Io c'è, Aronadio e il cast: lo "ionismo" non solo da ridere

Nella suggestiva cornice del Sanctuary, nel rione Monti a Roma, abbiamo incontrato il regista e il cast del film approdato nelle sale italiane giovedì, giusto in tempo per la Santa Pasqua...

A sentire Alessandro Aronadio amici e colleghi che lo sapevano impegnato nella realizzazione di Io c'è hanno cercato di dissuaderlo: della religione non si ride. Almeno non in Italia. Almeno non in un momento storico in cui le derive violente dei conflitti religiosi - e economici e sociali - fanno più paura che mai. Lui, alla terza regia dopo Due vite per caso e Orecchie, non si è arreso; affascinato, da ateo, dalla necessità e la capacità di credere, e convinto che nelle religioni ci sia qualcosa di "intrinsecamente comico".
C'è certamente qualcosa di intrinsecamente comico, e ben poco di sacro, nei presupposti e nella parabola dello Ionismo, religione improvvisata da Massimo, interpretato da Edoardo Leo (anche co-sceneggiatore del film), per ottenere sgravi fiscali per la sua attività di bed & breakfast che ha smesso di prosperare da quando non riesce più a evadere le tasse e da quando le istituzioni religiose accolgono i turisti nelle loro austere celle, economiche ed esentasse. Ma lasciamo la parola a loro, ovvero Alessandro Aronadio, Edoardo Leo e il resto del prestigioso cast (accanto a Leo ci sono Margherita Buy, Giuseppe Battiston e Massimiliano Bruno).

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Io c'è: Margherita Buy, Giuseppe Battiston ed Edoardo Leo in una scena del film
Io c'è: Margherita Buy, Giuseppe Battiston ed Edoardo Leo in una scena del film

La sfida dell'ateo

Alessandro Aronadio, hai un conto aperto con la religione? Come mai un film su una religione inventata dopo il sacerdote Rocco Papaleo che benediva la macchia di muffa in Orecchie?

Io c'è: il regista Alessandro Aronadio sul set del film
Io c'è: il regista Alessandro Aronadio sul set del film

Alessandro Aronadio: È successo che con Renato Sannio avevamo voglia di scrivere un film sulla religione e la sfida era quella di farne commedia. In Orecchie il tema del bisogno di credere era già presente in quella scena in cui il prete interpretato da Papaleo benedice la macchia di muffa, pur sapendo benissimo che non è la Madonna, ma per dare "una vita migliore" a chi crede che lo sia. Il problema per me è tentare di capire come mai il tema della religione sia quasi tragico e legato a drammatici avvenimenti di cronaca, e provare a riderne accanto ai personaggi di Io c'è. Sembra un argomento che vuole toccare quell'argomento, basta parlare di libertà religiosa e si fermala società civile. Viene da chiedersi cosa sia davvero sacro e cosa no.

E adesso ti sei convertito allo Ionismo?

Io c'è: Edoardo Leo in un momento del film
Io c'è: Edoardo Leo in un momento del film

Da ateo sono incuriosito dalla figura del fedele, credo che grazie alla religione viva meglio di me e mi sembrava interessante raccontare il percorso di un ciarlatano che si trova a confrontarsi con qualcosa che per lui fino a quel momento era inimmaginabile e poi fa di tutto per fermare quello che ha scatenato. Sarà anche il fatto che mia madre era profondamente cattolica, una specie di hooligan di Gesù. Ricordo che una volta sono tornato a casa e in salotto c'era questa statua della Madonna a grandezza naturale, non so quanto fosse alta la Madonna, e tutte intorno mia madre e le sue amiche. Di contro, mio padre era ed è ancora ateo convinto.

A parte la mamma hooligan di Gesù l'ispirazione da dove è arrivata?

