Dopo cinque anni folli, dentro e fuori dal set, Zack Snyder torna alle origini: la nuova collaborazione con Netflix, dopo tanti anni con Warner Bros., parte dove tutto era cominciato. Dagli zombie. A differenza del suo film d'esordio, L'alba dei morti viventi (2004), in cui si riallacciava all'opera di George A. Romero, il regista, grazie ad Army of the Dead, ha creato un suo universo in cui è lui a scrivere le regole del genere zombie.
Disponibile su Netflix dal 21 maggio, Army of the Dead è ambientato in un mondo in cui gli zombie hanno preso possesso di Las Vegas, in cui sono stati confinati. Lì dentro hanno costruito una loro società, guidata dal capo degli zombie alpha, Zeus (Richard Cetrone), che risiede nell'hotel Olympus.
Sì, dopo Justice League ancora divinità dell'Olimpo: la mitologia per Zack Snyder è importante. È per questo che, dopo le "divergenze artistiche" avute in questi anni mentre lavorava al franchise dedicato agli eroi DC, poter creare un nuovo mondo rappresenta per lui una rinascita. E potrebbe diventare un franchise a sua volta (è già in preparazione un prequel sul personaggio tedesco Ludwig Dieter). Abbiamo raggiunto il regista via Zoom, dove ci ha parlato di questo nuovo universo, in cui ci guida Scott Ward (Dave Bautista), leader di una squadra incaricata di recuperare dei soldi da una cassaforte che, guarda un po', si trova proprio in un casinò di Las Vegas. Ovviamente occupato dagli zombie.
Army of the Dead: la rinascita di Zack Snyder
Per usare un eufemismo: sono stati cinque anni complessi.
Sono stati cinque anni folli. Devo molto alla comunità di fan, che mi ha davvero sostenuto e in un certo senso aiutato in un modo interessante. Non mi hanno chiesto di cambiare come artista, ma di fare ciò che so fare. Amano ciò che faccio e mi hanno chiesto di non fermarmi. Penso sia un messaggio bellissimo da ricevere, come artista, dal pubblico. A Hollywood una delle più grandi paure è che i fan comincino a decidere cosa vogliono al posto degli Studios. Mettono in discussione il loro potere. Ma il messaggio che i fan danno è: lasciate lavorare gli artisti. Non parlo a nome di tutte le comunità di fan, parlo del rapporto che ho con la mia. Se c'è una lezione che ho imparato in questi anni è che devi fare ciò che ami davvero. Devi fare il film che vuoi, raccontare le storie che ami. Perché è qualcosa che richiede moltissimo da te, ti svuota. Ci metti due, tre anni della tua vita. È difficile. Per tutti. La cosa bella e divertente di Army of the Dead è che è un universo che ho creato io: so cosa possono, o non possono, fare questi zombie. Ho creato io il canone. È molto più liberatorio far parte di un mondo narrativo di questo tipo. Ho altri progetti a cui sto lavorando, non so se andranno in porto. Ora voglio semplicemente dedicarmi con passione a ogni progetto, nel modo più sincero possibile.
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Army of the dead e gli zombie
Rispetto a L'alba dei morti viventi è cambiato il tuo approccio al genere zombie
Penso di essere più consapevole ora del genere rispetto a quando ho girato L'alba dei morti viventi. Quello era un omaggio al lavoro di Romero, quindi ogni volta che ho cercato di portare al limite quella mitologia lo stavo facendo col suo lavoro. Per me Army of the Dead esplora il genere molto di più: per me questo è l'equivalente con gli zombie di Il pianeta delle scimmie, 1997: Fuga da New York, Alien, La cosa, Die Hard. La cosa che fa funzionare tutti questi film seminali per i loro rispettivi generi è che hanno le loro regole interne. È questa la grande differenza. In L'alba dei morti viventi c'è un solo tipo di zombie che corre veloce. In questo film invece volevo omaggiare la tradizionale camminata barcollante. E allo stesso tempo li ho fatti evolvere in qualcosa di diverso: ci sono gli alpha e la loro storia è completamente diversa. Rappresentano una rottura con tutto ciò che abbiamo visto fino a ora. E possiamo ancora fare molto di più.
Dave Bautista è il protagonista di Army of the Dead
Perché hai scelto Dave Bautista come protagonista?
Mi è piaciuto molto in Blade Runner 2049: ho pensato che fosse incredibile in quel ruolo. Mi era piaciuto anche nei Guardiani della Galassia, ma quando l'ho visto in Blade Runner ho capito che è in grado di fare qualsiasi cosa. Avevo bisogno di un interprete che fosse credibile con un'arma in mano: se siete mai stati nella stessa stanza con Dave sapete che ti intimidisce fisicamente. Allo stesso tempo volevo che mostrasse vulnerabilità: e lui ce l'ha. Quando gli ho parlato la prima volta del personaggio gli ho detto che Scott ha un'enorme tristezza dentro di sé. Dave era felicissimo di poter dare profondità a questo ruolo. La sua motivazione principale non ha niente a che fare con i soldi o uccidere gli zombie. Sta cercando di aggiustare qualcosa di rotto dentro di sé. Dave ha fatto un lavoro fantastico.
Army of the Dead e la collaborazione con Netflix
Questo è un film con un sacco di sangue, personaggi ed effetti speciali: oggi è ancora possibile fare un film del genere destinato alla sala, prodotto da uno Studios e non da una piattaforma di streaming come Netflix?
