Di recente, siamo stati un po' severi con i Marvel Studios. E non l'abbiamo fatto per cattiveria gratuita o accanimento fine a sé stesso. Lo abbiamo fatto perché i fatti sono quello che sono. Per tutta una lunga serie di motivi che sono lì, alla luce del sole. L'esubero di produzioni fra cinema e Disney+, l'incapacità di costruire storie appassionanti come quelle delle prime Tre Fasi, dei nuovi volti del tutto privi di carisma (tanto che si è dovuto correre ai ripari richiamando Robert Downey Jr.) e un generale caos narrativo.

Che non è stato neanche aiutato dalle contingenze esterne, fra l'altro. La morte di Chadwick Boseman da un lato, il problemi legali di Jonathan Majors dall'altro: tutte questioni con le quali Kevin Feige and co di sicuro non avrebbero mai e poi mai pensato di avere a che fare. Ma tant'è: se fra il 2008 e il 2019 la marcia del Marvel Cinematic Universe è stata un vero e proprio crescendo, dal 2020 in avanti qualcosa si è rotto.
E sol senno di poi, fa anche più strano constatare come l'Academy abbia sempre snobbato, in quei favolosi undici anni, produzioni che al netto della loro natura seriale e delle critiche di Martin Scorsese hanno dato tantissimo al mondo del cinema. Scrivendo un capitolo importante della storia della settima arte.
Scarlett Johansson VS l'Academy
Il tema è stato preso di petto, di recente, da una degli Avengers originali, Scarlett Johansson, l'indimenticabile attrice di Vedova Nera. Nella Cover Story che le è stata dedicata da Vanity Fair in occasione del suo debutto alla regia che verrà presentato al Festival di Cannes, Eleanor the great, si domanda proprio come sia possibile che Avengers: Endgame non sia stato preso in considerazione agli Oscar.

A spiazzarla è soprattutto il fatto che l'incredibile successo commerciale ottenuto dal film dei fratelli Russo (nella classifica non aggiornata all'inflazione dei maggiori incassi cinematografici della storia è al secondo posto, con 2,799 miliardi di dollari alle spalle di Avatar) pare averlo trasformato in "pellicola non grata" all'AMPAS e ai suoi giurati e giurate.
La star dice al magazine che Avengers: Endgame "era un film impossibile, che non avrebbe dovuto funzionare, ma che in realtà funziona davvero, ed è anche finito per diventare uno dei film di maggior successo di tutti i tempi", aggiungendo poi che la riuscita di un lungometraggio in quanto a biglietti staccati alle casse non dovrebbe rappresentare un handicap in ottica Oscar.
Poi nelle altre parti del profilo in cui discute dei Marvel Studios ribadisce di aver lasciato per sempre la saga nonostante alcuni suoi ex-colleghi, da Chris Evans a Robert Downey Jr., abbiano deciso di riapparire nel multiverso.

