Mad Men: L’idea improbabile che trasformò la televisione americana

Mentre l'acclamata serie che ha fatto la fortuna di Matthew Weiner e Jon Hamm chiude i battenti, noi facciamo un passo indietro per ricordare la nascita travagliata di uno dei programmi più belli della televisione americana.

Ciò che un giorno sarebbe divenuto Mad Men vide la luce nel 1999. All'epoca, Matthew Weiner faceva parte dello staff di Becker, sitcom incentrata su un medico misantropo (Ted Danson), e scrisse la prima stesura del pilot delle vicende di Don Draper sotto forma di spec script (cioè senza che la sceneggiatura gli fosse stata commissionata). Nel 2002 mandò il copione a David Chase, creatore de I Soprano, il quale lo assunse come sceneggiatore e produttore per la quinta stagione (e successivamente anche per l'ultima) della serie gangster griffata HBO. Mentre l'odissea di Tony Soprano si avviava verso il tramonto, Weiner cercò di convincere la HBO a produrre Mad Men. Il gigante del premium cable rifiutò, nonostante la raccomandazione dello stesso Chase, e Weiner ebbe la medesima reazione da parte di Showtime. Solo cinque anni prima, ciò avrebbe comportato la morte definitiva del progetto (dato che FX, l'unica vera alternativa ai due colossi cable, aveva allora una programmazione più "di genere", incompatibile con i contenuti di Mad Men). Nel 2006, invece, la salvezza era dietro l'angolo...

AMC, al suo servizio

Inaugurato nel 1984, per anni il canale American Movie Classics, come suggerisce il nome, era dedito esclusivamente alla messa in onda di classici del cinema americano, per l'esattezza pellicole uscite prima degli anni Cinquanta. A partire dal 2003 ci fu la reinvenzione, con un palinsesto più variegato e un cambio di nome (da allora il network si chiama semplicemente AMC). In cerca di programmi originali capaci di competere con i prodotti di HBO e compagnia bella, i dirigenti del canale, che avevano già tentato di acquistare i diritti del romanzo Revolutionary Road di Richard Yates (da cui è poi stato tratto il film di Sam Mendes con Leonardo DiCaprio e Kate Winslet), si imbatterono nel copione di Mad Men. Fu amore a prima vista. O quasi...

Bryan Batt, Jon Hamm, Sunny Mabrey, Annie Little e Joel Lambert in una scena dell'episodio Out of Town di Mad Men
Bryan Batt, Jon Hamm, Sunny Mabrey, Annie Little e Joel Lambert in una scena dell'episodio Out of Town di Mad Men

Come gli altri a cui Weiner aveva spedito la sceneggiatura, anche la AMC aveva dei dubbi sull'appeal commerciale della serie, per via dell'ambientazione (un'agenzia pubblicitaria a New York negli anni Sessanta), della mancanza di personaggi propriamente positivi e dell'onnipresenza del fumo di sigaretta (un aspetto sul quale Weiner è rimasto implacabile, poiché il tabagismo dilagante rappresenta fedelmente la mentalità dell'epoca). Alla fine prevalse un pensiero più orientato verso il prestigio: secondo il presidente di AMC, Mad Men sarebbe stato il primo programma di un canale basic cable (ossia un canale che fa parte di un pacchetto prestabilito di reti via cavo, senza bisogno di un abbonamento a parte) a vincere l'Emmy come miglior serie drammatica. E così fu, per quattro anni consecutivi.

Il mio nome è Hamm, Jon Hamm

Altro contenzioso fra network e creatore, una volta approvata la serie: la scelta del cast. Sebbene la HBO avesse già dimostrato di poter avere successo con un cast inusuale (lo stesso James Gandolfini, alias Tony Soprano, definì affettuosamente i propri colleghi "un branco di ciccioni del New Jersey"), la AMC si dimostrò apprensiva all'idea di affidare la sua prima serie originale ad un attore praticamente sconosciuto. Mentre gli altri attori avevano dei credits abbastanza notevoli (Elizabeth Moss, scelta per il ruolo di Peggy Olson, era reduce da West Wing, dove interpretava la figlia più giovane del presidente Bartlet), Jon Hamm, fortemente voluto da Weiner per la parte di Don Draper (anche se inizialmente persino il creatore della serie esitò, ritenendo Hamm "troppo bello"), poteva vantare al massimo delle particine in film e serie finiti per lo più nel dimenticatoio. Col senno di poi, è impossibile immaginare chiunque altro - si fece il nome di Rob Lowe - nei panni di Draper, il cui passato tormentato lo rende l'ennesimo esempio eccelso di ciò che lo scrittore Brett Martin considera l'archetipo del nuovo protagonista maschile in TV: l'uomo "difficile" (definizione che calza a pennello anche per Weiner, noto per i suoi metodi non sempre piacevoli durante la lavorazione).

