È un po' come quando dicono che tutt'intorno a noi esistono altre dimensioni, ma non siamo capaci di percepirle... questo è ciò che voglio da una relazione. O forse dalla vita.
I dubbi e i desideri di Frances Halladay, la scombinata ventisettenne newyorkese alla quale presta il volto una meravigliosa Greta Gerwig, in fondo non sono poi così diversi dai dubbi e dai desideri di tutti noi. Noi che, magari con assurda ostinazione, viviamo la nostra vita cercando queste "altre dimensioni", in uno stato di perenne sospensione fra il mondo reale e il mondo interiore. È il motivo per cui un personaggio come Frances Halladay, protagonista di una delle migliori commedie dell'ultimo decennio (come minimo!), è stato in grado di entrare nel cuore di tutti gli spettatori che, in lei, hanno ritrovato almeno un pezzetto di loro stessi.
Dubbi e desideri, quelli di Frances, che contraddistinguono, benché con le varianti del caso, pure gli altri disastratissimi 'eroi' del cinema di Noah Baumbach. Nato a Brooklyn, classe 1969, Baumbach è da dieci anni uno degli autori più stimati nel panorama dell'industria indipendente americana, capace di compensare budget assai ridotti grazie a copioni ricchi di energia e di humor e all'apporto di attori che hanno accettato con piacere di prestare il proprio talento a personaggi sfaccettati, complessi e, talvolta, non così lontani dall'orlo di una crisi di nervi.
La complessità e la sfumature sono caratteristiche distintive anche della coppia di quarantenni al centro del nuovo film di Baumbach, Giovani si diventa (in originale While We're Young), in uscita nelle sale italiane il 9 luglio dopo il buon responso ottenuto in patria, sia a livello di critica che di pubblico (oltre sette milioni di dollari, la cifra più alta mai registrata da un film di Baumbach al box office statunitense). Interpretati da Ben Stiller e Naomi Watts, i coniugi Josh e Cornelia Schrebnick, documentaristi appartenenti alla borghesia intellettuale di Manhattan ma alle prese con il "giro di boa" della mezza età, si aggiungono così a una galleria di individui, spesso adorabilmente nevrotici, che popolano le pellicole del cineasta americano, e nei quali è possibile ravvisare pensieri, atteggiamenti e idiosincrasie che ciascuno di noi conosce fin troppo bene...
Famiglie in crisi: Il calamaro e la balena
"Eravamo un gruppo allora... facevamo le cose insieme... guardavamo lo spaventoso pesce al Museo di Storia Naturale. Mi hanno sempre fatto paura il calamaro e la balena avvinghiati: posso guardarli solo con le mani davanti alla faccia". Il calamaro e la balena, che terrorizzano l'adolescente Walt (Jesse Eisenberg), appaiono meno spaventosi quando sono i suoi genitori, al ritorno dal museo, a descriverglieli. La famiglia, baluardo dell'identità e del senso di sicurezza, è il microcosmo sociale sottoposto a un improvviso 'terremoto' nel film che prende il titolo proprio dal diorama esposto al museo: Il calamaro e la balena, lungometraggio che porta Noah Baumbach alla ribalta internazionale fin dalla sua presentazione, al Sundance Film Festival 2005. Fattosi notare dalla critica dieci anni prima per la sua opera d'esordio, Kicking and Screaming, girato a soli ventisei anni, Baumbach aveva diretto in seguito altri due titoli, passati però completamente inosservati. Dopo quasi otto anni di relativo silenzio, e con la collaborazione dell'amico e collega Wes Anderson, nel 2005 il regista torna sulle scena con un dramedy di ispirazione autobiografica, ambientato non a caso a New York verso la metà degli anni Ottanta.
