Finisce E.R., un serial che ha fatto la storia della TV

Termina dopo quindici anni una delle serie che ha contribuito a formare la storia della televisione americana: E.R., creata da Michael Crichton.

Ross: Così siete di Chicago?
Neela: Già.
Ross: Di dove? Lavoravo là...
Sam: County.
Ross: State scherzando! Ci ho fatto la specializzazione!
Neela: Davvero?
Sam: Ma dai!
Neela: Era un chirurgo?
Ross: No, un pedriatra. Pediatria d'urgenza. Kerry Weaver è ancora in giro a dare ordini?
Neela: No, se n'è andata un paio di anni fa.
Ross: Peter Benton? Susan Lewis?
Neela: C'era Abby Lockhart quando lavorava là?
Ross: No.
Sam: E Greg Pratt?
Ross: No. Tu sei in chirurgia, giusto?
Neela: Sì.
Ross: E Anspaugh?
Neela: Sì, lui c'è ancora.
Ross: Sì?
Neela: Sì.
Ross: Bene... Portategli un saluto da parte mia. Ditegli che Doug Ross lo saluta.

Abbiamo scelto di aprire questa nostra riflessione su E.R. - Medici in prima linea e la sua stagione conclusiva, la quindicesima, con questo estratto dall'episodio Old Times perchè rende perfettamente l'idea del tempo passato dai suoi primi episodi ad oggi e dell'evoluzione che la serie ed i suoi personaggi hanno avuto. La situazione è la seguente: Sam e Neela sono in attesa nel centro gestito dal dottor Ross e la Hathaway a Seattle per prelevare un cuore da trapiantare ad una donna in attesa al County Hospital a Chicago e Ross si incuriosice sapendo della loro provenienza. Ross, e lo stesso George Clooney che lo interpreta, è ormai lontano anni luce da quegli inizi della sua carriera e la conversazione sfocia quasi nell'imbarazzo quando questa consapevolezza emerge, accorgendosi che i nomi degli ex colleghi non dicono nulla a Neela e che quelli che lei a sua volta gli cita sono degli estranei per lui.
Per noi spettatori è l'occasione di assistere ad una giornata di lavoro della celebre coppia allontanatasi dalla serie molti anni or sono, ora alle prese con la gestione di un centro specializzato in trapianti di organi, e di apprezzare l'abilità degli autori nel presentarcela nel migliore dei modi: Ross e la Hathaway, infatti, non sanno che il rene che affidano a Sam e Neela in aggiunta al cuore per farlo consegnare in un altro ospedale di Chicago, il Northwestern, è destinato ad una loro vecchia conoscenza, il dottor Carter, ed al riguardo sapranno soltanto in seguito che è servito a salvare la vita di un medico.

E' con la stessa delicatezza e naturalezza che gli autori hanno gestito tutta la stagione finale di E.R., tra ultime partenze e ritorni illustri, portandoci per mano verso la degna conclusione di una delle serie che, ormai che è finita possiamo dirlo, ha contribuito a formare la (breve) storia della televisione.
Nello stesso episodio Old Times, infatti, apprezziamo anche la rimpatriata tra Carter ed il dottor Benton, chirurgo nella struttura dove il suo ex allievo viene operato, vedendo riemergere il rapporto tra i due a cui eravamo abituati, e nel bellissimo Heal Thyself accogliamo con emozione il ritorno in scena di Anthony Edwards per riportare in vita l'amato dottor Greene. Anche in quest'ultimo caso, nessuna forzatura, ma un episodio intenso che usa il vecchio protagonista della serie per raccontarci il dramma vissuto dalla dottoressa Banfield, la nuova direttrice interpretata da Angela Bassett, e definirne il personaggio da poco aggregato al cast.
Ma non sono gli unici ritorni: And in the end..., il doppio episodio finale andato in onda lo scorso 2 aprile in patria, riporta in scena il già visto Eriq La Salle accompagnato dal piccolo figlio Reese, che gli spettatori di lunga data hanno visto nascere e crescere affrontando la sua sordità, la dottoressa Corday (Alex Kingston), la Lewis (Sherry Stringfield) e la Weaver (Laura Innes), tutti accorsi per l'inaugurazione della struttura ospedaliera voluta e finanziata da John Carter.
Molti ritorni, quindi, a cui si aggiunge la presenza forte di Rachel Greene (Hallee Hirsh), figlia del dottor Greene, in visita all'ospedale per un colloquio preliminare per l'iscrizione alla facoltà di medicina, per seguire le orme del padre, una presenza nel segno della continuità e che dà un'ulteriore prova dell'abilità degli autori di E.R. nel creare un entità ospedaliera vera, viva e reale, in cui i personaggi si sono alternati in modo quasi spontaneo nel corso degli anni.
Del cast iniziale, infatti, quasi nessuno è ancora al lavoro al County Hospital, come sottolinea il dialogo citato in apertura, e gli ultimi addii celebri sono stati quelli di Abby e Kovac (Maura Tierney e Goran Visnijic) nel terzo episodio della stagione, The Book of Abby; addii, in alcuni casi degli arrivederci, di cui porta testimonianza un muro presente nei sotterranei nell'ospedale su cui sono attaccati i cartellini degli armadietti con i nomi degli ex dipendenti, dove Neela alla sua partenza in Shifting Equilibrium viene accompagnata per aggiungere il proprio.
Sono invece ancora presenti molte figure di contorno, infermiere ed inservienti, che hanno definito la serie nonostante il poco spazio a disposizione e celebrate in What We Do con un documentario amatoriale da loro stessi girato con un cellulare in risposta al vero documentario che una troupe televisiva sta realizzando intervistando soltanto medici ed infermiere.

