Uno dei temi più frequenti nel genere dei family drama, trattato secondo innumerevoli declinazioni, consiste nella descrizione della fine di una storia d'amore; ben più rare, e per certi versi più complesse, sono invece le pellicole che si concentrano su cosa accade subito dopo la fine di una storia. Un esempio ci viene offerto da Le cose che non ti ho detto, il film sceneggiato e diretto da William Nicholson e tratto dal suo stesso dramma The Retreat from Moscow, in cui Annette Bening e Bill Nighy interpretano Grace ed Edward, due coniugi alle prese con una tormentata separazione dopo quasi trent'anni di matrimonio. La pellicola, così come la pièce teatrale, è basata sull'esperienza autobiografica di Nicholson, il cui punto di vista corrisponde infatti a quello del figlio adulto della coppia, Jamie (Josh O'Connor).
E la prospettiva adottata è non a caso uno degli elementi più interessanti dell'opera di William Nicholson, il quale fa confluire nella vicenda raccontata una serie di ricordi personali e un profondo senso di immedesimazione: "Tendiamo a pensare che un divorzio sia devastante per i bambini piccoli, come se invece per i figli grandi andasse bene. Non è così. Se si è cresciuti e i genitori si separano, si ripensa inevitabilmente alle basi della propria infanzia e si rimettono in discussione". È un aspetto che contribuisce notevolmente alla forza emotiva de Le cose che non ti ho detto, disponibile su varie piattaforme on demand a partire dal 29 maggio; e nel descrivere la dissoluzione di un matrimonio, Nicholson si focalizza in particolare sul ritratto di Grace, donna volitiva e grande appassionata di poesia, che fatica ad accettare l'idea di essere stata lasciata dal suo partner trentennale.
Sorretto dalla splendida interpretazione di Annette Bening, il film (titolo originale: Hope Gap) adotta quindi un tono intimista, interamente focalizzato sugli stati d'animo di questo terzetto di personaggi e sulle difficoltà nel gestire i loro rapporti in seguito a un cambiamento tanto traumatico. Le cose che non ti ho detto si inserisce dunque in quel filone cinematografico che racconta con doloroso realismo la dissoluzione di un matrimonio: cosa accade dopo la fine di un amore? Come si fa a ricostruirsi un'esistenza da single, o a riacquistare entusiasmo e fiducia in se stessi, fra le rovine di un rapporto che non ha funzionato? Domande alle quali i film sui divorzi e separazioni di cui ci accingiamo a parlarvi, disposti in ordine cronologico, hanno provato a fornire una risposta, ciascuno a proprio modo, scrivendo al contempo alcune pagine grandiose di storia del cinema...
1. Scene da un matrimonio (1973)
Un titolo-manifesto, diventato giustamente proverbiale, per una delle opere più celebrate del leggendario regista svedese Ingmar Bergman. Realizzato nel 1973 in patria come una miniserie televisiva, ma distribuito nelle sale a partire dall'anno seguente in una versione ridotta a poco meno di tre ore, Scene da un matrimonio ci consegna la cronaca, vivida e affascinante, del ménage fra Johan (Erland Josephson) e Marianne (Liv Ullmann), nonché della dissoluzione del loro rapporto e dell'inevitabile separazione. A partire dalla metà del film, Bergman porta in primo piano la presa di coscienza di Marianne e la sua emancipazione da Johan mentre stanno finalizzando il proprio divorzio, per arrivare infine a una svolta inaspettata. Considerato una pietra miliare della filmografia bergmaniana, Scene da un matrimonio eserciterà un'enorme influenza su molti autori e film a venire.
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2. Una donna tutta sola (1978)
An Unmarried Woman è il significativo titolo originale di Una donna tutta sola, uno dei maggiori successi nella carriera del regista e sceneggiatore Paul Mazursky. Accolto nel 1978 dall'entusiasmo di critica e pubblico, Una donna tutta sola vede una strepitosa Jill Clayburgh nel ruolo di Erica Benton, ultratrentenne newyorkese la cui tranquilla esistenza borghese va di colpo in pezzi quando il marito Martin (Michael Murphy) le annuncia la decisione di lasciarla per una donna più giovane. Dalla sofferenza per la separazione all'orgoglio ferito, dall'iniziale senso di sgomento al coraggio di rimettersi in gioco (anche in campo sentimentale), Erica sperimenterà con sua sorpresa un inedito senso di libertà, mentre la scrittura di Mazursky, miscelando dramma e ironia, contribuisce a delineare uno dei più memorabili ritratti del cinema americano degli anni Settanta.
