Doctor Who, The End of Time: l'addio di David Tennant

Il doppio episodio speciale in onda tra Natale e Capodanno dà l'addio al decimo, amatissimo Dottore, David Tennant, e saluta l'arrivo di Matt Smith, che sarà protagonista della stagione 5 in onda dalla primavera 2010 in UK.

Questa volta Davies non si è proprio controllato.
Le aspettative per l'ultimo episodio di Doctor Who sotto l'egida di Russell T. Davies - nonché l'ultimo interpretato da David Tennant - sono state altissime e come era inevitabile che accadesse per il finale di una serie della portata mitica di Who, il risultato ha soddisfatto alcuni e deluso altri. End of Time (la prima parte in onda su BBC1 a Natale 2009, la seconda a Capodanno 2010), l'ultimo speciale di Doctor Who, edizione 2005, racconta l'ultima e più grande sfida del Decimo Dottore (Tenth Doctor, o più semplicemente "Ten"), una sfida anticipata dai precedenti Planet of The Dead e The Waters of Mars sotto forma di una sinistra profezia che contempla l'inevitabile morte dell'Ultimo Signore del Tempo.
Davies è un agguerrito assertore dei finali di stagione iperbolici, caratterizzati da scenari apocalittici e ritorni roboanti di arcinemesi del gallyfreyano - i Dalek, i Cybermen, il Master (il Maestro) -, per questo non stupisce che per l'addio al Decimo Dottore attinga nuovamente al bacino di nemici classici della serie. Il prologo di End of Time esplica la profezia degli Ood - le creature telepatiche simili allo Zoidberg di Futurama introdotte in L'abisso di Satana - parte 1 - sulla quale Ten viene edotto a ridosso della sua realizzazione, rilasciata in ritardo a causa di un Dottore latitante e refrattario ad affrontare l'ennesimo devastante e doloroso scontro.

La scelta, dopo la separazione da Donna Noble - magnifica compagna privata dei ricordi delle avventure trascorse con l'alieno - di viaggiare da solo, ha sortito terribili effetti: senza il contatto costante con l'umanità degli adorati terrestri, il Dottore ha lentamente perso la propria, lasciandosi tentare dal potere sovrumano di modificare a proprio piacimento gli eventi storici. Il finale di Waters of Mars mostra un Signore del Tempo esasperato dal fato e deciso a cambiare il corso degli eventi; sarà - di nuovo - una donna umana ad aiutare il gallyfreyano a comprendere l'abominio.
Il Dottore raggiunge tardivamente gli Ood perché ha indugiato in viaggi "di svago" (per colpa sua la regina Elisabetta I ha perso la ragione del suo celebre soprannome!) e giunge quando la cerimonia per la rinascita del Master è già in corso. Sabotata dalla (ex)moglie Lucy, la resurrezione del folle Signore del Tempo è stata parzialmente invertita, con il risultato che ora questi si aggira - più pazzo e pestifero che mai - per la periferia londinese in cerca di carne umana di cui nutrirsi per rallentare la perdita di energia vitale provocatagli dalla ex signora Saxon.
L'incontro tra il Master e Ten è una vera delizia: in una scena speculare al finale di L'ultimo signore del tempo, il Master abbraccia il Dottore da lui stesso ferito prima che questi cada a terra... per poi mollarlo sull'asfalto e lanciarsi in uno sproloquio che culmina con il primo climax dell'episodio: la scoperta, da parte di Ten, che i battiti nella testa dell'arcinemico non sono un sintomo fantasioso della sua follia, ma sono reali, essi stessi la causa della sua pazzia.
Il Master rifiuta l'offerta di Ten di unirsi per contrastare l'imminente realizzarsi della profezia, presuntuosamente convinto di essere lui stesso il catastrofico evento in arrivo, e anzi ricambia l'offerta di pace del compatriota trasformando tutta gli umani della Terra in... sè stesso.
Con la Terra popolata da 6 miliardi di copie del Master, la profezia sembra compiuta nel peggior modo immaginabile per il Dottore (e i poveri umani), ma la minaccia è immensamente più grande e contempla l'annichilimento dell'intero universo.
La prima parte di End of Time regala l'atteso ritorno del Master, ma si conclude lasciando un senso di incompiutezza: un confronto bilanciato tra Maestro e Dottore è invalidato dalla trasformazione del primo in un villain dai superpoteri ancor più irragionevole, e resa impossibile dal suo sdoppiamento in miliardi di individui. John Simm è bravissimo a portare il Maestro a un nuovo livello di follia (con tanto di risata malefica), bulimica e fagocitante, ritenendo sprazzi di una lucidità dolente che rappresenta l'unico momento possibile di confronto tra lui e il Dottore; Tennant dà come al solito del suo meglio nell'alternare brevi momenti di allegria ad altri di nostalgia e rimorso.
Incredibilmente, è proprio l'elemento fantascientifico il punto debole di End of Time: la divertentissima trasformazione dei terrestri in tante copie del Master non basta a salvare l'episodio da elementi narrativi ridondanti, campati in aria e a volte un po' ridicoli come l'"emo" (così lo definisce lo stesso Simm) Master volante e lampeggiante, la macchina aliena riesumata dal nulla in grado di risistemare a livello cellulare qualsiasi organismo vivente, e soprattutto il ritorno finale alla Star Wars dei Signori del Tempo.
Altri riferimenti - che normalmente ci garberebbero tanto - a Guerre Stellari si moltiplicano in The End of Time: Part Two (la battaglia con le torrette, il bar degli alieni che ricorda la Cantina di Mos Eisley), tuttavia è proprio l'epilogo della prima parte a non funzionare: Davies, questa volta, pecca più del solito di megalomania e decide di regalare al pubblico in commiato nientemeno che il ritorno in blocco dei Signori del Tempo. E del Master.

