Il 2 dicembre del 1988 usciva nelle sale italiane Chi ha incastrato Roger Rabbit?, il film di Robert Zemeckis che avrebbe fatto storia. Per molti motivi: per il personaggio di Jessica Rabbit e la sua indimenticabile battuta ("Io non sono cattiva, è che mi disegnano così"), per la performance di Bob Hoskins, per la fantasia che prendeva vita mescolando personaggi in carne e ossa e cartoni animati. Non succedeva in modo così efficace dai tempi di Mary Poppins, ed era destino che - come tutti gli altri film che avevano rivoluzionato il settore degli effetti speciali - anche la storia del coniglio Roger desse nuovo impulso alla produzione.
In principio fu il make-up
Il primo, irrinunciabile, e ancora attualissimo effetto speciale è sempre stato uno: il trucco. Il make-up fin dai tempi del cinema muto rendeva drammatici gli sguardi, sottolineava lo stupore delle espressioni a bocca aperta, rendeva reali cose che gli spettatori non avrebbero mai immaginato di poter vedere. Il tanto bistrattato genere horror fu fondamentale per lo sviluppo dell'industria degli effetti speciali. L'horror e i cartoni animati. Un'accoppiata tanto improbabile quanto efficace nel ricercare nuovi, strabilianti modi per rendere realtà la fantasia degli scrittori e degli sceneggiatori intenti a condividere le loro storie con il mondo intero. Ma prima, c'era stato l'effetto speciale più longevo della storia, quello a cui il cinema e la TV non rinunceranno mai: il make-up. Gli zombie di Romero ne La notte dei morti viventi (1968) erano semplicemente truccati. Non c'era nessun altro tipo di effetto speciale, nel film che cambiò la storia del cinema, non solo del genere horror, con un budget di 100.000 dollari e le riprese nei weekend. Perché a quel film lavorò anche Tom Savini, uno dei due "maghi" degli effetti speciali - insieme a Rick Baker - destinato a dominare il cinema degli anni '80. E dei primi anni '90.
Il make-up, oggi come allora, prevede ore e ore di applicazioni, protesi in lattice, effetti complessi d'invecchiamento, ogni genere di malformazione, cicatrice e ferita possibile realizzata "semplicemente" con lattice, sangue finto e tanta perizia. Con l'evolversi delle tecniche e dei materiali, il make-up trasforma gli attori nei personaggi che interpretano. Fisicamente. Favorendo anche la trasformazione recitativa che ci ha regalato le esperienze più disparate, da Il pianeta delle scimmie (la saga iniziata negli anni '60 si fondava sul make-up) alla trasformazione di Ben Kingsley in Gandhi, che nel 1982 portò Tom Smith alla candidatura agli Oscar per quella trasformazione.
Solo nel 1981, cioè quasi un secolo dopo l'invenzione del cinematografo e gli esperimenti di Georges Méliés sulla doppia esposizione e le composizioni di fotomontaggio (siamo nel 1902, al cospetto del padre degli effetti speciali), venne infatti creata la categoria degli Oscar - risalenti al lontano 1929 - per il trucco e gli effetti speciali.
Con oltre mezzo secolo di ritardo. Meglio tardi che mai, certo.
Ma la qualità del make-up resta tutt'oggi ciò che può fare la differenza fra una produzione amatoriale e un kolossal.
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Lupi mannari e prodigi speciali
Il primo film della storia a vincere l'Oscar per il make-up e gli effetti speciali fu Un lupo mannaro americano a Londra. Il capolavoro di John Landis che mescola horror, commedia e una feroce satira sociale mostrava "in diretta" la trasformazione di David (David Naughton) in licantropo grazie a rivoluzionari effetti meccanici che permettevano di esibire l'allungamento delle ossa, la pelle che si ricopre di pelo, i denti che si affilano... una trasformazione impressionante, anche grazie al dolore - rappresentato per la prima volta - sopportato dal malcapitato affetto dalla licantropia.
Dietro le quinte di questa rivoluzione, c'è Rick Baker. Consulente anche degli effetti speciali de L'ululato di un altro grande regista, Joe Dante. Uscito nello stesso anno del capolavoro di Landis, mescola anch'esso satira, horror e commedia e mostra la trasformazione "in diretta", ma l'opera di Landis lo supera sotto ogni punto di vista e L'ululato si limita a contendere il primato (indubbiamente di Landis) della rivoluzione per gli effetti.
Fatto sta che sono stati due film sui lupi mannari a rivoluzionare e consolidare l'immagine dell'industria degli effetti speciali, la carriera di Rick Baker e il genere horror come portatore d'innovazioni tecniche che avrebbero fatto la differenza per tutti i film successivi. A prescindere dal genere d'appartenenza.
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Costruiamo la magia
Parallelamente alle protesi, il cinema impegnò alcuni grandissimi talenti, come quello del nostro Carlo Rambaldi, nella costruzione di creature progettate da zero e realizzate con tecniche tanto sofisticate quanto costose. Rambaldi, il creatore di King Kong (1976), E.T., Alien e degli effetti di Incontri ravvicinati del Terzo Tipo, contribuì in modo essenziale a questo filone. Sfruttato per decenni, con impegno sempre maggiore.
