Nel tempo che Daniel Craig ha impiegato a decidersi a riprendere i panni di James Bond, nuovi agenti segreti hanno saputo conquistare il cuore degli spettatori cinematografici. Sono i Kingsman ideati dai fumettisti Mark Millar e Dave Gibbons, perfetti gentleman inglesi che portano i nomi dei Cavalieri della Tavola Rotonda ma che già nel primo film firmato Matthew Vaughn sono stati protagonisti di una sequela infinita di sequenze eccessive, divertentissime ed iperviolente. Un perfetto antidoto al James Bond sempre più cupo, dark e serioso degli ultimi anni.
Leggi anche: James Bond: (00)7 cose che (forse) non sapete sulla spia più popolare del cinema
E se già il primo capitolo vi era sembrato fuori di testa, vi assicuriamo che questo seguito intitolato Kingsman: Il cerchio d'oro riuscirà a stupirvi in più di un'occasione, a partire da una prima adrenalinica ed impressionante scena d'azione tutta ambientata in un taxi che effettivamente detta il tono di questo nuovo film. Più grande, più spettacolare, più eccessivo. Perché se il primo Kingsman era una storia di (tras)formazione di un adolescente difficile, questa volta l'Eggsy di Taron Egerton è a tutti gli effetti un agente segreto, degno erede del suo mentore Harry Hart (Colin Firth) prematuramente scomparso. O forse no?
Leggi anche: Kingsman - Secret Service: tra 007, Kick-Ass e My fair lady, la parodia dello spy movie è servita
Quando un gentleman con il doppiopetto incontra un cowboy col whiskey...
Con l'incipit del film, il regista e sceneggiatore Matthew Vaughn sembra quasi volersi prendere gioco dei suoi spettatori nel fare piazza pulita di tutti (o quasi) i personaggi sopravvissuti nel film precedente. In più resuscita sia il personaggio di Harry che un villain che non vi anticipiamo, e introduce una moltitudine di nuovi co-protagonisti ed antagonisti nuovi di zecca, tra cui la simpatica ed affascinante Poppy interpretata da una raggiante e ironica Julianne Moore, qui in versione supervillain e madrina del narcotraffico con la fascinazione per i robot, il rock e l'America anni '50.
E l'America ha molto spazio in questo Il cerchio d'oro, a partire da un Presidente USA (Bruce Greenwood) cinico e spregiudicato ma soprattutto per la presenza degli Statesman, i cugini d'oltreoceano dei nostri protagonisti british che invece che occuparsi di sartoria sono dediti all'alcool, inclusi i nomi in codice. Dietro Champagne, Ginger, Tequila e Whiskey si celano rispettivamente i volti di Jeff Bridges, Halle Berry, Channing Tatum e Pedro Pascal ed è un vero peccato che il (brutto) doppiaggio italiano appiattisca quasi del tutto le differenze culturali e lessicali tra i due gruppi. Ciò non toglie che l'inserimento di personaggi così diversi, e anzi per certi versi quasi opposti a quelli che ben conosciamo, sia una ventata di aria fresca in un film che in più di un'occasione rischia di ricalcare troppo gli elementi di successo del primo capitolo.
Leggi anche: Julianne Moore a Giffoni: "Con Robert De Niro una serie ambientata a New York"
It's a little bit funny
Manca forse troppo della freschezza e dell'originalità di Kingsman: Secret Service, manca inevitabilmente quell'impatto dirompente che lo aveva caratterizzato e ne aveva decretato l'enorme successo, ma per fortuna quello che non scarseggia è il divertimento, quella sregolatezza che continua a caratterizzare soprattutto le scene d'azione ma anche alcuni dialoghi al limite del cattivo gusto che costantemente ci ricordano che no, non siamo dalle parti di James Bond. Anche se, va detto, i riferimenti all'agente segreto più famoso sono molteplici e mai come in questo secondo capitolo, caratterizzato da tanti cambi di scenario tra cui uno innevato tutto italiano, ogni tanto si ha l'illusione di trovarsi in un vero film di spionaggio.
Ma nessuna paura, perché da un momento all'altro nuove follie e stravaganze spuntano fuori dal nulla per ricordarci che niente qui va preso sul serio. L'esempio perfetto è rappresentato dalla guest star più prestigiosa e gustosa di questo Il cerchio d'oro, la rockstar Elton John qui nelle vesti di se stesso ma anche in quelle inedite ed esilaranti di action hero sui generis. D'altronde parliamo dell'autore della canzone Nikita, quella che più di trent'anni fa ispirò Luc Besson, il suo film ed un intero genere cinematografico a cui ancora oggi in tanti devono tantissimo: non ci stupisce però che a riconoscergli questo merito sia stato proprio Matthew Vaughn, regista gentiluomo ma anche anarchico, poliedrico e un po' matto esattamente come il Baronetto del rock.
Leggi anche: Elton John e la top 10 delle sue canzoni al cinema
Movieplayer.it
3.5/5