Il Signore degli Anelli: perché riscoprire lo splendido film d'animazione di Ralph Bakshi

Nel 1978 Il Signore degli Anelli approdava per la prima volta al cinema con il film d'animazione diretto da Ralph Bakshi, una suggestiva trasposizione del capolavoro di Tolkien.

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Il Signore degli Anelli: Frodo Baggins con l'Anello di Sauron

Nell'immaginario del grande pubblico, Il Signore degli Anelli è legato indissolubilmente alla trilogia realizzata fra il 2001 e il 2003 da Peter Jackson: uno dei principali eventi cinematografici di inizio millennio, una sorta di "missione impossibile" che si sarebbe rivelata invece una scommessa vinta su tutta la linea, anche grazie all'apporto dell'evoluzione delle tecnologie e degli effetti speciali, fra cui l'ormai celebre motion capture. Da allora, Jackson ha ritentato l'impresa con una seconda trilogia dedicata a Lo Hobbit (ma con risultati assai meno entusiasmanti), mentre nel 2021 Il Signore degli Anelli farà il suo debutto in TV con una mega-produzione seriale finanziata da Amazon. Eppure, la prima trasposizione del capolavoro di J.R.R. Tolkien anticipa di oltre vent'anni il magnum opus di Peter Jackson: si tratta infatti del film d'animazione diretto nel 1978 dal regista americano Ralph Bakshi.

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Il Signore degli Anelli: Gandalf e Frodo nella Contea
Neve
Il Signore degli Anelli: la compagnia dell'Anello nella tempesta di neve

La fama de Il Signore degli Anelli di Bakshi è stata obnubilata, in maniera più o meno inevitabile, dal plebiscito che ha accolto la trilogia del 2001-2003, tant'è che oggi la pellicola del 1978 è ricordata da un numero relativamente ristretto di cultori di Tolkien. Ma senza il film di Ralph Bakshi, probabilmente Il Signore degli Anelli di Peter Jackson non sarebbe proprio come lo conosciamo oggi (il regista neozelandese non ha fatto mistero dell'influenza esercitata da quel primo adattamento). E soprattutto, quello di Bakshi rimane uno dei film d'animazione più coraggiosi e innovativi della sua epoca: un'opera a suo modo unica, dotata di qualità stilistiche che ancora oggi lasciano stupefatti per la loro capacità di suggestione, e che merita di essere riscoperta anche da quelle generazioni che hanno conosciuto la Terra di Mezzo soltanto attraverso i kolossal di Jackson.

Il Signore degli Anelli da J.R.R. Tolkien a Ralph Bakshi

Ralph Bakshi
Una foto del regista Ralph Bakshi

Il "sogno proibito" di portare sul grande schermo il romanzo in tre libri di J.R.R. Tolkien, pietra fondativa del moderno genere fantasy, era stato coltivato già dalla fine degli anni Sessanta, quando la United Artists, dopo aver acquistato i diritti de Il Signore degli Anelli, aveva tentato invano di ingaggiare registi come David Lean e Stanley Kubrick. L'inglese John Boorman ne aveva preparato addirittura una sceneggiatura, che tuttavia era stata ritenuta incomprensibile e troppo lontana dalla fonte letteraria (la fascinazione di Boorman per un Medioevo a tinte fantasy si riverserà, nel 1981, nel bellissimo Excalibur); nel 1975 il progetto passa così nelle mani di Ralph Bakshi e, in seguito, di Saul Zaentz, il produttore di Qualcuno volò sul nido del cuculo, i quali si occuperanno di fargli prendere vita.

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Il Signore degli Anelli: la compagnia dell'Anello all'ingresso di Moria
Saruman Il Bianco
Il Signore degli Anelli: lo stregone Saruman

Nato in Palestina nel 1938 ma cresciuto a Brooklyn dall'età di un anno, Bakshi aveva esordito alla regia nel 1972 con Fritz il gatto, corrosiva satira della società americana degli anni Sessanta: il primo film d'animazione vietato ai minori, ma diventato ciò nonostante un campione d'incassi. Artefice di un profondo rinnovamento nel campo del cinema animato, di cui si dimostrerà una delle voci più interessanti, dopo il fantasy post-apocalittico Wizards del 1977 Bakshi perfeziona la tecnica del rotoscope, che consiste nel conferire particolare realismo alle figure umane ricalcando delle riprese live action: un metodo applicato con risultati stupefacenti a Il Signore degli Anelli, tanto da renderlo un prodotto visivamente all'avanguardia rispetto all'animazione canonica degli anni Settanta.

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Frodo
Il Signore degli Anelli: Frodo e Gandalf

Sul piano narrativo, invece, l'approccio di Bakshi risiede in una rispettosa fedeltà al testo di Tolkien, con pochi, essenziali cambiamenti volti a favorire la coesione e il ritmo del film: uno su tutti, la scelta di eliminare il viaggio nella Vecchia Foresta, il soggiorno da Tom Bombadil e l'incursione nei Tumulilande (dal sesto all'ottavo capitolo de La compagnia dell'Anello), un 'taglio' che sarà poi applicato pure da Peter Jackson. E sempre Jackson, nel primo tassello della sua trilogia, avrebbe ricalcato la struttura della pellicola di Bakshi, a partire dal prologo sugli Anelli del potere, la sconfitta di Sauron e la storia dell'Unico Anello; ma mentre l'antefatto di Jackson è messo in scena in maniera più esplicita e convenzionale, nel film del 1978 già quei primi minuti danno prova dell'originalità e dello sperimentalismo del suo autore.