Mi hanno raccontato di una religione inventata - in questo caso scopertamente parodica, di protesta. Dopo che il governo del Kansas ha imposto che nelle scuole si parlasse, oltre che dell'evoluzionismo, anche del creazionismo, un professore universitario ha inventato la religione pastafariana, il cui dio è il Prodigioso Spaghetto Volante, e poi ha chiesto che fosse considerata legittima a meno che non gli venisse dimostrato non fosse tutto vero. La religione è riconosciuta in alcuni stati e il fondatore ha sul passaporto una foto con uno scolapasta in testa. Perché in fondo c'è davvero differenza tra uno scolapasta, una kippah e una papalina?

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Cialtroni per fede

Cosa ha attratto gli interpreti di questo progetto tanto inusuale?

Io c'è: Margherita Buy in una scena del film
Io c'è: Margherita Buy in una scena del film

Margherita Buy: Diverse cose, prima di tutto l'argomento, poi il fatto che un poveraccio cerchi il modo d evadere le tasse che è il mio tema preferito! Il mio personaggio all'inizio sembra poco incline a lasciarsi coinvolgere nel clima cialtronesco ma siccome c'è della cialtroneria in ognuno di noi, finisce per diventare anche lei una fedele.

Edoardo Leo: Io ho partecipato anche alla scrittura del film, quindi sapevo bene in che direzione stavamo andando. È il genere di cosa che preferisco fare, non commedia pura ma qualcosa in cui i personaggi diventano non dico intelligenti ma ragionano, alle prese con un tema scottante. Non è stato facile scrivere il film, ci abbiamo lavorato a lungo, volevamo essere scorretti ma non ridicolizzare l'argomento. Abbiamo anche dovuto fare i conti con la nostra educazione cattolica. Alessandro aveva sua madre, io avevo la nonna Maria, che era soprannominata Presepia, perché era così piccola che sembrava una figurina del presepio. Mentre scrivevamo mi chiedevo di continuo come avrebbe preso certe battute, certe cose ti restano dentro. Ancora oggi, se a casa si fulmina una lampadina, penso sempre che sia lei che esprime il suo disappunto.

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Io c'è: Edoardo Leo in un'immagine del film
Io c'è: Edoardo Leo in un'immagine del film
Io c'è: Giuseppe Battiston in una scena del film
Io c'è: Giuseppe Battiston in una scena del film

Giuseppe Battiston: Il mio personaggio è uno scrittore, un filosofo che scrive libri che nessuno legge, e si trova in qualche modo costretto a diventare il teologo di questo credo farlocco. La cosa affascinante è che aderisce all'iniziativa derisce con convinzione crescente, fino a diventare inquietante. Di questo avevamo parlato con Alessandro, ed era un aspetto che mi incuriosiva molto nella sceneggiatura, questa punta di crudeltà che leggevo tra le righe. Io trovo che la crudeltà sia un sentimento meraviglioso, mai esplorato a fondo, ed è stato un piacere fare un viaggio all'interno della miseria umana".

Massimiliano Bruno: Io ho ricevuto una telefonata molto divertente da Alessandro. Mi chiese "Ma tu reciti ancora?", e io "Malvolentieri, ma dimmi" e così mi ha proposto questo personaggio gustoso, un paraplegico razzista. Dopo di che mi ha teso un vero e proprio agguato, facendomi andare in sala trucco il giorno prima e chiedendomi se era un problema spuntare leggermente i capelli per il ruolo. Quando sono uscito sembravo un tifoso della curva dell'Hellas Verona durante un'amichevole con lo Zambia. In quel periodo andavo in giro per presentare il mio libro e ho dovuto spiegare a tutti costantemente che il mio taglio da naziskin era per un film. Per il resto, Alessandro è un regista puntuale, mi ha costruito il personaggio addosso e io sono stato generoso, perché quale altro attore si sarebbe lasciato conciare così a quarantasette anni? Mi è piaciuto molto camminare sul crinale della commedia all'italiana con un filo di malinconia, che, in una scena in particolare, non risparmia neanche il mio personaggio apertamente comico.