Se avete già visto e amato il nuovo film di Damien Chazelle saprete benissimo che La La Land non è un musical come tanti altri ed è certamente molto più che un semplice omaggio ad un genere che ha fatto grande la Hollywood dei tempi d'oro, ma che ormai è quasi a rischio estinzione. La La Land è prima di tutto una bellissima, sincera e niente affatto banale storia d'amore, e un'esplorazione affascinante e struggente di quelli che sono i sacrifici che devono compiere i "sognatori", coloro che ogni giorno rendono migliore il nostro mondo con il loro talento e la loro arte. Proprio la celebrazione di questi "folli" è lo scopo ultimo del giovane e talentuoso regista e l'elemento più autobiografico del film, in cui si può ovviamente rispecchiare anche tutto il suo cast, ma in fondo anche una buona fetta della popolazione di Hollywood/Los Angeles, coloro che realmente vivono nella "La La Land" del titolo: più che un'area geografica, uno stato mentale costantemente proteso verso le ambizioni, i sogni e le fantasie.
Il musical, in questo senso, è il genere cinematografico perfetto per raccontare gli artisti: perché grazie alla sua commistione di danza, canto, recitazione e spesso anche comicità o dramma può rappresentare al meglio le molteplici sfaccettature della settima arte, ma al tempo stesso attraverso una semplice sequenza può esprimere al meglio concetti ed emozioni incredibilmente complessi. Perché saranno anche folli, sciocchi, illusi, ma registi, attori, musicisti e ballerini sono coloro che a volte sanno dare vita ad autentiche magie e meraviglie. Sono coloro che ci fanno godere la vita e, nel nostro caso specifico, amare il cinema più di ogni altra cosa, proprio com'è riuscito a fare Chazelle fin dalla prima straordinaria sequenza di questo film.
È per questo che abbiamo deciso di analizzare i numeri musicali di La La Land, mostrarne alcuni segreti, raccontarvi le dichiarazioni e le intenzioni di coloro che ci hanno lavorato. Insomma, svelare un po' di quella magia senza per questo intaccarla; perché tanto, l'avrete capito, il fascino di questo film cresce col tempo, di visione in visione, dettaglio dopo dettaglio.
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Tra classico e moderno
Merito soprattutto della volontà del regista di unire la fantasia al realismo, nella scelta di non staccare i numeri musicali dal resto del film ma di tentare il più possibile una transizione non brusca tra la recitazione drammatica e il canto/ballo. Tutto questo è evidente innanzitutto nello stile adottato per le riprese, con la scelta di girare quasi sempre in suggestive location losangeline e con l'insistito uso dei long take, ma anche nell'interpretazione dei due protagonisti, molto più votata alla recitazione che al canto/ballo, al punto da risultare molto spesso tutt'altro che perfetta nella parte musical.
Si tratta, ovviamente, di una scelta voluta che rende i protagonisti del film più autentici e, per quanto possibile, tutta la magia dei numeri musicali più facile da accettare anche da chi certe "interruzioni" musicali proprio non le digerisce. Perché anche quando parte la musica e anche quando i numeri non richiedono il canto live, in presa diretta,Emma Stone e Ryan Gosling non smettono nemmeno per un momento di recitare, non lasciano mai i loro personaggi imperfetti e problematici. La scelta quindi dei lunghi e continui piani sequenza - caratteristica che tra l'altro negli ultimi anni ha spesso accompagnato i film da Oscar - è assolutamente essenziale per ottenere questo risultato e per far sì che La La Land sia un musical realmente al passo con i tempi e con il cinema contemporaneo, nonostante i continui riferimenti al passato. Ma ora vediamo insieme e più approfonditamente, numero dopo numero, alcune (ma non tutte!) delle meraviglie di La La Land.
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Another Day of Sun: sognare ad occhi aperti... in mezzo al traffico!
Attenzione, seguono spoiler sul film!
