonisti i papà.
1. LADRI DI BICICLETTE (1948)
Nel quartiere di edilizia popolare di Valmelaina c'è un lavoro per l'impiegato Antonio Ricci: attaccare i manifesti sui muri delle case spostandosi con la propria bicicletta. Riscattato il mezzo dal banco dei pegni, Antonio è intento a fissare il primo manifesto quando la bicicletta gli viene rubata. Inizia così un lungo pellegrinaggio per Antonio e il figlio Bruno di otto anni (garzone in un distributore di benzina) alla ricerca della mezzo sottratto. I due si faranno testimoni di una Roma sconosciuta, povera, fatta di pezzenti e miserabili. Dal quartiere appena decoroso di Valmelaina, al mercatino delle bici usate di Piazza Vittorio, al Lungotevere e i suoi corpi di suicidi annegati, fino al ghetto di disperati dove abita il ladro, senza filtri, e con la forza di un cinema povero di mezzi, ma ricco di umanità. Vittorio De Sica scrive con Ladri di biciclette pagine di storia del cinema attraverso la figura di un padre e del suo bambino, in un viaggio mitico alla scoperta di una Roma ancora stremata dalla fine della guerra. Come Dante e Virgilio i due scenderanno nell'ultimo cerchio infernale della metropoli abitata da sofferenza umana, prima di risalire insieme a riveder le stelle.
2. UN BORGHESE PICCOLO PICCOLO (1977)
È un urlo straziante, che fa male ancora oggi quello di Giovanni Vivaldi in Un borghese Piccolo Piccolo. Le lacrime che scorrono come fiumi in piena sul volto dell'uomo (un indimenticabile Alberto Sordi) sono lame taglienti che hanno il sapore della vendetta. Una vendetta privata, indicibile, che il protagonista del dramma di Mario Monicelli otterrà a piccole dose. Facendo ancora male, straziandoci all'infinito, proprio come infinito è il dolore di un padre a cui è stato strappato il figlio.
3. OVER THE TOP (1987)
Incontri e rinascita; riavvicinamenti familiari e rivalsa personale. In Over The Top di Menahem Golan il ritrovamento di un figlio che non vedeva da anni, fa nascere in Lincoln Hawk, umile guidatore di Tir, un istinto paterno soffocato da anni di isolamento e misantropa solitudine. È nella stretta cabina di un camion che padre e figlio ristabiliscono quell'affetto e quella complicità messi in pausa anni prima, una riesumazione dei legami che spingerà l'uomo a iscriversi ai campionati mondiali di braccio di ferro pur di ottenere i soldi necessari per chiedere la custodia del figlio, sottraendo il piccolo dalle grinfie del suocero. Partendo dalla struttura narrativa dei suoi Rocky, Sylvester Stallone (qui nelle vesti di interprete e co-sceneggiatore) imbastisce un melò familiare in cui ancora una volta alle suggestioni sportive si affianca il delicato rapporto padre-figlio.
4. MRS. DOUBTFIRE - MAMMO PER SEMPRE (1993)
I numeri parlano chiaro: i divorzi nel mondo aumentano sempre più e a farne le spese sono troppo spesso i papà, costretti a limitare a poche ore, o giorni, l'abbraccio dei propri figli, gustando appieno ogni secondo da spendere con loro. Quello di Mrs. Doubtfire è un padre neo-divorziato in cerca di un lavoro e allo stesso tempo desideroso di ridare vita a quell'ambiente famigliare a lui sottratto. E così, grazie al talento camaleontico e unico di Robin Williams, l'impacciato Daniel si trasforma in Mrs. Doubtfire. La dolce e anziana governante diventerà una maschera dietro cui nascondersi per poter vedere crescere i propri figli e insegnar loro quei valori che la legge non gli impedisce di condividere nel tempo che vorrebbe. Classico della commedia americana, quella di Chris Columbus è in realtà un'opera dolceamara, capace di celare dietro la potenza di fragorose risate, momenti seri e problematici, vicini sempre più a realtà private in continua espansione.
