Spietato come i suoi cowboy, mistico come i suoi fiumi, prezioso come la sua talentuosa pugile. Un regista che ha sviluppato un tatto raro, ben riconoscibile dal suo sguardo lucido, asciutto, severo ma non privo di empatia. Per questo parlare dei migliori film di Clint Eastwood significa sporcarsi le mani con storie spesso crude, addentrarsi nei meandri più scomodi e dolorosi dell'essere umano. Perché quelli del grande Clint sono personaggi messi alle strette dal dolore e dal lutto, uomini e donne calati dentro racconti da cui emerge sempre una toccante umanità.
Un regista infaticabile, che anche a 90 continua a scolpire il suo stesso mito nella storia del cinema con la solita naturalezza disarmante. Per celebrare questo grande autore, abbiamo pensato di omaggiarne la straordinaria carriera da regista passando in rassegna le sue opere più belle e segnanti. Una filmografia all'insegna di un cinema impregnato di dolente umanità.
La lista che segue non è una classifica (l'azzardo sarebbe eccessivo), ma un elenco in semplice ordine cronologico in cui si ritrovano i segni tangibili di un autore grande interessato sia all'ordinario che allo straordinario, a racconti svuotati di epica, riempiti soltanto di disincanto.
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1. Bird (1988)
Non di sole immagini vive il cinema eastwoodiano. Dalle colonne sonore composte direttamente da lui in persona ad omaggi appassionati come Jersey Boys, è facile capire quanto la musica sia una passione viscerale del nostro Clint. Ce lo aveva già confermato Bird nel 1988, appassionato e rispettoso biopic dedicato alla vita spezzata di Charlie "Bird" Parker, geniale sassofonista, interprete del lato più anarchico e talentuoso del jazz. Affidandosi alla notevole prova di Forrest Whitaker, Bird aggira la ricostruzione dei fatti secondo un ordine cronologico per affidarsi a sprazzi significativi della breve ma intensa esistenza di Charlie Parker. Grazie a un film notturno, in cui le note scivolano via assieme a un personaggio ispirato quanto autodistruttivo, Eastwood dimostra di entrare sottopelle anche quando cambia spartito.
2. Gli spietati (1992)
Un western sul western. Metacinema allo stato puro. Dopo essere diventato una star grazie allo storico genere ambientato nello sporco Far West, Clint Eastwood rimette la pistola nella fondina per dire a tutti che nel 1992 il grande western è morto. Non è più tempo degli eroi irreprensibili, della vecchia e grandiosa epica di frontiera, di personaggi valorosi e senza macchia. Pieno di disincanto, cinismo e profonda disillusione, Gli spietati mette alla berlina la figura del cowboy infallibile attraverso un pistolero vecchio e fuori allentamento che sancisce la crisi definitiva delle grandi narrazioni. Lontano mille miglia dal western arioso e poetico che glorificava il paesaggio, Gli spietati è rinchiuso dentro spazi ristretti e coperto da una pioggia incessante. Il cowboy è giunto al tramonto. E il western è ormai immerso nel crepuscolo.
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3. Un mondo perfetto (1993)
Un evaso e un ragazzino preso in ostaggio si aggirano nella brulla vastità del Texas. Un rapporto improbabile che diventa poco per volta il cuore pulsante del film. Un mondo perfetto ha un titolo che assume le fattezze dell'ossimoro, perché la perfezione nel cinema eastwoodiano è pura utopia. Però forse una speranza c'è. Non certo nelle istituzioni americane, non nella politica corrotta e nella giustizia fallibile, ma nelle piccole cose. Ecco che la convivenza tra il redento Robert 'Butch' Haynes (Kevin Costner) e il piccolo Phillip diventa una scintilla in cui trovare nella paternità e negli affetti i semi di qualcosa di buono da coltivare.
4. I ponti di Madison County (1995)
Dimenticate l'ispettore dallo sguardo torvo e il cowboy col grugno sempre pronto. Nel romantico I ponti di Madison County, Clint Eastwood ammorbidisce i suoi lineamenti vestendo i panni del sensibile fotografo Robert Kincaid. Sul suo cammino, in una torrida estate in Iowa, Robert incontra Francesca, casalinga di origini italiane (baresi, per essere precisi) ormai spenta e assuefatta a una vita rassicurante e senza più vertigini. L'incontro tra i due è un'apoteosi di intesa, complicità, dolcezza e passione. Incredibile l'alchimia tra Eastwood e Meryl Streep, come se stessero davvero insieme da sempre. Uno dei migliori film romantici, che riflette sul coraggio di abbandonare le proprie certezze in nome di una felicità autentica. Ed ecco il solito amaro retrogusto eastwoodiano, in grado di rendere I ponti di Madison County un'opera struggente.