Con uno sguardo che è al contempo lucido ed ironico, affettuoso ed amaro, Baumbach mette in scena la progressiva, inesorabile disgregazione di un nucleo familiare medio-borghese, a partire dalla separazione fra l'accademico Bernard Berkman (Jeff Daniels), ex scrittore di successo ed intellettuale un po' snob, e sua moglie Joan (Laura Linney), impegnata ad uscire dall'ombra del marito costruendosi una propria carriera letteraria e frequentando un aitante istruttore di tennis di nome Ivan (William Baldwin). A ritrovarsi in un perenne stato di transito fra un genitore e l'altro, alle prese con un'instabilità fisica ed emotiva che va a sommarsi ai consueti turbamenti dell'adolescenza, sono il sedicenne Walt, succube suo malgrado della figura paterna, e il dodicenne Frank (Owen Kline), che prende invece le parti della madre. Bilanciando accuratamente humor e realismo, Baumbach non cede a forzature e semplificazioni: ed è appunto questa intima 'verità' a rendere Il calamaro e la balena un film tanto vivido e credibile, con personaggi in grado di toccarci proprio in virtù delle loro imperfezioni. Applauditissimo dalla critica, Il calamaro e la balena fa guadagnare a Baumbach la nomination all'Oscar per la miglior sceneggiatura originale e si rivela un ottimo trampolino di lancio per il bravissimo Jesse Eisenberg, consacrato cinque anni dopo con The Social Network.
Adulti allo sbando: Margot e Greenberg
Al quadro familiare de Il calamaro e la balena, nel 2007 Noah Baumbach fa seguito con un altro ritratto di una famiglia disfunzionale, focalizzando però l'attenzione su uno specifico personaggio: Margot (Nicole Kidman), scrittrice affermata ma dal comportamento nevrotico e madre single dell'undicenne Claude (Zane Pais). Gli adulti, nell'universo narrativo di Baumbach, difficilmente possono vantare una stabilità emotiva e sentimentale, e così è per Margot, la quale con riluttanza si reca a Long Island per partecipare alle nozze della sorella Pauline (Jennifer Jason Leigh, moglie di Baumbach dal 2005 al 2013) con il rozzo fidanzato Malcolm (Jack Black). Ne Il matrimonio di mia sorella, Baumbach torna dunque a porre l'accento sulle recriminazioni, le incomprensioni e i contrasti fra i personaggi, soffermandosi sull'acredine nel rapporto fra Margot e Pauline e sulle rispettive tensioni irrisolte; il risultato, per quanto apprezzabile, non ripete però l'exploit del film precedente, a dispetto della presenza di una Nicole Kidman all'epoca all'apice della popolarità.
Rimanere liberi è la decisione più difficile e dolorosa, ma essere adulti significa questo.
Se la Margot della Kidman teneva a bada le proprie nevrosi grazie alla sua professione, riversando delusioni e critiche nella scrittura creativa (ma inevitabilmente autobiografica), l'amore sembra essere invece l'unico salvagente a disposizione di chi il 'ciclone' l'ha già attraversato, restandone travolto e portandone ancora le cicatrici: Roger Greenberg, lo stralunato protagonista de Lo stravagante mondo di Greenberg, in cui l'ambientazione si sposta sulla West Coast, per la precisione a Los Angeles. Presentato in concorso al Festival di Berlino 2010, il film vede Ben Stiller nei panni del personaggio del titolo, un ultratrentenne appena dimesso da un ospedale psichiatrico dopo un esaurimento nervoso. Ex musicista fallito, Greenberg incarna appieno lo smarrimento, la sommessa frustrazione e l'eterna indecisione di un "giovane adulto" in fuga dal presente e incapace di fare i conti con il passato, rappresentato dall'ex fidanzata Beth (Jennifer Jason Leigh) e dall'amico Ivan Schrank (Rhys Ifans); tuttavia, il suo sentimento per la dog sitter Florence Marr (Greta Gerwig) potrebbe essere la base su cui costruire un nuovo futuro...
"I'm not a real person yet": ballando con Frances Ha
Alla crisi coniugale fra Noah Baumbach e la Leigh corrisponde, nel 2011, lo sbocciare di una relazione amorosa - ma anche professionale - proprio con Greta Gerwig, con la quale il regista collabora per la stesura e la realizzazione del suo film successivo, nonché (ad oggi) il migliore ed il più particolare della sua produzione: lo splendido Frances Ha. Il titolo corrisponde all'abbreviazione, sul citofono, del nome della protagonista, Frances Halladay, spiantata ventisettenne che segue un corso come ballerina (la sua grande passione) e condivide un appartamento a Brooklyn con la propria amica del cuore, Sophie Levee (Mickey Sumner); il trasloco di Sophie a Tribeca obbliga Frances a cercare una nuova casa, gettandola in preda ad un'instabilità che è al tempo stesso logistica e personale. "Non sono incasinata, sono occupata", si giustifica Frances, che definisce se stessa undatable (infidanzabile), affronta con un sorriso le sue sventure e prova a cercare un'effimera felicità in un breve e solitario viaggio a Parigi.