Ci sono molti personaggi nel film, che, è una cosa che cerco di fare nei miei film, presento con un primo atto non convenzionale. Il film comincia davvero dopo la scena dei titoli di testa, in cui Zeus riesce a liberarsi. Amo introdurre lo spettatore nel mondo che ho costruito con un inizio meno classico. La verità è che ora Netflix è uno dei più grandi Studios al mondo. Hanno un pubblico di 200 milioni di persone, che possono vedere questo film nel loro salotto. È una piattaforma di distribuzione davvero potente. Ho visto il film non in sala e devo dire che funziona bene lo stesso. Warner Bros. non è riuscita a capire come fare questo film. Gliel'ho proposto per anni e mi hanno sempre detto di no. Ho fatto un incontro con Netflix e mi hanno risposto: certo, fallo subito. Non è un film difficile da farsi piacere: un team di cacciatori di zombie va in una Las Vegas infestata dagli zombie per rubare dei soldi da una cassaforte. Cosa c'è da dire di più? Mi sembra una storia con del potenziale commerciale. È interessante come Netflix stia realizzando prodotti che mettono in discussione lo status quo di che cosa sia un film. Tutte le piattaforme di streaming lo stanno facendo. Prendiamo La regina degli scacchi: e a metà tra una serie e un film e, fino a poco tempo fa, non so se una storia come quella avrebbe avuto spazio. È una grande possibilità vedere film in un modo diverso. Anche se continuo a pensare che l'esperienza in sala sia il modo migliore per godersi un film di due ore e mezza.
La mitologia di Army of the Dead
Scott e Zeus sono due facce della stessa medaglia: sono entrambi due figure paterne tragiche.
Sarebbe bellissimo fare un film in cui si alleano e fanno squadra. Ciò che ci fa entrare in empatia con entrambi è simile: sono entrambi gli alpha del loro team, sono dei padri che hanno fallito. Mi sembrava interessante che fossero loro i rappresentati di questo scontro tra umani e zombie.
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Questo è un film di intrattenimento, ma fai riferimento anche a temi sempre più caldi oggi: libertà, mascolinità tossica, violenza sulle donne. Perché nel tuo film gli zombie sono più umani delle persone?
È un punto centrale del genere: i migliori film sugli zombie criticano la società in cui sono stati realizzati. Se non fai questo perdi la parte più importante. Se dici questo al pubblico, ovvero che i film sugli zombie parlano in realtà anche di politica, potrebbe rimanere perplesso. Spesso pensa che siano solo film horror senza pretese. Invece penso che Romero ci abbia davvero insegnato che i migliori film sugli zombie sono quelli che ci mettono di fronte a uno specchio come società. Forse anche come specie. Quindi per me era davvero importante raccontare cosa sta succedendo in America, anche solo brevemente. L'ho fatto a partire dal cast: è internazionale e volevo che fosse così. Credo sia molto importante per far capire come è il mondo oggi.
Hai creato un intero universo con la sua mitologia interna.
La prima cosa che ci siamo chiesti è stata se fosse possibile creare degli zombie a cui il pubblico avrebbe potuto affezionarsi. Credo che i monster movie migliori siano quelli in cui capisci le motivazioni del mostro. Se ci pensi ti dici: certo che sono arrabbiati, lo sarei anche io. Gli alpha sono nati avendo in mente questa idea. All'inizio mi avevano detto che per interpretare Zeus potevamo prendere qualsiasi interprete, non importava chi fosse. Invece per me il suo personaggio richiedeva una parte interpretativa importante. Già in sceneggiatura era previsto che avesse delle mie emozioni. Il ruolo è andato al mio amico Richard Cetrone, che si è spinto oltre: gli ha dato una vasta gamma di sentimenti. Per me il punto centrale di questo film sono le motivazioni degli zombie: perché si comportano così? Cosa stanno cercando di fare? Ci sostituiranno? Anche perché loro non danneggiano l'ambiente, non si uccidono, non sono ambiziosi. Il mostro che fa più paura è quello che potrebbe prendere il tuo posto come specie. Forse sarebbe meglio, visto che noi distruggiamo tutto ciò che abbiamo di fronte. E, attenzione spoiler, si sono evoluti al punto da non aver più bisogno di ucciderci per sopravvivere. Potrebbero sostituirci senza ucciderci.
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Che ruolo ha il denaro nel tuo film?
I soldi sono la motivazione più ovvia. Molti dei nostri personaggi stanno vivendo un momento difficile, il denaro quindi sembra la soluzione più facile. Il personaggio di Tig Notaro dice che con due milioni di dollari può comprarsi una vita diversa. Tutti pensiamo che sia così. La realtà invece ci dice che, e ne fanno esperienza tutti i protagonisti, i soldi sono solo una distrazione. Sono inaffidabili, un momento ci sono l'altro no. Alla fine dei conti tutto si riduce alle relazioni che abbiamo coltivato o che abbiamo rovinato. I soldi sono una fantasia divertente.
Infine una curiosità: come mai hai deciso di chiamare la tigre zombie Valentine?
Per te! Scherzo. Abbiamo deciso di chiamarla così perché è un nome dolce e ora la tigre invece si è trasformata in un mostro. Era un bel contrasto.
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