Recensione I figli degli uomini (2006)

Cuarón riesce a tenere le fila del discorso con sicurezza mescolando fantascienza e action movie a temi di carattere universale.

Apocalypse 2027

Il futuro è adesso ed è più cupo che mai. 2027. Una gravissima forma di infertilità ha colpito il mondo. Da anni non nascono più bambini e il più giovane abitante del pianeta, un diciottenne, è stato appena ucciso in una rapina. La violenza esplode ovunque e le masse di immigrati che si spostano illegalmente da uno stato all'altro vengono relegate in orribili campi profughi o si uniscono alla ribellione. L'attivista disilluso Theo viene coinvolto dall'ex moglie, ora a capo del gruppo di ribelli denominato Fish, nella fuga di Kee, giovane profuga miracolosamente rimasta incinta. Il bambino che sta per nascere potrebbe cambiare il corso degli eventi dell'interno pianeta.

I figli degli uomini si inserisce nel filone fantascientico-apocalittico che vanta un gran numero di membri illustri e, a colpo d'occhio, molti sono i possibili padri della pellicola di Cuarón, da Brazil a Blade Runner, passando per 1984 e per il più recente Codice 46. In realtà dobbiamo attribuire al regista messicano il grande merito di cercare comunque una strada propria per rappresentare il suo mondo allucinato e degradato. Bandite macchine volanti e marchingegni ultratecnologici, il futuro di Alfonso Cuarón ha il look polveroso e squallido della desolazione. La Londra del 2027 non è molto diversa dagli stati di guerra che si vedono ogni giorno nei telegiornali: sotto il plumbeo cielo britannico si allungano infinite periferie degradate di edifici semidistrutti e mucchi di immondizia occupano le strade in cui si muovono le masse di disperati emarginati dal regime totalitario che governa il paese. In questo mondo costellato da continui attentati e preda della disperazione si muove il protagonista Theo (Clive Owen), antieroe depresso e riluttante all'azione che ha perso ogni speranza nel futuro e che attende la morte come una liberazione.

Clive Owen sceglie un'interpretazione minimalista dando vita a un personaggio dal doloroso passato e dai sentimenti sopiti che, nel corso della pellicola, subisce una complessa evoluzione psicologica, trasformandosi in uomo d'azione per difendere l'ultima possibilità di sopravvivenza dell'uomo. Come contraltare, Cuarón affianca a Owen un irresistibile Michael Caine nei panni di uno hippie un po' squinternato dal cuore grande, mentre Julianne Moore, che interpreta l'ex moglie di Theo ora capo dei ribelli, purtroppo esce di scena troppo presto per lasciare la sua impronta nella pellicola. Alla fine dei conti Cuarón riesce a tenere le fila del discorso con sicurezza mescolando fantascienza e action movie a temi di carattere universale come l'invecchiamento della popolazione, l'immigrazione, l'impatto ambientale sul pianeta. Il film procede spedito verso il finale senza sbavature e il look sobrio (macchina a mano di stampo documentaristico che sta "addosso" ai personaggi, monocromatismo, uso moderato del montaggio, script essenziale) risulta particolarmente azzeccato dando un senso di compattezza e di disciplina che ben si sposano con le tematiche affrontate.

Movieplayer.it

4.0/5