Il filo nascosto e The Master: simmetrie e contrasti di due capolavori allo specchio

Il legame conflittuale fra una coppia di personaggi, la volontà e il desiderio che si trasformano in ossessione, la rappresentazione di un rapporto declinato di volta in volta nell'amore o nella violenza: mettiamo a confronto due fra i maggiori film di Paul Thomas Anderson, The Master e Il filo nascosto.

Allora vai, raggiungi la latitudine senza terra, e buona fortuna! E se trovi il modo di vivere senza servire un maestro, qualunque maestro... allora vieni qui a raccontarcelo, va bene? Perché saresti la prima persona nella storia del mondo.

The Master: un intenso primo piano di Joaquin Phoenix tratto dal film
The Master: un intenso primo piano di Joaquin Phoenix tratto dal film

Il dialogo finale sul suolo britannico tra Freddie Quell e Lancaster Dodd, in prossimità della conclusione del film The Master, resta uno dei momenti più potenti di tutto il cinema di Paul Thomas Anderson. Dietro il rigore della messa in scena (un ufficio immerso nella penombra, una semplice alternanza di campi e controcampi, quasi nessun movimento di macchina), l'ultimo faccia a faccia fra l'allievo e il maestro è la climax di un lungo, logorante confronto, raccontato da Anderson in maniera frammentaria e con abbondanza di ellissi.

images/2018/02/27/phantom.jpg

Se The Master si chiude nel segno di una frattura insanabile, la traiettoria narrativa de Il filo nascosto, l'opera più recente del cineasta californiano, procede in una direzione diametralmente opposta: la congiunzione fra due anime che, contro tutte le probabilità e a dispetto di ogni ostacolo interno ed esterno, hanno trovato il loro miracoloso equilibrio. La formula di una felicità singolare e dai contorni perfino sinistri, suggellata in un atipico happy ending. Il maestro e il discepolo, l'artista e la musa: la "doppia coppia" al cuore di due tra i film più acclamati di quello che, con tutta probabilità (e specialmente alla luce di quest'ultima fatica), può essere considerato il più importante regista americano della sua generazione.

Leggi anche: Da Il filo nascosto a Magnolia: il cinema di Paul Thomas Anderson in 8 grandi sequenze

Il 'filo' nel cinema di Paul Thomas Anderson, tra fantasmi e ossessioni

Il filo nascosto: Paul Thomas Anderson e Daniel Day-Lewis sul set del film
Il filo nascosto: Paul Thomas Anderson e Daniel Day-Lewis sul set del film

Il precedente Vizio di forma, rilettura squisitamente postmoderna del genere noir passando attraverso l'omonimo romanzo di Thomas Pynchon, può essere ascrivibile a un'ideale parentesi nel percorso di Anderson: non perché si tratti in alcun modo di un'opera minore, ma per la sua parziale 'deviazione' rispetto a un itinerario che, soprattutto da Il petroliere in poi, il regista ha perseguito con assoluta coerenza. Non che si voglia incasellare la sua produzione in un sistema di schemi e di formule: al contrario, quello di Anderson è un cinema straordinariamente libero, talmente denso e stratificato da sottrarsi alle consuete categorie di analisi. Ciò nonostante, di fronte a un film tanto ricco e complesso qual è Il filo nascosto, tale da aver incantato pure i membri dell'Academy (sei nomination agli Oscar, fra cui quelle per miglior film e regia), è comunque possibile rintracciare qualche eco da The Master, pellicola che rispetto a Phantom Thread presenta più di un'affinità.

Leggi anche: Un mondo dentro un sogno: viaggio nelle complessità di Vizio di forma

The Master: Joaquin Phoenix in una scena del film
The Master: Joaquin Phoenix in una scena del film

Alcune analogie sono quelle più scoperte e immediate, a partire dall'ambientazione cronologica (gli anni Cinquanta), dal ruolo centrale di una coppia di protagonisti e dal tema dell'ossessione: un'ossessione declinata secondo dinamiche differenti ma che sembra dominare entrambi i racconti, così com'era già accaduto, in passato, per altri film del regista (si pensi allo splendido Il petroliere e all'ambizione totalizzante di Daniel Plainview). Proviamo dunque a "mettere allo specchio" The Master e Il filo nascosto, nel tentativo di cogliere i riflessi e le simmetrie fra due opere altrettanto maestose e memorabili, ma anche gli elementi dissonanti e le diverse visioni del mondo che questi due capolavori ci offrono.