Sullo sfondo di una New York a dir poco magnifica, fotografata in un bianco e nero che rievoca le sequenze più suggestive del cinema di Woody Allen, Frances Ha non è solo uno dei più compiuti e commoventi ritratti dell'amicizia come il legame più saldo che si possa desiderare, ma è soprattutto il tenerissimo, divertente, poetico racconto di formazione di un personaggio assolutamente irresistibile. La Frances di Greta Gerwig è una giovane donna che nelle sue ansie, nell'autoironia, nelle piccole gioie quotidiane, come una corsa liberatoria lungo le strade newyorkesi sulle note di Modern Love di David Bowie (un omaggio a Rosso sangue di Leos Carax), ci permette di ritrovare speranze e insicurezze universali, che quasi tutti i ventenni/trentenni vivono o hanno vissuto. E per nostra fortuna, il sodalizio fra Baumbach e la Gerwig ha già portato a un altro frutto molto promettente: Mistress America, accolto con applausi fragorosi allo scorso Sundance Film Festival e in uscita negli Stati Uniti il 14 agosto. Una nuova commedia basata su un'amicizia al femminile, in questo caso quella fra la studentessa Tracy (Lola Kirke), appena approdata a New York, e la più matura e sofisticata Brooke (Greta Gerwig), decisa a diventare la sua mentore...
Giovani si diventa: generazioni a confronto
Girato subito prima di Mistress America, Giovani si diventa segna la reunion fra Noah Baumbach e Ben Stiller, affiancato da Naomi Watts (ingaggiata per sostituire Cate Blanchett), e torna a raccontare l'ambiente della middle class intellettuale della Grande Mela, osservato dal regista con partecipazione ed inevitabili rimandi autobiografici. Stiller è Josh Schrebnick, impegnato da lungo tempo nella post-produzione di un ambizioso documentario; la sua tranquilla routine accanto alla moglie Cornelia muta però all'improvviso quando Josh viene avvicinato da un suo giovane fan adorante, Jamie Massey (Adam Driver), aspirante documentarista sposato con Darby (Amanda Seyfried). Stuzzicato dalla fervente ammirazione del ragazzo, Josh comincia a frequentare lui e la moglie, coinvolgendo anche Cornelia, inizialmente riluttante; eppure, ai due coniugi quarantenni basterà qualche incontro per farsi ammaliare dallo stile di vita alternativo e bohémien di Jamie e Darby, contraddistinto da orari molto flessibili, piccole follie ed esperienze bizzarre ed inedite. La fascinazione degli Schrebnick nei confronti dei loro amici poco più che ventenni funge così da viatico per un inevitabile bilancio esistenziale, spingendo la coppia a un tentativo di rinnovamento che, tuttavia, implica pure qualche rischio; perché in fondo, come osserva Josh: "Ho imparato che puoi scoprire di più permettendo a te stesso di restare sorpreso da quello che incontri".
A strappare il sorriso, nel corso della visione, sono in prevalenza i dialoghi brillanti di Baumbach, pervasi da un'ironia che, sapientemente, non scivola mai nella gag ridanciana fine a se stessa, e serviti a dovere da un'eccellente squadra di interpreti: impeccabili Stiller e la Watts, mentre Adam Driver aderisce alla perfezione al suo Jamie, sfoderando le giuste dosi di vivacità e carisma. Il meccanismo narrativo, per quanto efficace, non risulta altrettanto convincente nella seconda parte del film, quando la storia prende una direzione un po' diversa e l'attenzione si sposta su questioni legate all'etica del "vero" nel genere documentaristico e al rapporto fra la realtà e la finzione all'interno del cinema stesso. Comunque, a dispetto di qualche lieve forzatura, Giovani si diventa può essere considerato uno degli esiti più riusciti nella filmografia di Noah Baumbach, che continua così a dimostrarsi uno degli autori di maggior interesse del cinema indie americano: un regista capace di mescolare con disinvoltura la leggerezza del tono e la profondità dello sguardo, parlando tanto al cervello quanto al cuore dello spettatore.