Nella ridondanza degli elementi narrativi introdotti o reintrodotti in End of Time si annichilisce la preziosità di ognuno. Lo sceneggiatore perde l'occasione per fornire un senso di "closure" al rapporto tra Master e Doctor, e contemporaneamente priva la trama relativa al ritorno di Gallifrey del tempo narrativo necessario.
La seconda parte di End of Time regala, infatti, un'altra bella scena di confronto tra Dottore e Maestro, anch'essa sospesa e mai più seguita da una chiarificazione finale tra i due: come la telefonata di Donna interrompe il dialogo tra i due gallifreyani, il confronto finale tra il Dottore e il Maestro interferisce con quello tra Lord President e Dottore, a suo volta disturbato da quello tra Dottore e Maestro. Un elemento è sempre di troppo, e alla fine il ritorno del Master e quello dei Signori del Tempo si risolvono in due occasioni sprecate e parzialmente irrisolte.

End of Time non getta alcuna luce sul processo che ha condotto Rassilon e gli altri saggi a soccombere alle manie di onnipotenza, dimostrandosi in nulla migliori del disprezzato Master, né regala un commiato soddisfacente tra Master e Ten, laddove il primo difende il secondo spinto dal desiderio di vendetta nei confronti di Rassilon e non dalla scelta di schierarsi - finalmente - dalla parte di Ten, perdendosi nel tunnel spazio temporale che riporta Gallifrey nel suo sigillo temporale.
Tolti i gallifreyani, oltre al Dottore restano la curiosa coppia di pungenti Vinvocci - funzionali quanto dimenticabili - e gli umani, quell'umanità per la quale il Dottore si è schierato più volte contro la propria razza, quegli umani che ha incontrato nel corso delle avventure degli ultimi quattro anni.

Il rapporto tra il Dottore e i terrestri - le compagne, gli amici e i parenti di queste - è l'elemento che fa di End of Time un episodio finale degno della serie. L'incontro tra Wilfred e un Dottore solo e disperato, le coincidenze inspiegabili che fan sì che il nonno di Donna e Ten si scontrino ripetutamente, il rapporto quasi filiale che si crea tra i due, l'infinità umanità del personaggio del vecchio soldato che non ha mai ucciso nessuno, rappresentano la parte più riuscita di End of Time. Bernard Cribbins è un interprete straordinario, che è riuscito a guadagnarsi il ruolo di confidente e compagno privilegiato del Dottore partendo come comparsa in Voyage of the Damned.