5. IL RE LEONE (1994)
Nella galleria di traumi infantili, Il re leone occupa sicuramente un posto d'onore. La morte di Mufasa ci lascia ogni volta attoniti, ci spinge a volgere lo sguardo altrove, senza mai incrociare quello di un Simba impaurito e terrorizzato. Ma dietro al sacrificio di Mufasa, re disposto ad abbandonare il proprio trono e il cerchio della vita pur di salvare la vita del proprio cucciolo, si nasconde il gesto affettuoso di un padre che arriva a tutto pur di allontanare le morse della morte (qui simboleggiata dal tirannico Scar, e incarnata dalla fuga degli gnu) dal proprio figlio.
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6. LA VITA E BELLA (1997)
C'era una volta un ragazzo che incontra una ragazza. I due, sullo sfondo della campagna toscana degli anni '30, si innamorano. Dalla loro unione nasce un figlio, Giosuè, ma poco dopo quello che sembrava rivelarsi come il più semplice degli happy-ending, finisce per tramutarsi in un brutto incubo fatto di uomini in divisa nera che urlano frasi in tedesco al centro di posti inimmaginabili in cui vivere chiamati "campi di concentramento". La vita è bella bisogna raccontarla così, come una favola, perché è in questo modo che ci viene presentata a inizio film, ma soprattutto perché è in queste vesti che il protagonista Guido (Roberto Benigni) edulcora l'inferno dei lager dinnanzi agli occhi del figlio Giosuè, trasformando tutto in un gioco a premi. Alla fine l'happy-ending ci sarà, ma a far salire il piccolo Guido sul tanto agognato carro armato non ci sarà il papà Guido. Perché come ogni fiaba che si rispetti, anche La vita è bella ha avuto bisogno di un suo eroe che si sacrificasse per il bene del proprio principe e della sua principessa.
7. I TENENBAUM (2001)
Ricordi I Tenenbaum di Wes Anderson e il tuo primo pensiero non può che rivolgersi a lui, il bizzarro capofamiglia Royal. Il personaggio interpretato da Gene Hackman è il patriarca, l'oggetto dell'odio rancoroso dei propri famigliari e il capro espiatorio da additare come la causa principale della problematica crescita dei piccoli Tenenbaum. Ma Royal sarà anche l'anello di congiunzione di una famiglia ormai disfunzionale, perno attorno al quale tornerà a girare la spirale esistenziale di una moglie austera e di figli e amanti tanto idiosincratici, quanto affascinanti. Royal Tenenbaum non si fa solo capostipite del nucleo domestico immortalato da Anderson nel suo terzo lungometraggio del 2001, ma diventa modello archetipico di tutti i padri che abiteranno i colorati, favoleggianti, universi da lui creati.
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8. ALLA RICERCA DI NEMO (2003)
Apprensivo, forse troppo. Affettuoso, a volte troppo. È un susseguirsi di "troppo" la caratterizzazione di Marlin, il pesce pagliaccio di Alla ricerca di Nemo. Ma quando sei un padre solo, l'unica àncora a cui aggrapparti con tutto te stesso per andare avanti è lo sguardo dolce e curioso del tuo piccolo pesciolino Nemo. L'involontaria fuga del piccolo darà vita a un viaggio dell'eroe a suon di pinne e incontri memorabili (da Dory, compagna infallibile di viaggio, agli squali vegeteriani, fino alle tartatughe carette Scorza e Guizzo) che porterà Marlin a rivedere le proprie priorità di padre e l'esagerazione di certe paure, mentre l'amore per il piccolo Nemo non potrà che crescere più forte di prima.
9. BIG FISH - LE STORIE DI UNA VITA INCREDIBILE (2003)
Distesi sotto le coperte, quante volte abbiamo sentito la voce di mamma, o papà, raccontarci entusiasmanti storie di vite incredibili? William Bloom è cresciuto cullato dalla voce del padre Ed, narratore privilegiato non di semplici fiabe inventate, bensì di flash autobiografici fatti di eventi e incontri straordinari. Perché quella di Ed Bloom (Ewan McGregor nella sua versione giovanile, Albert Finney in quella più adulta) in Big Fish di Tim Burton è essa stessa una vita incredibile. Una volta cresciuto il bambino toglierà quella patina di stupefacente sorpresa, per etichettare le storie del padre come invenzioni generate da una fertile fantasia. Eppure, quando la morte del padre è ormai prossima, molte di queste storie si svestiranno dei loro abiti fantastici per rivelare verità a lungo celate dietro la loro natura fiabesca.