Vi siete mai chiesti come devono sentirsi coloro che tentano la fortuna e si trasferiscono a Los Angeles, la città dei sogni, con la speranza di veder riconosciuto il proprio talento artistico? Chazelle, che prima l'ha immaginata tante volte e poi vissuta sulla propria pelle, la vede come una città fatta di possibilità ma anche di tanti ostacoli e dubbi, come fosse una lunga e spaziosa autostrada che può portarti lontano, ovunque tu voglia, ma che spesso ti costringe a fermarti con enorme frustrazione. Per fortuna i sogni e la musica ci sono sempre ed anche una sosta forzata si può trasformare in qualcosa di magico, seppur di breve durata. Terminata la canzone infatti si torna immediatamente e bruscamente, senza stacchi, alla realtà: la musica si interrompe, ritornano i fastidiosi clacson e quel travolgente e sgargiante vortice danzante deve lasciare spazio ad una lunghissima coda autostradale in cui tutti, perfino i nostri protagonisti, sono in perenne attesa di una svolta, di un incontro che possa cambiare la loro vita. E l'incontro in realtà avviene, ma la frustrazione ha la meglio e nessuno dei due, per il momento, se ne accorge. Non si tratta ancora del giorno che cambierà la loro vita, per il momento è solo un altro giorno sotto il sole. Ma il numero musicale, il testo della canzone e il suo significato, saranno in realtà sintomatici di tutto quello che il film approfondirà in seguito.
Della indiscutibile bellezza dell'incipit del film e della sua coraggiosa realizzazione abbiamo parlato in abbondanza in un altro articolo e quindi non ci ripeteremo, ma è bene notare che - nonostante la dichiarata volontà di fare qualcosa di così ambizioso e, se vogliamo, anche rivoluzionario - l'ispirazione di Chazelle e della coreografa Mandy Moore provenga comunque dai grandi musical del passato. Per quanto riguarda lo stile per esempio un chiaro riferimento è Sette spose per sette fratelli con le sue meraviglie acrobatiche in Cinemascope, così come due film di Jacques Demy, Les Parapluies de Cherbourg (citato più volte in tutto il film, anche in maniera diretta, ma presente soprattutto per l'utilizzo dei colori e per la stessa atmosfera malinconica) e soprattutto Josephine (Les Demoiselles de Rochefort), la cui scena iniziale è evidentemente richiamata da Chazelle: non una rampa autostradale ma una chiatta mobile, ma comunque con extra che scendono da furgoni e iniziano a ballare; anche qui quotidianità e magia, realtà e fantasia si uniscono. Non è certo un caso che Chazelle parli di questo film come uno dei più importanti della sua vita. Interessante poi notare come il cinema francese, anche se non musical in questo caso, sia stato fonte d'ispirazione con Jean-Luc Godard e la sua celebre e lunghissima carrellata nel traffico del suo Week-end. Insomma le ambizioni e i riferimenti sono altissimi ma, visto il risultato, questo non può che fare ancora più onore a Chazelle.
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Someone in the Crowd: un tuffo in piscina insieme alle amiche
Una volta terminato il travolgente incipit facciamo la conoscenza del personaggio di Emma Stone e delle sue frustrazioni da aspirante attrice. Tornata a casa sfiduciata dopo un provino andato malissimo, la povera Mia viene letteralmente trascinata dalle amiche ad un party hollywoodiano con la promessa e speranza che, almeno lì, potrà esserci qualcuno tra la folla che si accorgerà di lei e del suo talento. Ma anche la festa si rivela una delusione e Mia comincia a chiedersi se questo mondo in cui tutti sembrano essere felici le appartenga davvero. E se troverà mai qualcuno che possa realmente aiutarla, magari a capire se stessa.
Malinconica ed introspettiva nella sezione centrale, la canzone scritta da Justin Hurwitz (autore di tutta la colonna sonora) è forse la più eccitante e travolgente di tutto il film ed il relativo numero musicale, sebbene diviso in due parti, ha esattamente la stessa funzione. Pur cominciando all'interno di un appartamento, la macchina da presa non è mai ferma e, sempre senza stacchi, segue le quattro ragazze attraverso porte e corridoi nella loro preparazione e nell'apparentemente inutile tentativo di convincere a uscire Mia, che poi le raggiunge poco dopo ballando con altrettanto entusiasmo. Ancora una volta, nonostante la sensazione di modernità e freschezza, non mancano riferimenti classici: sia I Feel Pretty da West Side Story che There's Gotta Be Something Better Than This da Sweet Charity sono citate in modo evidente. E forse possiamo aggiungerci anche un pizzico di Grease, d'altronde tra le amiche di Mia ce ne è una che mangia e beve in continuazione, proprio come la pink lady Jan.
