Hunters, la recensione: Al Pacino a caccia di nazisti

La recensione di Hunters, la nuova serie targata Amazon dove ebrei e nazisti agiscono nell'ombra per vendette personali e rivincite storiche.

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Hunters: Al Pacino e Logan Lerman in un'immagine della serie

Scrivere una recensione di Hunters, la nuova serie originale Amazon di cui abbiamo visto i primi cinque episodi, significa dover fare i conti con una buona parte di storia della prima stagione (saranno dieci episodi in totale) e tuttavia sentirsi spaesati per la mancanza della seconda metà, che immaginiamo proverà a risolvere e a evolvere il racconto. In effetti la sensazione predominante a conclusione delle quasi sei ore di visione è quella di trovarsi di fronte un prodotto problematico. In termini narrativi e in termini puramente tecnici relativamente alla serialità televisiva del nuovo millennio. Cosa funziona e cosa, invece, non convince? La presenza di Al Pacino eleva l'opera? Non abbiate paura: per rendervi la visione quanto più piacevole possibile questa recensione non contiene spoiler.

Un nuovo gioco di troni?

Al Pacino Hunters
Al Pacino nella serie TV Hunters

La trama di Hunters parte da delle premesse che si possono ritenere interessanti anche se già rischiose. È il 1977 e Jonah Heidelbaum (Logan Lerman), un ragazzo di origini ebraiche, dopo la morte della nonna a cui era affezionato viene preso sotto la protezione di Meyer Offerman (Al Pacino) che lo inserisce in un eclettico gruppo chiamato I Cacciatori (gli Hunters del titolo), ebrei sopravvissuti al Terzo Reich che, agendo nell'ombra, cercano e uccidono ufficiali nazisti che si sono infiltrati tra le persone comuni in attesa di vendetta. Nel frattempo, un'investigatrice dell'FBI si ritrova nel mezzo di questa segreta guerra tra fazioni e cerca di ricomporre i pezzi di ciò che accade. Una trama semplice e basilare rappresentata perfettamente dalla sigla della serie: una scacchiera, due eserciti, in entrambi le fazioni un re da eliminare. Si potrebbe pensare che siano gli ingredienti perfetti per un gioco intelligente, arguto, pieno di colpi di scena e raffinato. D'altronde il gioco degli scacchi è questo: mosse ragionate, qualche sacrificio magari per arrivare all'obiettivo e vincere il gioco. Corrisponde al meglio anche il manicheismo tra bianchi (gli ebrei) e neri (i nazisti) della scacchiera, colori all'opposto senza sfumature. Una caratteristica che non sarebbe di per sé negativa e che riuscirebbe a simboleggiare una lotta quasi cosmica, quella del bene e del male.

Inglourious hunters

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Hunters: un'immagine promozionale del cast della serie

Peccato che la scrittura non dia merito a queste intuizioni e renda la serie sicuramente imperfetta se non frustrante. Nel corso degli episodi Hunters sembra seguire un canovaccio che poco funziona all'interno della serialità televisiva dei servizi streaming, ma anche della cable premium come HBO, che ci ha abituato ad un nuovo modello seriale nei suoi prodotti. Per gran parte di questa prima metà di stagione Hunters sposa una struttura più o meno episodica e un lieve accenno di trama orizzontale che si fa via via più presente col trascorrere del tempo. Gli episodi hanno un ritmo compassato con alcune punte di vivacità che stimolerebbero una visione, se non in bingewatching, di una manciata di puntate alla volta, la durata di più di un'ora a episodio (l'episodio pilota sorpassa i 90 minuti), però, rende la percezione del tempo più dilatata. Sì, perché - e qui sta il difetto imperdonabile - Hunters sembra non sapere che tipo di serie vuole essere. A volte abbraccia i tempi e la voglia di elevarsi dell'ultimo Refn, quello di Too Old To Die Young (senza però mai raggiungere quell'autorialità del regista danese), a volte preferisce un registro più basso da cinema di genere di serie B scimmiottando Tarantino e il cinema d'exploitation. Le citazioni e i riferimenti al mondo dei fumetti e dei supereroi sono numerosi e lo stesso gruppo di cacciatori ebrei ricorda quelle bande eclettiche e sopra le righe dei film da popcorn più violenti.

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Hunters: Jerrika Hinton in un'immagine della serie

In generale, un riferimento verso i fumetti lo potremmo trovare nella serie di Garth Ennis e Steve Dillon, poi anche prodotto televisivo, Preacher che era fatta di umorismo nero, un parco personaggi esagerato e macchiettistico e una buona dose di volgarità irriverente. È chiaro il tentativo di Hunters di replicare questo modello di "satira di genere" cambiando il tema religioso con quello del nazismo e dell'antisemitismo (la nazisploitation in stile Ilsa - La belva delle SS o, per citare opere più note, Bastardi senza gloria), ma nel farlo commette il peccato più grande di volersi anche prendere troppo sul serio. Questi due registri non trovano mai una vera alchimia e il risultato lascia alquanto basiti visto anche il tema principale che si va a rappresentare.