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3. Interiors (1978)
Sempre nel 1978 è un altro grande autore newyorkese, Woody Allen, a rappresentare la fine di un matrimonio e le sue drastiche conseguenze, scegliendo al contrario una prospettiva corale, in un film che all'epoca spiazzò completamente il suo pubblico. Interiors, uscito a un anno di distanza dal capolavoro Io e Annie, costituisce infatti il primissimo esempio di opera drammatica di Allen, che si ispira in maniera esplicita a Ingmar Bergman realizzando una pellicola che tuttavia va ben al di là del semplice 'omaggio', ma costituisce una delle innumerevoli gemme del canone alleniano. Il matrimonio finito, in questo caso, è quello fra l'avvocato Arthur (E.G. Marshall) e la decoratrice d'interni Eve (una superba Geraldine Page), sotto gli occhi delle tre figlie ormai adulte della coppia; e mentre Arthur, poco tempo dopo, non esita a presentare alla famiglia la sua nuova compagna Pearl (Maureen Stapleton), Eve precipita in un abisso sempre più profondo.
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4. Kramer contro Kramer (1979)
Il film in assoluto più popolare del 1979 è una pellicola rimasta un caposaldo del proprio genere: Kramer contro Kramer, dramma familiare scritto e diretto da Robert Benton da un romanzo di Avery Corman. Vincitore di cinque premi Oscar (tra cui miglior film, regia e sceneggiatura), Kramer contro Kramer comincia proprio con la scoperta, da parte del protagonista Ted Kramer (Dustin Hoffman), che la moglie Joanna (Meryl Streep) lo sta lasciando, affidando a lui il compito di occuparsi del figlioletto Billy (Justin Henry); Ted, totalmente assorbito dal proprio lavoro, dovrà così ricostruirsi una nuova routine e assumersi appieno le proprie responsabilità di padre. Narrato dalla prospettiva del protagonista maschile e destinato a culminare in una furiosa battaglia giudiziaria, Kramer contro Kramer deve la propria fama anche alle magnifiche performance di Dustin Hoffman e Meryl Streep, entrambi premiati agli Oscar.
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5. Una separazione (2011)
Il desiderio di lasciare un paese, l'Iran, che non garantisce una piena libertà ai propri cittadini; una richiesta di divorzio respinta dalle autorità competenti; un rapporto che si disintegra in breve tempo, portando i coniugi Nader (Peyman Moaadi) e Simin (Leila Hatami) a vivere in due case separate. L'improvvisa fine di un matrimonio (effettiva, benché non in termini legali) è il punto di partenza di Una separazione, assoluto caposaldo della Nouvelle Vague del cinema iraniano e opera che ha rivelato al mondo il talento del regista e sceneggiatore Asghar Farhadi, ricompensato con l'Orso d'Oro al Festival di Berlino 2011 e con l'Oscar per il miglior film straniero. La separazione del titolo, in questo caso, è il motore di un complesso meccanismo di casualità, di scelte e di conseguenze che costringeranno tutti i personaggi in gioco a confrontarsi con il proprio senso morale.
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6. Dopo l'amore (2016)
L'"economia di coppia" è il titolo originale, dall'indovinata polisemia, del dramma familiare di Joachim LaFosse del 2016, distribuito in Italia come Dopo l'amore. Un'altra coppia ormai agli sgoccioli, quella formata da Marie (Bérénice Bejo) e Boris Marker (Cédric Kahn), ma per la quale la separazione non può realizzarsi a tutti gli effetti: per motivi economici, infatti, Marie e Boris devono continuare a convivere nella stessa abitazione insieme alle loro due figlie gemelle, testimoni (e vittime) di un rapporto sempre più avvelenato e rabbioso. L'estremo naturalismo adottato da Lafosse e le intense prove dei due protagonisti sono gli strumenti con cui il film mette in scena, con sofferta sincerità, l'ultimo atto di un matrimonio senza più ragione di restare in vita.
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7. Storia di un matrimonio (2019)
Nel 2005, in uno dei suoi film più acclamati, Il calamaro e la balena, il regista Noah Baumbach aveva narrato lo scioglimento di una coppia vissuto dalla prospettiva del figlio adolescente, basandosi sullo spunto autobiografico del divorzio dei propri genitori. Nel suo capolavoro del 2019, Storia di un matrimonio, Baumbach ha raccontato invece un'altra separazione, ispirata stavolta alla fine del proprio matrimonio: quella fra Charlie (Adam Driver) e Nicole Barber (Scarlett Johansson), che si contenderanno a colpi di avvocati la custodia del figlio Henry (Azhy Robertson). Fra passato e presente, da New York a Los Angeles, Storia di un matrimonio esplora le dinamiche della fine di un amore con una profondità in cui trovano spazio dramma e commedia, divertimento e commozione; e il risultato è uno dei migliori film dell'intero decennio, scritto con una fluidità che ha del miracoloso e impreziosito dalle stupende performance di Adam Driver e Scarlett Johansson.
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