La conversazione, innescata dal passaggio di Donna, tra Wilfred e il Dottore al bar, e articolata tra la preghiera del vecchio di aiutare la nipote, il rammarico del Dottore e la confidenza di questi che confessa il suo peccato di arroganza e la sue paure più nascoste, è il momento più memorabile di End of Time. L'affezione che si crea tra i due durante questo scambio di battute basta a giustificare la scelta finale del Dottore di ottemperare alla profezia: è per salvare la vita del vecchio amico che l'alieno morirà, sacrificandosi.
Davies, la solita volpe, fa seguire una lunga sequenza in cui Ten si regala un saluto finale agli ex compagni, arrogandosi - forse per l'ultima volta - il diritto di alterare gli eventi; il lunghissimo epilogo strappalacrime a uso e consumo del pubblico in lutto culmina nella rigenerazione finale, in cui un Dottore con tanti amici "muore" disperato e solo, per rinascere in forma di ragazzino esagitato.
Dispiace il poco spazio concesso a Donna, rallegrano e commuovono i camei di Martha e Mickey (il signor e la signora Smith?), della dolce Sarah Jane, del devastato Capitano Jack post-Children of Earth (che Ten invita a consolarsi con il giovane Alonso di Voyage of the Damned) e di una spensierata Rose.

Il timone ora passa a un nuovo Dottore, una nuova compagna e soprattutto, un nuovo produttore. Davies ha riportato agli antichi fasti la serie nata nel 1963, trasformando un prodotto di fantascienza vintage nel telefilm più popolare del Regno Unito: il brillante e spudorato autore di Queer as Folk ha reso Doctor Who, serie eletta dei solitari sci-fi geek di tutto il mondo, la trasmissione per famiglie del sabato sera più seguita d'Inghilterra (End of Time ha sfiorato gli 11 milioni di spettatori). Ci chiediamo che cosa ne sarà della serie dopo la dipartita di Tennant e Davies: il nuovo Dottore, interpretato dal bisnipote di Dracula - il giovanissimo Matt Smith - ha già mietuto dichiarazioni di whoviani che giurano di boicottare i nuovi episodi, la stessa promessa che fu fatta al congedo del Nono Dottore - Christopher Eccleston - unanimatamente ritenuto insostituibile.

Tennant, grazie a una interpretazione magistralmente bilanciata tra commedia e dramma, ha abbattuto le reticenze dei detrattori più irriducibili e ha convinto molti di essere "IL" Dottore per eccellenza, per questo Smith merita almeno il beneficio del dubbio. L'abbandono di Russell T. Davies sembra una ferita insanabile per Doctor Who: Davies è un produttore geniale nell'interpretare i desideri del pubblico, tuttavia, come - seppur bravo - sceneggiatore, megalomania e autoreferenzialità lo rendono spesso incapace di porre dei limiti narrativi alle proprie storie. Al suo posto subentra Steven Moffat, probabilmente il migliore screenwriter del Regno Unito (con lui possono competere solo Paul Abbott - Shameless, State of Play, Cracker - e Peter Bowker - Desperate Romantics, Occupation, Blackpool), autore di Coupling e soprattutto del geniale Jekyll; molto meno pirotecnico e sfrenato di Davies, Moffat unisce la dote nel saper mettere in scena brillantemente riflessioni etiche ed esistenziali al rarissimo talento di raccontare storie ribaltandone aspettative e punti di vista. Gli episodi da lui scritti per Doctor Who 2005 (Il Bambino vuoto - parte 1, Il Bambino vuoto - parte 2, Finestre nel tempo, Colpo d'occhio, Silence in the Library e Forest of the Dead) sono tra i migliori della serie, e certamente come headwriter della nuova edizione (il ritorno di Doctor Who è previsto per la primavera 2010) delizierà gli spettatori con nuovi capolavori.