Merry E Pipino
Il Signore degli Anelli: Merry e Pipino prigionieri degli orchi
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Il Signore degli Anelli: un'immagine di Galadriel

Dalla genesi degli Anelli all'incontro fra Gollum e Bilbo Baggins, Bakshi adopera soltanto delle sagome nere su uno sfondo color rosso acceso: l'intero prologo assume così una connotazione fantasmatica, volta a chiamare in causa l'immaginazione dello spettatore. Da lì in poi Il Signore degli Anelli si riallaccia all'incipit di Tolkien, offrendoci una scrupolosa ricostruzione della Terra di Mezzo e dei suoi personaggi: dagli idilliaci paesaggi a tinte pastello della Contea, gli elementi cromatici del film si faranno via via più cupi con il procedere del viaggio di Frodo e dei suoi compagni. Ambientazioni e paesaggi saranno pertanto il correlativo oggettivo delle emozioni dei protagonisti: dalle ombre minacciose delle miniere di Moria all'atmosfera incantata del bosco di Lothlórien.

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Fra la Terra di Mezzo e le tenebre di Mordor

Cavaliere Nero
Il Signore degli Anelli: l'immagine di un Cavaliere Nero

Se dunque l'adozione del rotoscope garantisce la sorprendente espressività di tutti i personaggi, agli antipodi rispetto ai tratti più stilizzati (e talvolta caricaturali) di quelli della Disney degli anni Sessanta e Settanta, a rendere Il Signore degli Anelli un caposaldo dell'animazione è anche la composizione delle immagini e l'utilizzo sapiente dei colori, nel segno della dicotomia fra un realismo inedito per i film animati di quegli anni e una vena, al contrario, decisamente più audace e visionaria. Un primo esempio ci viene offerto dalla comparsa del Cavaliere Nero lungo il sentiero: una scena magistrale per come gestisce la tensione in pochi, raggelanti secondi, con quella figura umanoide e strisciante che troneggia sui volti terrorizzati degli hobbit (e infatti Peter Jackson replicherà questa sequenza quasi alla lettera).

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Il Signore degli Anelli: l'incontro fra gli hobbit e il Cavaliere Nero
Cavalieri Neri
Il Signore degli Anelli: i Cavalieri Neri

Non a caso le apparizioni dei Cavalieri Neri si attestano fra i momenti più angoscianti del film: si tratta delle scene in cui il realismo all'improvviso cede il posto a una dimensione onirica, rispecchiando alla perfezione l'idea tolkeniana del passaggio dalla realtà al mondo di Sauron mediante l'Anello. E Ralph Bakshi riesce a restituirci appieno la natura di spettri dei Cavalieri Neri, come nell'aggressione notturna a Brea: se nel romanzo il fallito attentato contro gli hobbit è confinato in un'ellissi, nel film osserviamo i Nazgul materializzarsi dal nulla all'interno della locanda, sollevare le spade e avventarsi con furia selvaggia contro i letti, mentre le pareti della stanza vengono sostituite da una nube rossastra che rievoca l'infernale regno di Mordor.

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L'oscuro fascino di un esperimento incompiuto

Il Signore Degli Anelli 1978 The Lord Of The Rings Ralph Bakshi 14
Il Signore degli Anelli: un gruppo di orchi

Poco più tardi, i Cavalieri Neri saranno al centro di alcune delle sequenze-capolavoro del film, quali lo scontro a Collevento, in cui Frodo si infila l'Anello e viene ferito alla spalla, e il forsennato inseguimento fino al guado del fiume Bruinen: una scena memorabile, inserita in una cornice metafisica in cui il paesaggio muta costantemente colore o perfino essenza (il terreno che per un attimo si trasforma in un cielo in tempesta). Un'apoteosi di puro espressionismo, in cui si consuma il definitivo corto circuito fra realtà e incubo: nemmeno Peter Jackson oserà tanto, e la forza immaginifica di queste scene trova ben pochi eguali nell'ambito dell'animazione. Un senso di orrore analogo a quello che si respira durante l'assalto al Fosso di Helm, con l'incedere di un'armata di orchi davanti alle mura della fortezza, mentre dal blu della notte si passa a un surreale color rosso scuro.

Mordor
Il Signore degli Anelli: Frodo, Sam e Gollum
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Il Signore degli Anelli: Merry, Pipino e Boromir

Avventuroso, epico, ma attento in primo luogo a trasmettere lo spirito dell'opera di Tolkien e la sua inquietante riflessione sul potere (il tradimento di Saruman, la fragilità dell'anziano Re Théoden, la sofferenza di Frodo e l'ambiguità di Gollum), Il Signore degli Anelli di Bakshi si attesta come un esperimento ardito e irripetibile. La pellicola si interrompe con l'arrivo di Gandalf al Fosso di Helm e l'ingresso di Frodo, Sam e Gollum nella terra di Mordor (in sostanza, una metà abbondante de Le due torri); un secondo capitolo avrebbe dovuto completare il racconto con gli eventi de Il ritorno del Re, ma a dispetto dell'ampio successo di pubblico del primo film il sequel, purtroppo, non avrebbe mai visto la luce. La sua incompiutezza, tuttavia, non pregiudica le qualità e il fascino di questo meraviglioso esperimento: un esperimento degno di essere ricordato come una delle migliori trasposizioni che si potessero auspicare per uno dei romanzi più ambiziosi e rivoluzionari di ogni tempo.

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