Per la seconda parte del numero cambiano completamente i riferimenti: le tante insegne non possono che far pensare alla prima parte di Broadway Melody Ballet di Cantando sotto la pioggia, e alcune coreografie della festa - per esempio anche Mia che inizialmente passeggia in mezzo ad altri ballerini quasi immobili - richiamano ancora il film di Bob Fosse Sweet Charity e il numero The Rich Man's Frug. La spettacolare danza dentro e fuori la piscina ovviamente omaggia gli elaborati numeri musicali e acquatici che hanno reso celebre Busby Berkeley, ma da un punto di vista tecnico anche due celebri piani sequenza con tuffo che hanno fatto la storia del cinema come quello di Soy Cuba di Mikheil Kalatozishvili del 1964 o l'omaggio di Paul Thomas Anderson con Boogie Nights oltre quarant'anni dopo. Ancora una volta modi opposti di fare e intendere il cinema che nel film di Chazelle si fondono in modo assolutamente naturale, creando un qualcosa di assolutamente nuovo e coerente con quello che sta raccontando.
A Lovely Night: innamorarsi a ritmo di tip tap
Dopo un divertentissimo e inaspettato nuovo incontro ad un'altra festa, la coppia formata da Mia e Sebastian diventa finalmente il cuore del film con questo bellissimo numero che ricorda ancora una volta dei classici del genere. Non solo per i passi di danza, ma anche per la nascita del rapporto tra i due che ha il via con antipatie e dispetti come già in Cantando sotto la pioggia (la Kathy di Debbie Reynolds si definisce un'attrice seria proprio come Sebastian dice di essere un musicista serio, ed entrambi vengono presi in giro dai rispettivi compagni) o proclamando l'impossibilità di qualsiasi romanticismo come nel celebre numero su pattini a rotelle di Fred Astaire e Ginger Rogers Let's Call The Whole Thing Off da Voglio danzare con te.
D'altronde Astaire e Gene Kelly, due dei più grandi ballerini e coreografi della storia del cinema, sono presenti in ogni singolo istante di questa splendida scena a partire dai passi di ballo, il salto sopra la panchina così come l'accenno di piroetta intorno al lampione. Ma ancora una volta quello che colpisce è la modernità che Chazelle riesce a conferire ad una sequenza sulla carta così classicheggiante, visto che tutti gli elementi tipici del vecchio musical vengono aggiornati. Poteva per esempio mancare lo splendido tramonto sullo sfondo dei due innamorati? Ovviamente no, solo che questa volta non siamo in studio, ma anzi tutta la sequenza è stata girata al Griffith Park (dove c'è anche l'Osservatorio che tornerà più avanti nel film) durante la cosiddetta ora d'oro (o magic hour se preferite), il che rende il tutto molto più complicato se si pensa che così c'era a disposizione non più di mezz'ora per girare un unico piano sequenza di oltre 6 minuti in cui i due interpreti recitano, cantano (ma in questo caso in playback) e ballano con la camera che si avvicina e si allontana a seconda delle necessità ma senza mai abbandonarli nemmeno per un attimo.
Il tip tap poi, Fred & Ginger insegnano, è da sempre il ballo simbolo del musical hollywoodiano ma è giusto notare come né Emma né Ryan - pur cavandosela in un tipo di ballo che sembra facile ma non lo è affatto - siano minimamente all'altezza, per eleganza e precisione, non solo della coppia di ballerini per eccellenza (chi potrebbe mai?) ma anche di "semplici" ballerini professionisti. E lo stesso, lo vedremo meglio dopo, vale anche per il canto. Perché mai, quindi, fare un musical con due star che non danno il loro meglio in questi due talenti essenziali per un musical? Semplicemente perché Sebastian e Mia non sono di fatto né ballerini né cantanti e il loro mettersi spontaneamente a ballare/cantare rappresenta il loro stato d'animo ma nella stessa maniera in cui, idealmente, potrebbe accadere a noi spettatori. Nel musical di Chazelle si tratta di un aspetto fondamentale perché, proprio come le lunghe riprese senza stacchi, permette di rendere più naturale e realistico qualcosa che solitamente è considerato onirico o magico. E infatti il loro inevitabile innamorarsi è quanto di più sincero e vero ci è mai capitato di vedere in un film del genere.