10. LA RICERCA DELLA FELICITÁ (2006)
C'è un omaggio chiaro e lampante al cinema di De Sica e al suo Ladri di biciclette nel film di Gabriele Muccino La ricerca della felicità. Nella (vera) storia di Chris Gardner (qui interpretato da Will Smith) ritroviamo infatti un rapporto simbiotico tra un padre e un figlio, entrambi uniti da una povertà economica ma da un grande senso di umanità. Ma i due non si abbattono e così insieme partono per un continuo peregrinare che li condurrà non certo al ritrovamento di una bicicletta rubata, quanto all'ideale di sogno americano e rivalsa personale. Ed è nell'amore profondo per il figlio che Chris potrà rialzarsi, superare ogni ostacolo, pregiudizio e paura, per agguantare il proprio spicchio di agognata felicità.
11. SOMEWHERE (2010)
È un via vai tra camere di albergo, palcoscenici internazionali ed eventi mondani quelli immortalati da Sofia Coppola in Somewhere. Galleria di ricordi personali, la regista si affida alla propria autobiografia per dar vita alla figura di Johnny Marco (Stephen Dorff), star hollywoodiana di successo ma emotivamente apatico, la cui routine quotidiana viene sconvolta dall'arrivo della figlia undicenne Cleo (Elle Fanning). La convivenza forzata, un viaggio in Italia e la prospettiva di una rivoluzione professionale e personale rimettono in gioco la vita di questo protagonista, non più animale solo e lontano dal branco, ma parte di un qualcosa di più grande, il cui cuore, complice anche la presenza della figlia, ha iniziato nuovamente a battere a ritmo costante.
12. PRISONERS (2013)
La vendetta è un piatto che va servito freddo, ma la sua preparazione ti entra nelle viscere, ti cambia, facendoti perdere il contatto con la tua umana realtà. Quella che nasce come una semplice ricerca delle proprie figlie scomparse, per Keller Dover (Hugh Jackman) e Franklin Birch (Terrence Howard) si fa ora gioco labirintico sulla scia dell'orco, essere mostruoso che ha sottratto dalla loro tranquilla serenità famigliare, le risate e il dolce rumore di due innocenti bambine. Quello mostrato in Prisoners da Denis Villeneuve è il punto estremo di ciò che è capace l'animo di un padre. Perché dinnanzi all'universo fatto di torture, silenzi e omissioni, nessuno è veramente innocente, ma solo fragilmente umano. E così il mostro diventa vittima, e la vittima mostro, in uno gioco di ruoli pilotato con fili densi di angoscia e tensione dal regista canadese.
13. INTERSTELLAR (2014)
"Ciao papà": è questo il saluto più spontaneo e inconscio che possiamo rivolgere al nostro genitore. Quante volte lo abbiamo detto, a volte sovrappensiero, altre con affettuosa preoccupazione? In Interstellar quel "Ciao papà" è un leitmotiv che mantiene il senso del tempo quando il tempo sembra essersi ridotto a pura entità astratta e sfuggente. È un saluto che piano piano sfumerà, mentre la volontà dell'ex astronauta Joseph Cooper (Matthew McConaughey) di tornare a casa presto, così da poter assistere alla crescita dei propri figli, al loro matrimonio, e alle loro battaglie, si dissolve perdendosi tra i sistemi solari e buchi neri. È un puzzle temporale fatto di continue ellissi, Interstellar di Christopher Nolan. I tempi del film seguono un ritmo tutto proprio, facendo di quella compiuta da Cooper una corsa contro il tempo per poter sentire ancora dal vivo, prima che sia troppo tardi, quel semplice saluto: "Ciao papà".
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14. HUNGRY HEARTS (2014)
L'amore, prima per il partner, e poi per il figlio, è una spinta propulsiva che ti spinge a compiere gesti estremi, come evitare l'assunzione di certi cibi al proprio bambino perché te lo dice una veggente, o strappare quella creatura (unione perfetta di un legame che sta svanendo) alla propria madre per il bene di entrambi. Il disagio e il malessere esistenziale sono da sempre una costante nel cinema di Saverio Costanzo; in Hungry Hearts i due temi vengono messi al servizio della delicata questione della genitorialità ai tempi di alimenti OGM. La figura del padre interpretato da Adam Driver si fa dunque uno scudo protettivo per proprio piccolo (denominato semplicemente "the baby", quasi a sottolineare la natura di automa, più che di essere umano da alimentare) capace di isolarlo dagli attacchi ossessivi e autolesionistici della madre (Alba Rohrwacher), straniera e sola in un mondo che non conosce e che non sente come proprio.