Nuovi medici, nuovi direttori, anche nuove infermiere, in un'alternanza giustificata dai quindici anni di durata della serie, nata dalla mente di Michael Crichton, salutato da Eriq La Salle in apertura di Heal Thyself nei giorni successivi alla sua morte per cancro avvenuta lo scorso 5 Novembre. Non si tratterà forse della serie più longeva della televisione americana, ma quindici anni sono bastati per darci la sensazione che E.R. fosse un punto fermo della nostra vita televisiva e lascia un vuoto incolmabile nel palinsesto della NBC, ma in generale di tutta la TV USA. Per trovarne una prova ci basta dare un'occhiata alla prossima stagione per notare che accanto ai consolidati Grey's Anatomy (con il suo spin off Private Practice) ed House, che comunque affrontano il medical drama in modo ben diverso, troviamo Mercy, Trauma, Miami Trauma e Three Rivers, senza contare le nuove serie attive già questa estate, da Mental a Royal Pains ed Hawthorne, passando per la risposta alternativa della Showtime con Nurse Jackie.
Quindici anni in cui i personaggi non si sono solo alternati, ma sono anche cresciuti, maturati, evoluti, formati dalle esperienze vissute, dai drammi affrontati, dalle soddisfazioni personali e professionali. Quindici anni in cui hanno dovuto fronteggiare i loro demoni, sconfiggendoli o soccombendo ad essi, in cui storie d'amore sono nate e finite, in cui molte vite sono cambiate, comprese quelle degli spettatori della serie: quindici anni fa chi scrive era poco più che ventenne ed ha trovato facile immedesimarsi nell'innocenza e nell'idealismo del dottor Carter, mentre iniziando a guardare la serie oggi troverebbe forse una maggiore affinità con il dottor Benton.

In questi quindici anni i personaggi della serie, brillantemente scritti, raccontati ed interpretati, hanno catalizzato l'attenzione, distogliendola dal vero protagonista di E.R.: il pronto soccorso, messo in evidenza da Crichton sin dal titolo della serie, ma indirettamente celebrato dalla loro passione, dipinto dalle loro emozioni, rappresentato dai loro successi ed anche dai loro errori. Il pronto soccorso, l'emergency room del titolo, formato dalle stanze che abbiamo imparato a conoscere ed amare, che hanno ospitato le innumerevoli storie che ci hanno emozionato, capaci di farci passare senza soluzione di continuità dalla commozione al sorriso, dall'angoscia alla gioia.
E' per lui, il County Hospital di Chicago, l'ultima inquadratura della serie: mentre la camera si allontana discreta, lasciando i medici al loro lavoro, pronti ad affrontare l'ennesima emergenza alla quale non siamo autorizzati più ad assistere, la facciata dell'ospedale, con il treno della metropolitana che lo costeggia, si mostra a noi per la prima e l'ultima volta.