La compagnia dell'anello: la versione estesa

Peter Jackson ha sempre dichiarato di non considerare la Extended Edition di La compagnia dell'anello una Director's Cut; questo perché la versione proiettata nei cinema rappresenta altrettanto bene quello che lui aveva in mente di trasmettere con il primo film della sua trilogia tolkieniana.

Peter Jackson ha sempre dichiarato di non considerare la Extended Edition di Il signore degli anelli - La compagnia dell'anello una Director's Cut; questo perché la versione proiettata nei cinema rappresenta altrettanto bene quello che lui aveva in mente di trasmettere con il primo film della sua trilogia tolkieniana.

Non cambiano gli intenti, quindi, in questa versione estesa: i ventotto minuti in più rispetto alla Theatrical Version ne fanno forse un film più dettagliato e vanno a vantaggio dell'approfondimento di alcuni personaggi, oltre a colmare a qualche lacuna narrativa per far felici i lettori del Professore di Oxford.

Tra le scene addizionali, tuttavia, alcune potranno avere un peso importante nella visione complessiva e nella trama "filologica" della trilogia: anzitutto, dopo un prologo anch'esso arricchito di qualche particolare (le circostanze della fine di Isildur sono molto più chiare in questa versione), trova spazio un lungo e delizioso excursus dedicato alla Contea e alla vita degli hobbit: Bilbo ne è la voce narrante, le parole sono quelle di Tolkien, come le ha lasciate nel prologo a Il signore degli anelli, "A proposito degli Hobbit". Parole che assieme alle immagini e alla musica creano uno scenario idilliaco che s'imprimerà nella mente dello spettatore: la Contea non è solo la terra d'origine dei piccoli protagonisti del romanzo, ma è anche il simbolo di una purezza e di una pace da proteggere ad ogni costo. Ricorderemo anche noi il verde dei suoi prati, la dolcezza delle sue colline, i sorrisi dei suoi bambini, quando Frodo, Sam, Pipino e Merry pregheranno di poterli rivedere.

Anche la scena in cui Aragorn declama a mezza voce il poema di Beren e Luthien ha un certo valore in un'ottica ampia: il parallelismo tra le due storie d'amore - quella tra l'eroe umano Beren e la più bella tra le creature di Iluvatar, figlia del sire elfico Thingol del Doriath, e quella tra il ramingo e re senza corona Aragorn e la Stella del Vespro degli Eldar, Arwen Undomiel - è cercato da Tolkien nel romanzo ma Jackson vi allude volentieri, qui come ne Il signore degli anelli - Le due torri, dimostrando (non che fosse necessario) di avere ben presente tutto il corpus tolkieniano. Molto toccante anche l'immagine di Aragorn che prega innanzi all'effigie della madre, che contribuisce a rafforzare l'idea di Gran Burrone quale santuario della memoria della Terra di Mezzo. Gran Burrone, dove sono custoditi i frammenti di Narsil, la spada del grande Elendil, l'arma che, sebbene spezzata, strappò l'Unico Anello dal dito del Signore Oscuro; ma nemmeno la Extended ci dà lumi sul destino di Narsil, e sapremo solo con il terzo film se verrà riforgiata per essere brandita dall'erede di Elendil.

Ancora a Gran Burrone, non era presente nella Theatrical Version la scena che ha luogo durante il Consiglio di Elrond, in cui Gandalf recita ad alta voce i versi incisi sull'Unico Anello: uma manciata di inquietanti fotogrammi che servono a sottolineare la natura malefica del potere di Sauron e dell'Unico. Grazie ai ritmi più rilassati di questa Extended Edition, Jackson può anche permettersi d'indugiare maggiormente sull'Anello stesso; per il regista, il vero protagonista della trilogia.

Funzione di raccordo, ma piuttosto importante, quella della scena dei doni di Galadriel prima della partenza della compagnia da Lothlorien. Viene spiegato come i nostri eroi vengano in possesso dei loro mantelli elfici e delle loro provviste di lembas: ma questi sono particolari che soddisfano i perfezionisti e non aggiungono profondità all'opera. Più significativa, sebbene fugace, è invece la scena in cui Frodo e Sam vedono una carovana di elfi in cammino verso i Porti Grigi: forse narrativamente secondaria, a questo punto della trilogia, ma quanto evocativa di quello che è il cuore poetico e nostalgico dell'opera di Tolkien, l'immagine della gioia, della musica, della magia e della bellezza che abbandonano per sempre la Terra di Mezzo.

Nel complesso, si può dire che la versione proiettata nei cinema, grazie ai ritmi più sostenuti, avesse un maggiore impatto squisitamente cinematografico, mentre la versione estesa, caratterizzata da un'immersione più graduale nella vicenda, ha una maggiore coerenza e compattezza narrativa: la apprezzeranno non solo gli appassionati di Tolkien, ma anche coloro che hanno iniziato a conoscere l'opera del professore proprio grazie ai film di Jackson, e hanno deciso di non fermarsi.