Mad Men: Jon Hamm nell'episodio The Better Half
Mad Men: Jon Hamm nell'episodio The Better Half

Il passato per raccontare il presente

Melinda McGraw e Jon Hamm nell'episodio The Benefactor di Mad Men
Melinda McGraw e Jon Hamm nell'episodio The Benefactor di Mad Men

E così ebbe finalmente inizio l'avventura di Mad Men, che a partire dalla messa in onda del suo primo episodio, il 19 luglio 2007 negli Stati Uniti, ha saputo conquistare critica e pubblico ovunque nel mondo. E proprio per i motivi che avevano fatto tremare i potenziali acquirenti: pur essendo situata in un decennio che per molti spettatori sarà lontano anni luce (la storia comincia nel marzo del 1960 e si conclude nel 1970), la serie racconta storie umane nelle quali tutti noi ci possiamo identificare, che si tratti di frustrazioni lavorative, problemi coniugali, difficoltà legate al coming out o disparità fra i sessi. Certo, cinquant'anni fa si stava peggio, ma le differenze fra ieri e oggi non sono poi così marcate. E quei personaggi non proprio positivi? Un'altra preoccupazione inutile, dato che Don Draper, come già detto, fa parte di un gruppo nutrito ed amato di protagonisti affascinanti proprio perché tormentati e non strettamente "buoni": Tony Soprano, Vic Mackey (The Shield), Seth Bullock e Al Swearengen (Deadwood), Jackson Teller (Sons of Anarchy), Tommy Gavin (Rescue Me), eccetera.

Ed è grazie al successo di Mad Men che la AMC si è potuta imporre con altri programmi, generalmente altrettanto apprezzati, sempre con al centro un protagonista "difficile": il Walter White di Breaking Bad, il Rick Grimes di The Walking Dead, il Saul Goodman di Better Call Saul. Fino a ciò che promette di essere una vera fonte di controversie: Preacher, adattamento di un fumetto della Vertigo il cui protagonista, Jesse Custer (Dominic Cooper), è un prete che, dopo essere stato posseduto dal figlio di un angelo e di un demone, parte alla ricerca di Dio, reo di aver abbandonato tutto e tutti. Un progetto forte e rischioso (almeno sulla carta), che non sarebbe stato possibile senza l'avvento di Mad Men.

Addio, Madison Avenue

Dopo nove anni e sette stagioni (l'ultima è stata divisa in due, come da consuetudine, mentre fra la quarta e la quinta ci fu un'interruzione di quasi due anni per questioni contrattuali), Mad Men giunge al capolinea. Come già per I Soprano e Lost, altri due programmi considerati rivoluzionari, il finale creerà dibattiti e controversie, segno del marchio che la creatura di Weiner ha lasciato nell'immaginario collettivo. Come sarà il panorama televisivo senza lo staff di Sterling Cooper? La stessa AMC, ora orfana di due dei suoi programmi di punta, sta già cercando di colmare il vuoto con un'altra serie ambientata nel passato (ma questa volta più recente), Halt and Catch Fire (la cui seconda stagione inizierà il 31 maggio), ma sarà difficile, per non dire impossibile, replicare il fenomeno di Mad Men. Certo, ci saranno sempre nuovi racconti incentrati sulla fragilità umana e nuovi protagonisti "difficili", ma come già accaduto con Tony Soprano, c'è un solo Don Draper. E qualunque cosa gli accada, continueremo ad immaginarlo così come l'abbiamo incontrato per la prima volta: elegante, con un drink in una mano e una sigaretta nell'altra, mentre spiega al cliente perché Sterling Cooper è la scelta giusta per promuovere il suo marchio.

Jon Hamm nell'episodio A Little Kiss - Part 1 della quinta stagione di Mad Men
Jon Hamm nell'episodio A Little Kiss - Part 1 della quinta stagione di Mad Men