5. Mezzanotte nel giardino del bene e del male (1997)
Ancora una volta un romanzo a ispirare la filmografia del caro, vecchio Clint. Mezzanotte nel giardino del bene e del male, tratto dal romanzo di John Berendt, conferma la bravura di Eastwood nell'insinuarsi nel dubbio tra colpa e innocenza (ammesso che gli innocenti esistano davvero). Se ci riesce è perché la sua regia riesce a rimanere sempre lì, alla giusta distanza dai suoi personaggi, senza mai cadere nella tentazione del giudizio. Accade anche a questo film che deve fare luce su un omicidio (passionale o legittima difesa) ispezionando i pregiudizi di una cittadina intera. Anche in Mezzanotte nel giardino del bene e del male (film forse fin troppo sottovalutato) gli interpreti (John Cusack e Kevin Spacey) sono diretti in nome della compostezza e del rigore più assoluto.
6. Mystic River (2003)
Ci sono fiumi che non hanno sbocchi in mare aperto, ma rimangano tappati, bloccati, castrati. Succede alle vite segnate per sempre da traumi vincolanti. Parte da una classica indagine (trovare l'assassino di una ragazza ammazzata), ma Mystic River sfocia altrove, sfiorando l'amicizia, l'amarezza e l'ineluttabile ferocia di certe esistenze. Qualche anno prima di scomodare l'eutanasia, Eastwood tocca un altro tasto dolente come la pedofilia, e lo fa con un rispetto e un tatto posseduto solo dai grandi. Grazie a un cast corale in stato di grazia (difficile capire chi sia più ispirato tra Sean Penn, Tim Robbins, Kevin Bacon e Laura Linney, ma i primi due vinceranno un Oscar), Mystic River alterna il ritmo lento delle acque quiete a sequenze dirompenti, spietate e indimenticabili.
7. Million Dollar Baby (2004)
Non tutti i film si rivedono volentieri. Million Dollar Baby] è uno di questi. Senza alcun dubbio. Nel 2004 Eastwood ci mette in un angolo, ci attacca ai fianchi e tira un poderoso pugno dello stomaco mettendo in scena la storia della pugile Maggie, decisa a rimettersi in gioco per uscire da una vita di miserabile e dimenticata solitudine. Al suo fianco troviamo il coach Frankie, interpretato da un Eestwood ispessito, diffidente, ma capace di dosare la sua tenerezza col contagocce quando tutto precipita. Basato sull'abbraccio istintivo tra due persone che si riconoscono l'una nell'altra, Million Dollar Baby è davvero un incontro di boxe diviso brutalmente in due round. Nel primo Eastwood ci illude di assistere alla classica storia di riscatto sportivo, nel secondo ci spezza le ali con l'assurdo irrompere di un dolore tremendo, che porta il film e lo spettatore davanti a un bivio etico. Nel dubbio, siamo certi che l'aspro Million Dollar Baby, sia un film magnifico.
8. Flags of Our Fathers e Lettere da Iwo Jima (2005-2006)
Perdonateci la scorciatoia, ma se abbiamo deciso di inserire due film nella stessa posizione, è perché consideriamo Flags of Our Fathers e Lettere da Iwo Jima assolutamente inscindibili e complementari (pur considerando il primo inferiore al secondo). Il dittico bellico di Eastwood suggella la migliore capacità di ogni grande regista: adottare un punto di vista originale. Ed è così che la Seconda Guerra Mondiale viene vista sia dal fronte americano che da quello giapponese. Il tutto senza mai cadere nella retorica e nel patriottismo, ma mostrando uno scetticismo critico nei confronti della propaganda nazionalista statunitense. Sul versante nipponico, poi, Eastwood dà il meglio di sé grazie a un affresco bellico umano e toccante.
