Il nuovo Don Giovanni ha lo sguardo furbetto e il sorriso sornione di Joseph Gordon-Levitt. Natali italo-americani, capelli impomatati, fervente fede cattolica e una passione smodata per il porno. Naturalmente stiamo parlando del protagonista di Don Jon's Addiction, ironica opera prima da regista della star di 500 giorni insieme che, dopo aver divertito il Sundance, approda a Berlino nella sezione Panorama. Joseph si presenta di fronte al pubblico tedesco orfano delle due protagoniste femminili del film. Sia la spumeggiante Scarlett Johansson che la splendida Julianne Moore sono state trattenute da impegni lavorativi che, nel caso di Scarlett, sono rappresentati dalle repliche di La gatta sul tetto che scotta a Broadway, ma Joseph è più che sufficiente a illustrare con passione la sua prima esperienza dietro la macchina da presa.
Come è nata l'idea di girare Don Jon's Addiction?
Joseph Gordon-Levitt: Volevo parlare d'amore e ho deciso di concentrarmi su un aspetto preciso delle storie d'amore: come le persone idealizzano l'altro. Le aspettative tra due amanti vengono influenzate dalla rappresentazione della relazione sentimentale fornita dai media, dalle speranze della famiglia, dalle opinioni degli amici e così spesso il rapporto si complica. Io volevo mostrare come l'amore spesso diventi altro.
Il film ha una produzione indipendente.
Io non mi preoccupo molto dell'origine del denaro né del budget dei film. Sono concentrato soprattutto sulla storia. Ad esempio Il cavaliere oscuro - Il ritorno è un film dal budget immenso, ma il suo autore, Christopher Nolan, non si preoccupa tanto del denaro che deve gestire quanto della qualità di ciò che racconta. Don Jon's Addiction è un film indie, dal budget molto ridotto, ma io l'ho fatto perché credevo nella storia e mi piace raccontare cose interessanti al cinema.
L'aspetto umoristico del film deriva dalla rappresentazione dei media dell'amore. Lo humor, nelle commedie, è il modo migliore per trattare argomenti seri. Il dottor Stranamore è uno dei film preferiti e parla di argomenti molto impegnativi, ma è divertentissimo. Posso dire la stessa cosa di Django Unchained, un western in cui Tarantino ha usato l'ironia per parlare della schiavitù. Sono pellicole divertentissime che veicolano un messaggio serio. Nel mio caso non volevo fare un film serio e realistico, ma volevo divertire il pubblico parlando di qualcosa che tocca tutti da vicino: l'amore.
Oltre all'amore, nel film si parla soprattutto di porno.
Non ho una passione per il porno, ma mi interessa il modo in cui i media ci influenzano. Si pensi a film sentimentali di Hollywood, alle riviste femminili, a internet, ma anche alla tv e alla musica. Anche se noi facciamo finta di ignorare tutte queste cose, a livello inconscio veniamo condizionati dai messaggi che ci bombardano e oggi il sesso è diventato un bene di consumo come molti altri.
Sia Scarlett che Julianne hanno letto la sceneggiatura e gli è piaciuta. Per quanto riguarda Scarlett, avevo scritto il film pensando proprio a lei e, dopo aver accettato, è stata in grado di fornire una perfomance eccezionale. Di Julianne posso dire che è una delle più grandi attrici viventi. Il suo agente le ha dato la sceneggiatura dicendole che parlava di porno e all'inizio era preoccupata perché temeva un altro ruolo alla Boogie Nights. Poi quando ha letto lo script si è accorta che la storia parlava di tutt'altro.
Uno dei temi su cui il film ironizza pesantemente è la religione. Quale è il tuo rapporto personale con la fede e la chiesa?
Jon è un personaggio che vive di stereotipi: il suo appartamento, il suo corpo, la sua donna, il sesso e anche la religione non vengono vissute con sincerità. Questo è solo un altro esempio della vita artificiale che rischiamo di vivere se non prestiamo attenzione alle cose. Personalmente sono ebreo, ma non sono stato cresciuto in modo religioso.
Parlando ancora di stereotipi, perché hai scelto di interpretare un italo-americano?
Ho sfruttato lo stereotipo del Don Giovanni. Il mio personaggio non doveva rifugiarsi nel porno perché non trovava una donna, la sua doveva essere una scelta perciò ho deciso che la versione contemporanea di Don Giovanni doveva essere italo-americana. Ovviamente anche questa rappresentazione non è realistica, ma attinge alla mitologia dell'italo-americano dei gangster movie o di film come Staying Alive. Volevo giocare sull'immagine del latin lover superficiale e donnaiolo. Per questo ho scelto di far interpretare il padre di Jon a Tony Danza, un grandissimo attore italo-americano. Avevo lavorato con lui quando avevo dodici anni ed è stata una bella reunion.
Non ho intenzione di cambiare il film né di tagliare le scene porno perché quelle immagini hanno un significato ben preciso e devono dare un'idea di ripetitività visto che il consumo di porno di Jon è quotidiano.
Guardando Don Jon's Addiction saltano all'occhio molte analogie tematiche con Shame di Steve McQueen. Ti sei ispirato a quel film?
Purtroppo non ho ancora visto Shame anche se so che dovrei farlo. Le mie fonti di ispirazione sono i film di Hal Ashby, Il laureato, ma amo molto anche il cinema di Tarantino e dei fratelli Coen. Amo quel tipo di humor che esula dalla commedia classica.
Per la tua opera prima hai scelto di dirigere, recitare e scrivere il copione. Come ti sei trovato a ricoprire più ruoli?
Con l'evoluzione della tecnologia oggi si possono fare cose incredibili. Sono stato ad Austin sul set di Sin City: una donna per cui uccidere di Robert Rodriguez e lui fa l'operatore di macchina mentre dirige, si occupa della fotografia e compone le proprie colonne sonore. Non so quante cose farò contemporaneamente in futuro, ma modo di lavorare di Robert mi ha davvero impressionato. Prima di realizzare questo film avevo scritto molte sceneggiature, ma nessuna mi soddisfaceva, cercavo la perfezione. Poi ho capito che non sempre possiamo riuscire a raggiungerla. Come mi ha consigliato Christopher Nolan, a volte dobbiamo semplicemente fare ciò che amiamo.