Chi è la più fantasy del reame?
All'alba del nuovo millennio giunse al cinema la trilogia de Il signore degli anelli, e Hollywood non fu più la stessa. È passato ormai un decennio, ma l'immaginario tolkeniano plasmato con vividezza da Peter Jackson costituisce ancora adesso il paradigma dominante con cui deve confrontarsi ogni blockbuster avventuroso che si rispetti. Il fantasy, considerato in passato un genere minoritario e prevalentemente infantile, è oggi divenuto un punto di riferimento imprescindibile per tutte le produzioni mainstream, in grado di catturare un pubblico trasversale e globalizzato. Il fantastico e il fiabesco (per quanto non coincidenti) sono due formule narrative strettamente legate tra loro, e anzi si può dire che le favole, i miti e le leggende classiche costituiscono in un certo qual modo l'humus da cui ha avuto origine e si è sviluppato il moderno fantasy. Era inevitabile, quindi, che sul grande schermo approdassero anche le rivisitazioni delle fiabe tradizionali, molte delle quali posseggono anche dei risvolti oscuri e inquietanti, solitamente messi in ombra nelle più comuni versioni rivolte ai bambini. Queste nuove trasposizioni cinematografiche puntano, invece, sempre più su spettatori giovani e adulti, lasciando perdere il valore pedagogico e morale delle storie per insistere soprattutto sulle componenti d'azione, di violenza (e qualche volta d'erotismo), potenzialmente nascoste nei sottotesti fiabeschi. Film come I fratelli Grimm e l'incantevole strega, Alice in Wonderland, Cappuccetto rosso sangue, Beastly e prossimamente anche Hansel & Gretel e Jack the Giant Killer, solo per citarne alcuni, non fanno altro che adattare l'universo favolistico ai gusti dello spettatore contemporaneo, declinandolo attraverso le tendenze maggiormente in voga del momento, come appunto il fantasy jacksoniano, oppure l'emo-dark-gotico portato in augue dalla saga di Twilight.
Naturalmente non poteva mancare all'appuntamento con il grande schermo nemmeno Biancaneve, in assoluto una delle favole trasposte con maggior frequenza al cinema (in tutte le salse, incluse la parodia e l'erotico) e una di quelle più impresse nell'immaginario collettivo, soprattutto per via dell'immortale film d'animazione Disney del 1937. L'annata cinematografica in corso ci ha riservato addirittura un doppio appuntamento con l'iconica fanciulla vittima della mela avvelenata: Biancaneve di Tarsem Singh, uscito la scorsa primavera, e quest'ultimo Biancaneve e il cacciatore di Rupert Sanders, che ha aperto la stagione estiva statunitense sbancando al box office. Curiosamente entrambe le trasposizioni sono state affidate a registi di matrice pubblicitaria; ma mentre la versione di Singh risulta più fedele all'impianto tradizionale della storia e alle atmosfere edulcorate dell'infanzia, quella dell'esordiente Sanders opta per un approccio decisamente più iconoclasta, stravolgendo deliberatamente l'immaginario originale, pur senza rinunciare ad alcuni elementi cardine dell'iconografica classica (lo specchio, la mela, la regina cattiva e i sette nani) sottoposti tuttavia a una radicale operazione di restyling. Proprio come l'Alice adolescente di Tim Burton, la Biancaneve di Sanders - incarnata dalla ninfetta Kristen Stewart - è un'eroina emancipata e combattiva che compie un percorso di maturazione personale e riesce alla fine a trasformarsi in una guerriera sullo stile di Giovanna D'arco. Il bosco stregato nel quale fugge - braccata da un'algida e sadica regina che ha le sembianze perfette di Charlize Theron - pare più simile alla Terra di mezzo di tolkeniana memoria, popolata com'è da Troll, cavalieri oscuri, fate e folletti. Persino i sette nani (interpretati da un campionario d'eccezione di attori britannici, tra cui Bob Hoskins, Ian McShane, Ray Winstone e Nick Frost) non sono più dei bonari e buffi minatori dai nomi strampalati, bensì scorbutiche canaglie che si rifiutano perfino di cantare "Ehi-Ho! Ehi-Ho! Andiamo a lavorar" e sembrano piuttosto imparentati con Gimli o con Tyrion Lannister de Il trono di spade. Come in Twilight, la leggiadra Bella-Biancaneve è contesa tra due rivali in amore: un villoso e sanguigno cacciatore (l'ispido Chris Hemsworth, che qui sostituisce il martello di Thor con un'accetta, ma nel complesso non muta di molto l'espressione) e un esangue ed efebico principe (impersonato da Sam Claflin).
In questo modo Biancaneve e il cacciatore finisce per risultare una sorta di mash-up tra la saga di J.R.R. Tolkien e quella di Stephenie Meyer, in bilico tra fantasy e horror dark. Il film di Sanders non riesce mai a brillare di luce propria e si appoggia esclusivamente a un immaginario e a un'estetica derivativa. Per di più il regista mostra tutti i limiti di chi possiede un'estrazione esclusivamente pubblicitaria, dando vita a immagini patinate e ammalianti, caratterizzate da raffinati giochi cromatici e da barocchi effetti speciali, ma perdendo di vista la coerenza dell'intreccio e la solidità delle caratterizzazioni. Mancando l'empatia per i personaggi, il film si riduce esclusivamente a una serie di sequenze a effetto poco amalgamate tra loro e fin troppo diluite in un'eccessiva durata. A reggere l'intero film è comunque la strega cattiva Charlize Theron, che dà corpo a un personaggio larger than life, forse fin troppo caricaturale, ma di certo è destinato a rimanere nella memoria degli spettatori. Decisamente è lei la più "Bella" del reame...