9. Gran Torino (2009)
Per dieci anni abbiamo temuto che l'addio fosse questo qui. L'ultima volta di Clint dentro un suo film, a bordo di una scintillante Gran Torino da venerare in garage. Gran Torino è prima di tutto uno scrupoloso ritratto che si specchia nel volto scarno, aggrinzito e rugoso di Walt Kowalski. Reduce di guerra solitario, sprezzante, rinchiuso nella sua tana fatta di intolleranza e razzismo, Walt è allergico a tutto e a tutti: parenti, figli, nipoti e soprattutto vicini asiatici. Però quando la violenza torna a bussare alla sua porta, nella gelida coscienza di Kowalski ha inizio un graduale disgelo che lo conduce verso un senso di protezione inaspettato. Attraverso un rapporto empatico tra il vecchio reduce e il giovane Theo, Gran Torino fa germogliare una grande empatia laddove sembrava esserci soltanto aridità. E la metafora dell'automobile che esce dal suo recinto per tornare in strada, guidata da un giovane erede, è una metafora semplice quanto memorabile.
10. American Sniper (2015)
Il cinema è "adozione di un punto di vista", sguardo, ottica, prospettiva. Così Clint Eastwood guarda l'Iraq da una posizione inedita. Non si immerge nel caos del corpo a corpo, ma si mette lontano, fuori dalla mischia, concedendo al suo militare il tempo di osservare, capire, valutare e quindi scegliere. Questa è la condanna di Chris Kyle: avere il tempo per scegliere. "Decisione tua" è il motto ricorrente di American Sniper, film classico nelle dinamiche e nei tempi della messa in scena, che percorre il doppio binario dell'andare e del non fare mai più ritorno. Questa volta il grilletto è una coscienza piccola e timida che sussurra a voce bassa nell'orecchio frastornato di un uomo che impara presto a fare i conti con l'assuefazione mortifera.La grandezza di questo film sta nella sintesi con la quale Clint marchia le motivazioni della sua America. Nessuna denuncia esplicita, nessuna riflessione sull'origine di questa missione livida. Basta un marchio: quello di The Punisher. L'icona fumettistica, impressa su carri armati e giubbotti antiproiettile, fa di tutti i Seal una mandria di Frank Castle mossa dal desiderio di vendetta come l'antieroe Marvel. La causa di tutto è semplice, basta un teschio silenzioso e violentissimo, e allora tanto vale soffermarsi sulle conseguenze, accanirsi sul corpo pompato e lo sguardo svuotato di Bradley Cooper.
11. Sully (2016)
Capitani, statisti, piloti, soldati che devono decidere in pochi istanti se premere o non premere un grilletto. A Eastwood piace ispezionare persone messe alle strette, sotto pressione, costretti a rendere conto delle proprie grandi responsabilità. Succede anche nell'antieroico Sully, storia vera di un miracoloso ammaraggio sul fiume Hudson, nel quale Clint lavora di sottrazione grazie al suo marchio di fabbrica: il senso della misura. Grazie a un Tom Hanks che pesa ogni espressione e parola, Sully mette in dubbio l'integrità di un uomo capace di salvare centinaia di vite oppure di metterle a repentaglio. In questa zona grigia si muove un film dedicato al fattore umano nel cuore degli eroi. Un film che fa diventare il senso del dovere una vera e propria vocazione.
12. Il Corriere - The Mule (2019)
Ha il volto segnato dal tempo, lo sguardo affaticato, l'aria riluttante. Un anziano signore si avvia a compiere la sua ennesima fatica, facendo da corriere per loschi affari tra gentaglia. Sembra l'ultima tappa di una lunga carriera, il canto del cigno di un uomo che ammette tutti i suoi errori: essere stato un pessimo padre, un marito mediocre, aver anteposto il lavoro alla famiglia. Mentre si trascina a fatica verso il suo destino, ripete all'infinito che sarà l'ultima volta. È davvero difficile non trovare un punto di contatto tra il personaggio e la trama de Il Corriere - The Mule e Clint Eastwood. Perché sì, il grande regista di San Francisco non ha avuto una vita privata irreprensibile e sì, di lavoro ne ha fatto tanto (per fortuna), scolpendo il suo nome nella pietra del grande cinema. Questo è soltanto uno dei tanti motivi per cui confidiamo che tutti i riferimenti metanarrativi offerti da Il Corriere che profumano di grande addio, siano solo suggestioni e non indizi. Non vorremmo che fosse l'ultima volta di Clint davanti alla macchina da presa. Un altro ancora, infaticabile Clint. Un altro ancora.