Leggi anche: Il filo nascosto: amore e ossessione nell'ultimo capolavoro di Paul Thomas Anderson

"...but above all, I am a man"

images/2018/02/27/the-master-screenshot-01.jpg

In The Master la parabola esistenziale di Freddie Quell, veterano della Seconda Guerra Mondiale affetto da disturbi psichici e interpretato da un magnetico Joaquin Phoenix, è destinata a incrociarsi - e intrecciarsi - con quella di Lancaster Dodd (Philip Seymour Hoffman), leader di un controverso movimento pseudo-filosofico noto come la Causa. "Faccio molte, molte cose", dichiara serafico Dodd, presentandosi al suo nuovo adepto; "Sono uno scrittore, un medico, un fisico nucleare, un filosofo teoretico... ma soprattutto, sono un uomo. Irrimediabilmente curioso, proprio come te". Dodd è il "maestro" che in Quell, rabbioso, irruento e privo di punti di riferimento, intravede forse un potenziale braccio destro, la "materia grezza" da plasmare a proprio piacimento: non a caso, nella maggior parte delle sequenze che li vedono dividere lo schermo, Dodd si adopera ad instaurare un ferreo controllo sulla mente di Quell, influenzandone percezioni, sogni e perfino ricordi.

Leggi anche: Philip Seymour Hoffman: 10 grandi ruoli per ricordarlo

"I make dresses"

Il filo nascosto: Daniel Day-Lewis e Vicky Krieps in una scena del film
Il filo nascosto: Daniel Day-Lewis e Vicky Krieps in una scena del film

Reynolds Woodcock, lo stilista impersonato da Daniel Day-Lewis ne Il filo nascosto, è anch'egli un demiurgo, benché di tipo assai diverso. Come Lancaster Dodd governa sulla Causa e sui suoi membri e affiliati, stregati dal carisma dell'uomo, così Reynolds è la mente e il cuore pulsante della House of Woodcock, la casa di moda londinese che costituisce il regno del quale Woodcock è l'incontrastato sovrano. Ma se l'autorevolezza di Dodd è basata su una retorica altisonante e teatrale, una retorica che a tratti arriverà a mostrare qualche sottile crepa (i dubbi della Helen Sullivan di Laura Dern sul "secondo libro"), quella di Woodcock risiede interamente nelle sue capacità creative: un talento prodigioso a cui lo stilista ha sottomesso tutta la propria vita. E l'incontro con Alma Elson (Vicky Krieps), giovane e graziosa cameriera, per quel talento sarà uno stimolo nuovo e irresistibile.

Leggi anche: Nel nome di Daniel Day-Lewis: 60 anni di ossessione, metodo e istinto

"Maybe he is the most demanding man"

images/2018/02/27/phantom_thread.jpg

Fin dal loro primo appuntamento, in una macrosequenza pervasa di un singolare erotismo, Alma (un nome più emblematico non sarebbe stato possibile) diventa così non solo la modella di Woodcock, ma la sua musa ispiratrice: la figura umana su cui cucire - letteralmente! - altri frammenti di meraviglia, mediante quegli abiti che, con aderenza millimetrica, ne avvolgono e ne riconfigurano forme e sembianze. Nell'impianto teorico di Lancaster Dodd, imperniato sul dogma della reincarnazione, il corpo viene ridotto a una parvenza fisica priva di reale significato: "Questo non sei tu. Tu stai dormendo. Il tuo spirito era libero: si spostava da un corpo a quello successivo". Per Woodcock, invece, il corpo è la base ineludibile dell'atto artistico e creativo, e la sua ridefinizione mediante gli abiti assume una valenza addirittura sacrale.

Leggi anche: Da Fiona Apple ai Radiohead: i 5 migliori video musicali di Paul Thomas Anderson

"If you leave me now, in the next life you will be my sworn enemy"

The Master: Philip Seymour Hoffman in una scena
The Master: Philip Seymour Hoffman in una scena

Si può rintracciare però anche un punto di contatto fra il legame che si instaura fra Dodd e Quell e la profonda passione che unisce Woodcock e Alma: si tratta di due rapporti sviluppati, ciascuno alla propria maniera, come inesorabili giochi di potere. Questo aspetto è più esplicito in The Master: fin dall'incipit Freddie Quell manifesta se stesso come pura energia, rabbiosa e indomabile. Un'energia che Dodd proverà a incanalare con l'obiettivo di farne uno strumento per la Causa, ma con esiti non del tutto soddisfacenti: è significativo che, in quasi ogni scena, Quell sia in perenne movimento, in preda ad una gestualità rozza e animalesca, pronta a tracimare in improvvise esplosioni di violenza. Dodd instaura con Quell una dialettica di dominazione e sudditanza psicologica, ma alla fine non sarà in grado di ingabbiare la furia delirante del veterano: Freddie scomparirà lungo la linea dell'orizzonte, nella desolazione del deserto, davanti allo sguardo impotente di Dodd. Il loro dualismo, nella 'coda' del film, si risolve in una promessa di imperitura ostilità: "Se ci incontreremo in un'altra vita tu sarai il mio nemico giurato, e io non avrò alcuna pietà".