15. UN PADRE, UNA FIGLIA (2016)
Quelle narrate al cinema sono spesso storie di padri che si sacrificano in tutti i modi possibili per il bene dei propri figli. È scritto nel loro DNA, e ognuno di loro accetta di buon grado il ruolo affidatogli dal destino. Se sei un papà sai che devi rispondere a un bene più grande del tuo: quello di tuo figlio. Un padre, una figlia ne è un ulteriore esempio. Il film, premiato per la miglior regia al Festival di Cannes nel 2016, è la storia di un padre, Romeo, medico in una piccola città della Transilvania, che cerca in tutti i modi (legali e non) di aiutare la figlia Eliza ad ottenere il diploma con una media superiore al 9, così da poterla mandare a studiare in Inghilterra e garantirle un futuro migliore. Attraverso l'obiettivo cinematografico di Cristian Mungiu, lo spettatore assiste a un ulteriore viaggio compiuto da un padre, questa volta nascosto sotto gli infidi e lenti percorsi compiuti da Romeo al mondo delle clientele, dei favoritismi e della micro-corruzione. Quello che si staglia dinnanzi al protagonista è un domino composto da tanti, fragili tasselli, sorretti insieme non dalla forza delle istituzioni, bensì dagli uomini che ne fanno parte. Un sistema a cui Romeo, per il bene della figlia Eliza, decide suo malgrado di sottostare.
16. CAPTAIN FANTASTIC (2017)
È un uomo fuori dall'ordinario quello immortalato dalla cinepresa di Matt Ross in Captain Fantastic. Lontano dal mondo civilizzato, quello creato da Ben (Viggo Mortensen) nel cuore di una foresta, è un microcosmo a parte, basato su precetti semplici come la sopravvivenza o l'autosostenibilità. Ben istruisce i propri figli personalmente; per lui Natale non esiste, ma esiste il compleanno di Chomsky, ricorrenza degna da ricordare attraverso lo scambio di regali (solitamente armi). Cresciuti in quel mondo creato dal padre, paradiso terrestre in cui loro sono i veri padroni, ai ragazzi questa realtà sembra essere l'unica accettabile. Ma il mondo esterno è lì a due passi, e l'incontro con esso innescherà una lunga riflessione su cosa sia da ritenersi normale e cosa no. Non ci sono buoni o cattivi, eroi o nemici in Captain Fantastic; ci sono solamente esseri umani con idee opposte e divergenti, figlie di paure e sconfitte. Ma nel film di Ross c'è prima di tutto un padre, le cui scelte di vita sono dirette conseguenze del suo vissuto personale e aspirazione a un'esistenza migliore per i propri figli.
17. VI PRESENTO CHRISTOPHER ROBIN (2017)
Vendere spettri intimi della propria vita, sacrificare il dolce meccanismo dell'immaginazione del proprio figlio in nome di un successo imperituro. È quanto accaduto al padre di Christopher Robin, ritrovatosi suo malgrado a essere padre di tutti noi. A.A. Milne (Domhnall Gleeson) è un reduce di guerra che si aggrappa alla fantasia del proprio figlio così da ritrovare un dolce esilio dagli attacchi dei propri incubi bellici. In questa osservazione attenta dei mondi creato dal proprio piccolo, Milne darà vita all'orsetto Winnie The Pooh. Con il biopic Vi presento Christopher Robin il regista Simon Curtis cela aspetti insidiosi e problematici dietro alla sola iniziale leggerezza di un film venduto come opera per famiglie. Quella di Milne alla fine non è la figura di un padre assente, o cattivo, ma quella di un padre che pur amando il proprio figlio, si ancora troppo saldamente ai frutti della sua infantile immaginazione, per poi rimanere soffocato dalle onde del proprio successo.