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Herman's Habit: alla scoperta del jazz
A questo proposito è molto significativa la loro prima uscita insieme perché, nonostante non si tratti di un numero musicale, introduce il jazz come elemento essenziale del film ma anche del loro rapporto. E lo fa attraverso un ottimo Ryan Gosling che riesce a rendere al meglio il conflitto di un innamorato che da una parte si sente costretto a trattenersi e ad essere meno spontaneo, ma dall'altra evidentemente sta soffrendo davanti ai commenti della sua compagna. L'invito ad osservare ancora più che ascoltare i musicisti che suonano è un invito anche a tutti gli spettatori: come nei migliori musical, per quanto la colonna sonora possa essere fantastica, non si può mai prescindere dalla visione del film. Un musical cinematografico non è mai un disco che si può ascoltare a casa, ma va vissuto insieme ai protagonisti.
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Planetarium: danzando tra le stelle
Arriviamo alla scena che decreta ufficialmente l'inizio della storia d'amore tra Mia e Sebastian con il primo, tanto agognato bacio. Prima che avvenga però Chazelle ci guida all'interno dell'Osservatorio Griffin - con la macchina da presa che comincia a volteggiare ancor prima dei protagonisti - e poi direttamente tra le stelle con una danza onirica che ricorda un po' il Moulin Rouge di Baz Luhrmann ma anche il finale de La bella addormentata nel bosco della Disney con Aurora e il principe Filippo che danzano tra le nuvole.
In questa scena Chazelle rinuncia ad ogni pretesa di realismo e, simbolicamente, proietta i suoi protagonisti in un mondo fiabesco. Ed è proprio questo stacco da quello che era stato lo stile del film fino ad ora che ci racconta al meglio le sensazioni e le emozioni dei protagonisti e proietta anche noi in una dimensione romantica, questa sì veramente da musical classico. Proprio per questo non si tratta forse della scena più ispirata o riuscita del film, ma è comunque funzionale alla storia soprattutto per il contrasto che crea con quanto visto prima e quanto accadrà dopo.
Se, nonostante tutto, anche questo passaggio funziona è perché lo script e soprattutto le interpretazioni dei due protagonisti sono riusciti a rendere talmente vera e credibile la loro storia d'amore che siamo disposti proprio come loro anche a spiccare il volo. Chazelle ci sta praticamente spiegando il concetto alla base di ogni musical, ma lo sta facendo passo dopo passo, senza chiedere atti di fede e di lealtà verso un cinema che quasi non esiste più, ma ci sta lentamente guidando con premura ed amore.
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Summer Montage / Madeline: l'estate dell'amore
Arriva l'estate, l'amore è nell'aria e il film si fa più allegro e divertente che mai. Lo stile di Chazelle ancora una volta cambia e si adatta, e questa volta la musica jazz di Justin Hurwitz accompagna un romantico montaggio che sembra venir fuori quasi da un film Woody Allen, anche se, ovviamente, ha Los Angeles come sfondo e non New York. Vediamo anche come Mia ormai sia diventata un'amante del jazz e come con il suo ballo scatenato e la sua carica di simpatia accompagni Sebastian nella sua passione. Mai come in queste scene si nota l'incredibile chimica tra i due interpreti che, ricordiamolo, avevano già lavorato insieme in Crazy, Stupid, Love e Gangster Squad: proprio questo aspetto aveva convinto Chazelle a coinvolgerli come interpreti (all'inizio la coppia doveva essere interpretata da Miles Teller ed Emma Watson), visto che il loro affiatamento davvero ricorda quello delle storiche coppie hollywoodiane.
City of Stars: un duetto romantico e struggente
Una magnifica sinergia che raggiunge il suo apice nella canzone simbolo di La La Land e che avevamo già parzialmente ascoltato, fischiettata, da Ryan Gosling nella scena del molo. Al canto sommesso di lui si aggiunge dopo qualche secondo la Stone - bravissima a rendere anche la sorpresa del partner che inizia a cantare e a rendere così perfetta la transizione - e la loro performance (che forse verrà premiata con l'Oscar anche per la miglior canzone) è splendida nella sua imperfezione di un canto live autentico ed emozionato, ancora una volta sublimato da un'unica splendida ripresa senza stacchi. Se davvero nella vita riuscissimo a cantare all'unisono con i nostri amati in perfetta sintonia, andrebbe davvero così.