Per lei sarebbe complicato trovare una ragione sensata per far tornare in scena il personaggio di cui veste i panni nonostante senta davvero la mancanza delle persone con le quali ha condiviso così a lungo il set: "Mi mancano i miei amici e mi piacerebbe davvero stare con loro per sempre, ma ciò che funziona del personaggio è che la sua storia è completa. Non voglio rovinare questo aspetto. Anche per i fan - è importante per loro". Un'opinione sacrosanta la sua, ma la parte che c'interessa maggiormente ora è quella collegata all'Academy.
Quando gli Oscar snobbano il pubblico
Ha ragione su tutta la linea Scarlett Johansson. Gli Oscar non dovrebbero ignorare un film solo perché ha la colpa di piacere alle persone. Anzi ci permettiamo di aggiungere che essendo gli Oscar in primis un premio industriale più che artistico, la progressiva trasformazione della cerimonia in una succursale di eventi festivalieri come Venezia o Cannes, che hanno una natura drasticamente differente da quella della Notte delle Stelle, va a detrimento del settore stesso. In un momento di criticità assoluta per una forma d'arte e di comunicazione che deve fare a gomitate con altri innumerevoli media per ottenere l'attenzione del pubblico (e i suoi soldi) sarebbe sensato celebrare anche quelle pellicole che incontrato il gusto della gente.
Basta citare come fra l'89a e la 97a edizione degli Oscar, tenendo in considerazione le categorie più importanti, Miglior film e regia, nove volte su 16 a vincere sono stati film che erano stato già riconosciuti al Lido o sulla Croisette. Un numero, questo, superiore alle volte in cui la cosa si era verificata nelle precedenti 89 edizioni.
Fa riflettere. Così come fa riflettere anche la media sempre in caduta libera dell'incasso medio che, nei decenni, sono stati generati dai Migliori film. Negli ultimi dieci anni, l'unico kolossal cinematografico strettamente inteso, anche se "d'autore per certi versi" a essere stato apprezzato dall'Academy è stato Oppenheimer di Christopher Nolan. Poi dopo è stato un trionfo di opere che, da Coda - I segni del cuore ad Anora passando per Nomadland, non sono stati visti da nessuno.
Una miopia evidente
Con la Trilogia del Signore degli Anelli, l'Academy si arrese al fatto che Peter Jackson aveva fatto qualcosa d'inaudito e impensabile. Tanto da comportarsi di conseguenza. Dagli Oscar tecnici vinti da La compagnia dell'Anello a Le due torri si è poi arrivati al clean sweap del Ritorno del Re: 11 nomination ricevute e 11 Oscar portati a casa. Miglior film, la prima volta per un film fantasy, e miglior regia inclusi.
Ma parliamo di un'altra epoca in cui il cinema aveva ancora una certa centralità nelle nostre abitudini di fruzione mediale. Oggi, per quanto faccia male dover leggere una simile affermazione su una testata che porta a chiare lettere nel suo nome la parola Movie, l'interesse delle persone è molto più frammentato.

Ciò è sicuramente diventato più evidente negli anni del COVID e post-pandemici che stiamo vivendo, ma le avvisaglie di questi mutamenti c'erano comunque anche prima. Per questo diciamo che l'aver ignorato un film come Avengers: Endgame sia stata una mossa miope i cui effetti si sentono ancora oggi. Perché poi sono stati snobbati - sempre con la debita eccezione di Oppenheimer - anche altri kolossal come Top Gun: Maverick o Avatar 2 o Barbie che hanno contribuito a far sì che i cinema resistessero, stringendo i denti, alla crisi.
Perché nel 2020, quando i cinema erano chiusi, stavamo tutti o quasi a riguardare i video social delle sale che esplodevano in applausi fragorosi quando Captain America diceva "Avengers... Uniti!". E sì, sappiamo bene che i giurati dell'Academy, che un tempo non si facevano troppi problemi a premiare i grandi kolossal cinematografici, oggi agiscono e premiano diversamente perché la composizione stessa di questa enorme giuria è cambiata nel tempo. Spiace però constatare che si tratta di un cambiamento che va in direzione opposta a dove stanno andando sia il mercato che gli interessi delle persone.
Grazie al cielo, vengono ancora fatti sia i blockbuster, i kolossal che i film più piccoli e indipendenti. Che ormai tendono ad avere più successo in streaming o in home video che in sale che, di frequente, riescono a evitare di chiudere i battenti grazie al giro d'affari dei tentpole (un settore dove, fra l'altro, le dinamiche sono anche lì in continuo mutamento in quanto a gusti del pubblico) e dei popcorn venduti con un ricarico del 3000%. Per questo un premio di settore come gli Oscar avrebbe dovuto riconoscere i meriti tanto industriali quanto "sociali" di un film come Avengers: Endgame. Senza nulla togliere a quei film fatti con un budget che sul set di una grande produzione viene speso solo in bottigliette d'acqua e lattine di bibite.