Una delle coppie artisticamente più preziose del cinema americano contemporaneo, quella formata dal regista Todd Haynes e da Julianne Moore, torna a unirsi grazie a La stanza delle meraviglie. In questa storia favolosa tratta dal romanzo di Brian Selznick - lo stesso scrittore da cui Martin Scorsese ha tratto Hugo Cabret - l'attrice interpreta ben due ruoli, quelli di donne vissute a New York in diverse.
Con la sua poliedricità la Moore è riuscita a dipingere due figure piene e ben distinte, una sfida che l'attrice ha accettato sapendo di poter contare sulla collaborazione del "suo" regista. Haynes in passato ha infatti regalato all'attrice due ruoli che hanno lasciato il segno: prima la Carol White di Safe, donna affetta da un male che non riesce a decifrare. Poi la dolorosa Cathy Whitaker di Lontano dal paradiso, melodramma folgorante che omaggia Douglas Sirk e gli anni '50. Ma la carriera di Julianne Moore è stracolma di sfide vinte con pieno merito: lanciata da registi indimenticabili come Robert Altman (America Oggi) e Louis Malle (Vanya sulla 42ª strada), l'attrice si è velocemente imposta come una delle grandi interpreti del cinema americano.
Basta pensare che altri registi del calibro di Steven Spielberg, Paul Thomas Anderson, i fratelli Coen, Gus Van Sant e David Cronenberg l'hanno scelta per i loro film. E anche i premi sono iniziati a fioccare: candidata per cinque volte all'Oscar, Julianne Moore è riuscita finalmente a vincerlo grazie al dramma Still Alice, in cui interpreta una donna la cui memoria viene progressivamente rovinata dall'Alzheimer. Ma anche in Europa la Moore è amatissima, tanto da essere una delle pochissime nella storia del cinema ad aver vinto il premio come miglior attrice a Cannes (Maps to the Stars), Venezia (Lontano dal paradiso) e Berlino (The Hours). Insomma, se ce ne fosse ancora bisogno, La stanza delle meraviglie arriva al cinema a confermare il talento smisurato di Julianne Moore, anche quando deve tratteggiare personaggi di supporto come in questa ultima fatica di Haynes.