Cacciatori di cattivo gusto

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Hunters: Greg Austin in un'immagine della serie

Occorre fare una premessa a questo punto: chi scrive è un amante del cinema di serie B, del cinema di genere più dissacrante, violento, anarchico e sopra le righe. Se l'arte ci ha insegnato qualcosa è quello di poter rompere barriere, osare, esagerare, provocare e magari anche fare arrabbiare lo spettatore. Va bene essere turbati e va bene anche trovare qualcosa di cattivo gusto. Serve però una scrittura solida per non tanto giustificare quanto per accettare il gioco. Hunters, purtroppo, non ce l'ha e giocando in un campo minato non ci mette molto a procedere a passi goffi e pesanti e a calpestare ogni mina. Nel momento in cui il cambio di registro, quello serio e quello più divertente, si uniscono all'alternanza tra presente irriverente e passato che mostra in maniera seria il campo di concentramento, la serie mette a durissima prova. Il problema non sta tanto nel mostrare le atrocità dei nazisti nei confronti degli ebrei, ma nel trattare quei momenti in maniera estremamente seria e subito dopo prendere alla leggera un omicidio negli anni Settanta con una doccia a gas. È uno scarto non ben accompagnato, grezzo, poco elegante e che nei momenti seri non fa in modo che lo spettatore dia il giusto peso a ciò che viene mostrato e che nei momenti divertenti non si senta a proprio agio per divertirsi.

Le 12 serie TV da vedere del 2020

Un album di figurine

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I personaggi di Hunters

Proseguire la visione di Hunters è come sfogliare un album di figurine incompleto. Ci sono belle foto, dei bei nomi, ottimi volti, ma la sensazione è quella di trovarsi di fronte a un prodotto che non ha personalità: un database di facce dove il racconto sta da un'altra parte, fuori dal libro. A nulla serve avere Al Pacino nel cast se il personaggio che interpreta è anonimo e non rende giustizia al nome e alle doti recitative dell'attore (pensiamo solo a quanto invece sia riconoscibile in The Irishman). Non che la narrazione possa rendere in qualche modo giustizia al cast anche se, prendendo i momenti più kitsch, bisogna ammettere che il parco attori ha la fisionomia perfetta per i personaggi che interpretano: la ragazza di colore tosta richiama Coffy o comunque il modello della ragazza di colore forte al cinema, i nazisti hanno proprio il volto dei nazisti, il duro anni Settanta coi baffoni è come lo immaginiamo e l'abbiamo visto in mille altre occasioni. In questi cliché visivi Hunters è clamorosamente centrato, perfetto, giusto. E quando questi personaggi devono fare "i personaggi" e la serie mostra il suo vero volto, ovvero quello del divertissement di serie B da guardare con una birra ghiacciata in mano, un sacchetto di patatine e una compagnia di amici sul divano, non potremmo trovare di meglio per divertirci. Ma sono pochi sparuti momenti in mezzo alla confusione di tono e di scelte narrative e tematiche, e il risultato è quello di venire soffocati presto dal pressapochismo generale.

Conclusioni

Per concludere la recensione dei cinque episodi di Hunters vogliamo sperare che la seconda metà di stagione, alla luce del quinto episodio, possa liberarsi dell’indecisione che rende la visione faticosa e ben poco interessante di questa serie. Se liberata dai tempi morti, dal tentativo di fare un discorso più alto rispetto a quello che dovrebbe essere, se quindi abbracciasse il puro intrattenimento caciarone, non abbiamo dubbi che Hunters possa diventare un piccolo guilty pleasure anche abbastanza divertente nonostante il tema rischioso. Ma con questa scrittura confusa forse arrivare a metà stagione sarebbe già chiedere molto allo spettatore meno paziente che, a meno non abbia un gusto e una passione tale da giustificare la visione, potrebbe abbandonare presto la serie.

Movieplayer.it
2.0/5
Voto medio
3.3/5

Perché ci piace

  • L’idea di base di una guerra segreta tra ebrei e neonazisti è intrigante.
  • I momenti appartenenti al cinema di serie B tutto sommato funzionano.

Cosa non va

  • Troppa confusione a livello di scrittura che appiattisce l’interesse.
  • Cambio di registro e tono altalenante con un argomento delicato che meriterebbe più attenzione.
  • Il cast visivamente azzeccato non dimostra la sua qualità.