Si pensi, tanto per fare qualche esempio, agli animatronic più famosi, a Bruce - così l'avevano battezzato sul set - lo squalo meccanico che sul set di Spielberg, nel 1975, contribuì alla nascita del primo blockbuster, il primo film campione d'incassi della storia del cinema, per cui il termine stesso blockbuster fu coniato.
Oltre a tutte le creature già citate, naturalmente, ci sono anche i Terminator di Cameron e il primo animatronic: un uccellino di Mary Poppins. Creature robotiche, completamente artificiali, in grado di compiere movimenti più o meno complessi e trasformare l'immaginazione in realtà avrebbero presto lasciato spazio a meno "ingombranti" tecniche come la computer graphic (così conosciuta agli inizi), e a tutte le evoluzioni dei vari effetti creati dai movimenti, come lo stop motion.
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Guarda! Veri dinosauri!
Il 1993 è un anno decisivo per la rivoluzione magica nell'immaginario collettivo. Chi ha visto Jurassic Park al cinema non può aver dimenticato la sensazione condivisa con i protagonisti Sam Neill e Laura Dern: restare a bocca aperta di fronte ai dinosauri più realistici mai visti al cinema. I tempi del Godzilla del 1954 con un attore infilato dentro a un gigantesco costume sono finiti: ora è il computer a creare la magia. Si chiama CGI: Computer-Generated Imagery. Una tecnica che crea immagini statiche o animate generate completamente al computer. Disegnate da una macchina. Programmate per fare ciò che serve nel modo più accurato possibile, anno dopo anno.
Le prime immagini in CGI risalgono agli anni '70 e a uno dei film più celebri e amati di tutti i tempi. Quello che noi spettatori abbiamo conosciuto come Guerre stellari. Ma secondo gli storici del cinema, il primo a usare veramente questa tecnica fu il grande Alfred Hitchcock con l'indimenticabile vortice di Vertigo: La donna che visse due volte. Solo che si trattava di un "computer meccanico", una macchina costruita appositamente per creare quell'effetto. Tornando ai computer tradizionali, dai dinosauri di Jurassic Park in poi, per il cinema niente era più impossibile. Nel 1997 James Cameron mise in scena il Titanic, fra ricostruzioni in scala, set complicatissimi, immersioni nei pressi del vero relitto e un uso smodato di una CGI con qualità mai viste prima. Ora la magia poteva diventare realtà. I sogni non avevano più alcun limite, se non uno: i costi.
La sempre crescente specializzazione dei tecnici e le macchine continuamente cambiate per essere all'avanguardia hanno creato un'industria parallela a quella del cinema, facendo degli effetti speciali una miniera d'oro e al tempo stesso un campo di ricerca costosissimo, da aggiornare costantemente. Lo zampino di George Lucas con la sua Industrial Light & Magic, fondata nel 1975, ha contribuito non poco alla trasformazione del settore e - per una parte dei fan a cui chi scrive appartiene - all'inutile continua riedizione dei capitoli più celebri e amati della saga di Star Wars. In un'ossessione per l'effetto sempre più strabiliante che a volte ha finito per mettere da parte la trama e la credibilità stessa di alcune storie.
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Chi vuol recitare con un coniglio?
Il futuro degli effetti speciali sarebbe arrivato con Matrix, con gli attori prima intenti a recitare su sfondi verdi e poi ricoperti da tute verdi ricchissime di sensori che avrebbero trasmesso i loro movimenti ai computer della CGI, rendendoli sempre più realistici e stupefacenti. Ma prima di Matrix, prima degli effetti speciali contemporanei, prima di Toy Story e di tutta la rivoluzione animata a cui abbiamo assistito, con gli occhi meravigliati di un bambino di fronte a un giocattolo che aveva solo osato sognare, ci sono stati loro. Gli attori che hanno imparato a recitare con il nulla. Con un coniglio animato che non esisteva davanti ai loro occhi, sostituito da qualsiasi cosa che gli indicasse dove guardare.
E con una bellissima evoluzione di Betty Boop, dalla sensuale voce di Kathleen Turner (in originale) e da un film che 34 anni fa, oggi, usciva nelle sale italiane facendo impazzire gli spettatori di ogni età. Perché i genitori e i fratelli maggiori portavano i bambini a vedere il "cartone animato con le persone", e poi tornavano con i loro amici ad assistere al prodigio di un bebè animato con la voce di un sessantenne arrabbiato perennemente intento a fumare il sigaro e allungare le mani sulle signore. Politicamente scorretto, oggi improponibile. Allora magico tanto quanto quel coniglio buffo e goffo che per la prima volta ci diceva: sì, ragazzi. Io sono la magia del cinema e d'ora in avanti vedrete cose che non avreste potuto immaginare. Non ci ha mentito, Roger Rabbit. Oggi viviamo l'epoca della meraviglie, al cinema e in TV. Per arrivarci, ha lavorato sodo anche lui. E una larghissima schiera di professionisti - che in questa molto stringata ricostruzione della storia degli effetti speciali non ho avuto modo di citare - che ogni giorno creano la magia dalla fantasia degli sceneggiatori e dei registi. Perché a volte, un po' di magia è tutto ciò che serve.