18. BEAUTIFUL BOY (2018)
Gli occhi di un padre tutto vedono e tutto colgono. Le braccia, ormai stanche, sorreggono con sorprendente facilità quel corpo fragile, di bambino ormai cresciuto, di ragazzo troppo presto smarritosi nel buio della ribelle giovinezza. La droga ha tolto a Nic (Timothée Chalamet) quel sorriso coinvolgente e per David (Steve Carell)inizia il calvario, l'Odissea di un padre che tenta di riportare il figlio tra i confini del proprio porto sicuro. Beautiful Boy di Felix Van Groeningen è una storia d'amore, ma non tra giovani amanti. È la storia di un amore puro e reale, quello che tiene legato un padre al proprio figlio, tra gioie e dolori, successi e dipendenze. Basato sulle vicende del giornalista David Sheff, Beautiful Boy è un manifesto sul sacrificio e la testardaggine di un padre, disposto a tutto pur di rivedere comparire sul volto sano del figlio Nic il sorriso gioviale di una volta.
19. FIRST MAN - IL PRIMO UOMO (2018)
Nel terzo lungometraggio di Damien Chazelle, a dare il via all'ascesa verso il cielo del suo protagonista Neil Armstrong (Ryan Gosling) non è l'aspirazione a conquistare lo spazio, quanto il rinsavire dalle fiamme brucianti del suo inferno personale sula Terra. Perché in First Man tutto si riduce a una questione personale: quella di Armstrong è una lotta combattuta con se stesso, con il ricordo, con la perdita. La morte della piccola Karen è l'apripista di una scia di funerali che si ripetono a intervalli regolari. La perdita della figlia diventa così l'evento funesto che accende il motore della propria aspirazione a esorcizzare la perdita lasciando tra i crateri lunari una parte di sé: quel braccialetto rosso, appartenuto a Karen, esprime dunque la necessità dell'uomo di lasciare andare la propria piccola. Il suo ricordo continuerà a illuminare le stelle del cielo, mentre lui continuerà a vagare sul suolo terrestre.
20. FIGLI (2020)
"I figli ti invecchiano anche perché, quando arrivano al mondo mettono fine, con violenza inaudita, a quella stagione di aperitivi, feste e possibilità che ti sembravano il senso stesso della vita". Iniziava così il monologo di Mattia Torre nato come monologo e poi divenuto testo teatrale. Da quel monologo sarebbe nato un altro piccolo figlio, un film a cui lo stesso Torre ha lavorato anima e corpo prima di lasciarci a luglio del 2019. Sarà poi Giuseppe Bonito a prendere il testimone di Torre portando sugli schermi il sarcastico, poetico e sincero affresco della società moderna di Figli. Diviso per capitoletti, il film racconta la vita tranquilla di Sara (Paola Cortellesi) e Nicola (Valerio Mastandrea) pronta a essere rivoluzionata dalla nascita del secondogenito. Sin dal primo vagito le notti non saranno fatte più per dormire ma per vagare per casa, assonnati e disperati di sonno, mentre le dinamiche familiari apriranno un vaso di pandora fatto di insoddisfazioni personali tenute taciute da tempo. Con semplicità e onesta attenzione ai dettagli, Torre (come vi sottolineamo nella nostra recensione di Figli) dà vita a un'esistenza tragicomica fatta di nonni bizzarri e amici sgangherati, il tutto tenuto in piedi da una riflessione sul significato dell'essere genitori oggi. Ma chi viene maggiormente tratteggiato con straordinaria cura e realismo è sicuramente il personaggio di Nicola, talmente imperfetto e pieno di pregi e difetti da ritrovare in lui le vite di nostri amici, conoscenti, o parenti, ormai logorati - e allo stesso tempo onorati - dall'investitura di "papà".
Bonus: IN VIAGGIO CON PIPPO (1995)
È così goffo e imbranato Pippo, che proprio per questo lo amiamo di più. non è un eroe e non vuole esserlo. È la sarcastica rappresentazione di noi stessi, in tutte le nostre paure e complessi difetti. Ma c'è qualcosa di più nel lungometraggio a lui dedicato In viaggio con Pippo. Il suo essere padre premuroso e distratto fa mettere in imbarazzo tanto il figlio Max quanto lo spettatore a casa. Già perché dietro ogni gaffe, caduta, o abbraccio non richiesto, lo spettatore si sveste dei panni di osservatore passivo per vestire quelli di figlio. Pippo e tutte le sue idiosincrasie diventano tessere di un puzzle rimembrante la figura del padre, quello che abbiamo avuto, voluto, o che molti saranno.