Start a Fire: quel che resta del jazz
Se c'è un difetto che viene spesso imputato al film di Chazelle è in questa parte centrale in cui Sebastian comincia una sua nuova carriera insieme al gruppo guidato da Keith, il personaggio interpretato da John Legend, il musicista americano premio Oscar per la canzone di Selma - La strada per la libertà che qui si improvvisa chitarrista dovendo lasciare il "suo" pianoforte a Gosling. Lo stile da videoclip poco si adatta in effetti al resto del film, ma al tempo stesso crea nello spettatore lo stesso effetto straniante che vive Mia nel rendersi conto, troppo tardi, del prezzo e del sacrificio che l'amato sta pagando per far sì che il suo sogno si realizzi. O, ancora peggio, che Sebastian ha rinunciato completamente a sognare.
Audition: dedicato ai folli sognatori
Nel rendersi conto di tutto questo anche Mia, forse inconsapevolmente, si arrende. Sarà proprio Sebastian a darle la forza per un ultimo disperato tentativo ed è qui che La La Land raggiunge forse il suo apice con un numero musicale atipico che però è un vero e proprio show stopper: chiamata a raccontare una sua esperienza personale, Mia parla della zia attrice che l'ha ispirata e poco alla volta quella capacità di credere e di sognare ritorna attraverso il canto e il ricordo di tutto ciò che l'ha sempre guidata, sacrificio dopo sacrificio. La scena, sempre senza stacchi, è nella sua semplicità un capolavoro di regia e soprattutto recitazione: la Stone canta live ma non perde mai di vista la sua Mia e ci racconta, dalla sorpresa iniziale alla sempre crescente consapevolezza, il coraggio e la sincerità di questo suo sogno. Audition è un'ode ai sognatori, agli artisti; un'ode a Chazelle, alla Stone, a Gosling e a tutti coloro che ci stanno regalando queste emozioni.
Epilogue: l'overture di un ricordo d'amore
E veniamo così al momento più doloroso e forse anche più bello e potente dell'intera pellicola. Sono passati 5 anni, tutto è cambiato e i due protagonisti si ritrovano casualmente uno di fronte all'altro come era accaduto ad inizio film: lui al pianoforte, lei ammutolita e commossa dalla musica che Gosling sta suonando. Si ritorna quindi al Mia & Sebastian's Theme di inizio film, si ritorna indietro a quel primo incontro che però ora viene sublimato da un improvviso e romanticissimo bacio. La musica cambia di nuovo ed ora diventa quasi un medley di canzoni che abbiamo già ascoltato, per un ultimo lungo e complesso numero musicale che richiama ancora una volta film immortali di un'epoca d'oro.
Oltre alle canzoni e alle musiche che ci vengono riproposte in questa sequenza splendida e immaginifica ritroviamo ancora una volta Astaire e Rogers o il finale di Cantando sotto la pioggia a cui si unisce un altro classico di Gene Kelly, Un americano a Parigi con le sequenze pittoriche ambientate nella capitale francese, a cui si aggiungono Cenerentola a Parigi (Mia davanti all'arco di trionfo come Audrey Hepburn) e addirittura il ragazzino de Il palloncino rosso di Albert Lamorisse.
Ma ciò che colpisce più ogni altra cosa è il fatto che, pur trovandoci nel finale del film, quello che abbiamo ascoltato non è un semplice medley, ma una vera e propria overture. Quasi a significare che, nonostante la storia d'amore tra i due sia finita, continuerà a rivivere nei loro sogni proprio come fosse un romantico e meraviglioso musical a cui ripensare per tutto il resto della loro vita. Quello sguardo finale tra i due, tra i momenti di cinema più belli degli ultimi anni, ci fa capire non solo l'importanza che entrambi hanno avuto per la crescita e la realizzazione dell'altro, ma anche della consapevolezza che quel sacrificio che entrambi hanno fatto non ha cancellato il sentimento. Perché l'amore tra sognatori non finisce mai: proprio come un musical si può sempre rivivere da capo, e riprovare la stessa gioia e le stesse emozioni.