Leggi anche: Paul Thomas Anderson: "The Master rimane il mio film preferito"

"You are not cursed... you are loved by me"

Il filo nascosto: Daniel Day-Lewis e Vicky Krieps in un momento del film
Il filo nascosto: Daniel Day-Lewis e Vicky Krieps in un momento del film

Un analogo meccanismo di potere è quello che, molto presto, entrerà in funzione pure nella liaison fra Reynolds Woodcock e Alma. Alma, anima, appartiene a una dimensione salvifica: è colei che può "rompere la maledizione" a cui si accennava in uno dei loro primi dialoghi, perché, come afferma lo stilista, "Una casa che non cambia è una casa morta". "Never cursed" è la frase che Woodcock nasconderà nella cucitura interna di un abito da sposa: ma il cambiamento richiede conflitto, che si tratti dell'intollerabile tintinnio delle posate durante la colazione o di una dolorosa separazione nella notte di Capodanno. Eppure, a differenza di Quell, Alma sa come sostenere tale conflitto. Non solo: nei momenti di difficoltà la ragazza riuscirà, con un gesto estremo, a sovvertire questo rapporto di potere a proprio vantaggio. Un gesto che, anche alla luce di un epilogo spiazzante, ci mostra il film sotto una luce inedita, a tal punto da trasformarlo in una delle più insolite e perverse storie d'amore mai viste sul grande schermo.

Leggi anche: Paul Thomas Anderson, vizi e forme d'autore

"Don't pick a fight with me: you certainly won't come out alive"

Il filo nascosto: Lesley Manville in un momento del film
Il filo nascosto: Lesley Manville in un momento del film

Ci sarebbero altri, innumerevoli spunti per un'analisi comparata di The Master e Il filo nascosto, ma su un parallelismo in particolare vale la pena soffermarsi: le deuteragoniste. Sono due personaggi decisamente simili, la Peggy Dodd interpretata da Amy Adams e la Cyril Woodcock a cui presta il volto una sopraffina Lesley Manville, ricompensata con una meritatissima nomination all'Oscar in compagnia di un magistrale Daniel Day-Lewis. Entrambe, Peggy e Cyril, sono le tutelari del "focolare domestico" per i rispettivi uomini: Peggy, moglie di Lancaster Dodd, è l'eminenza grigia della Causa e la consigliera più fidata del marito; Cyril, sorella di Reynolds, la custode di una routine inviolabile e di un'ispirazione da preservare ad ogni costo. Entrambe saranno costrette a scontrarsi con l'intrusione di un "nuovo arrivato" allo scopo di arginare le potenziali conseguenze nefaste. Ed entrambe, all'occorrenza, non esitano a tenere testa al proprio partner, come annuncia la stessa Cyril al fratello: "Non metterti a combattere con me: di sicuro non ne usciresti vivo. Punterei dritta contro di te e saresti tu a finire al tappeto. Intesi?".

Leggi anche: Oscar 2018: dall'exploit de La forma dell'acqua alla sorpresa Anderson, il commento alle nomination

"The only way to defend ourselves is to attack"

images/2018/02/27/the_master_paul_thomas_anderson.png

All'ironia sorniona e tagliente di Cyril Woodcock fa da contraltare, in The Master, un altro ambiguo personaggio femminile affidato a un'altra, superba prova d'attrice: quella di Amy Adams, lontana anni luce dai suoi ruoli-tipo e qui impiegata, con una scelta di casting davvero geniale, per disegnare un personaggio oscuro e indecifrabile. A prima vista, Peggy è la moglie amorevole e dimessa di Lancaster Dodd, la giovane donna angelicata che porta in grembo una nuova vita e che accoglie Freddie Quell con parole gentili e un sorriso radioso. Una figura sfuggente, tutta affidata ai sottotesti e ai sottintesi; e la Adams sfrutta ogni sfumatura espressiva, ogni inflessione della voce per suggerire, minuto dopo minuto, l'autentica natura della signora Dodd, lasciando balenare qualche scintilla della ferrea determinazione che si cela dietro i suoi occhi, della propria ferocia implacabile. Al punto da indurci a sospettare, per un lungo, terribile momento, se alla resa dei conti non sia proprio lei la vera mistress del film...

Leggi anche: Amy Adams: da Animali notturni ad Arrival, l'annata spaziale di una diva da Oscar (o quasi)