Loquace e affascinante, Andy Garcia sprizza fascino latino da tutti i pori. L'attore, giunto a Locarno con la moglie e i quattro figli per ritirare il Leopard Club Award alla carriera, è un fiume in piena e non si stanca mai di raccontare aneddoti sui suoi primi passi nel mondo del cinema, sulle difficoltà degli esordi e sull'incontro con i maestri Brian De Palma, Ridley Scott e Francis Ford Coppola che hanno plasmato la sua carriera. Eppure Garcia, da ragazzo, era destinato a fare l'atleta. "Ho sempre amato il cinema. Nella sala buia entravo in contatto con una parte del mio subcoscio, era un momento molto speciale. Gli eroi del mio tempo erano Steve McQueen, Sean Connery, James Coburn e Peter Sellers. All'epoca, però, ero molto più coinvolto dallo sport. Ho giocato a lungo a basket e pensavo che sarebbe diventato il mio mestiere. Purtroppo ho contratto la mononucleosi che mi ha tenuto a lungo lontano dallo sport. In questo periodo di limbo mi sono iscritto a un corso di recitazione e non ho più smesso". Il mondo dello sport ha permesso a Andy Garcia di fare la conoscenza di un'altra futura stella di Hollywood. "Il mio allenatore di baseball era Mickey Rourke. Da ragazzo era esattamente uguale a ora, era un gran tipo, un ribelle che odiava le convenzioni e non si presentava alle cene ufficiali della nostra squadra".
I primi passi a Hollywood
Andy Garcia è nato a Cuba da una famiglia di piccoli industriali, ma all'età di cinque i genitori hanno deciso di espatriare a Miami perché con la rivoluzione castrista avevano perso i loro diritti. Dopo la Florida, la famiglia è approdata a Los Angeles dove Garcia ha mosso i primi passi nel mondo della recitazione. "Sono stato a lungo senza agente e sono stato respinto da un sacco di provini. Per mantenermi ho fatto i lavori più disparati, giorno e notte. Ogni esperienza mi è servita ad arricchire il mio bagaglio emozionale. Oggi so di essere un attore migliore di quanto non fossi venticinque anni fa". Il primo lavoro importante è arrivato nel 1985 con Maledetta estate dove Garcia affiancava Kurt Russell e Mariel Hemingway nel ruolo di un killer. Poi è stata la volta di Otto milioni di modi per morire. "Tenevo tantissimo al film" racconta l'attore "perché Hal Ashby era uno dei miei registi preferiti. Il mio agente ha fatto un pressing tenace per permettermi di recitare nel film. Ho fatto l'audizione per due ruoli diversi, ma alla fine mi hanno dato quello di Angel. Il modello di riferimento per il personaggio era un pugile celebre dell'epoca, Hector 'Macho' Camacho". All'epoca Andy Garcia ha dovuto superare il problema dei pregiudizi di Hollywood, visto che la sua origine rischiava di intrappolarlo in ruoli per attori latini. "In realtà non è stato tanto il mio aspetto quanto il mio nome. Vedevano Garcia, mi chiamavano ai provini e quando mi vedevano mi chiedevano 'Non sei messicano?' Per fortuna sono stato in grado di evitare il rischio di restare intrappolato in cliché interpretando un sacco di personaggi che non sono latini. Tutti gli attori lottano per avere il più vasto range di ruoli".
L'ingresso nella "famiglia"
I ruoli della vita, per Andy Garcia, arrivano però con Gli intoccabili e Il padrino - Parte terza 3. Osservare Brian De Palma o Ridley Scott all'opera è stata la più grande scuola di cinema possibile per l'attore il quale, però, ammette che "sulla cima dell'Olimpo c'è il più grande di tutti, Francis Ford Coppola. I produttori volevano che Coppola mi desse il ruolo di Vincent, ma convincerlo è stata dura. Da maggio a settembre, momento in cui abbiamo iniziato le prove in Napa Valley, sono stati effettuati screen test con tanti attori diversi. Finalmente ad agosto sono riuscito a incontrare Coppola e lui mi ha scelto anche se non ero italiano. Non sono stato scelto per il mio aspetto, ma per il legame che avevo con il mio personaggio. Neppure Marlon Brando era italiano eppure è stato perfetto. La sera prima dell'inizio delle prove, nel motel della Napa Valley in cui alloggiavo c'è stato un blackout così ho dovuto studiare il copione alla luce delle candele. Ero nervoso. Ogni attore del mondo vorrebbe essere ne Il padrino. E' uno dei film che ha maggiormente influenzato la storia del cinema, uno dei film per cui ho scelto di fare l'attore. Coppola ha un rapporto eccezionale con gli interpreti, in più sul set ho potuto lavorare con Al Pacino, uno dei mostri sacri della mia generazione". Sul set Andy Garcia ammette di amare molto l'improvvisazione, ma non sempre è possibile recitare in libertà. Come spiega: "Certi film sono molti strutturati e non c'è spazio per improvvisazione. La sceneggiatura di David Mamet per Gli intoccabili era già perfetta e precisa. E' un omaggio a I magnifici Sette ben calibrato. Hal Ashby, invece, era molto aperto all'improvvisazione".
Da Cuba a Livorno
Le posizioni politiche di Andy Garcia su Cuba sono note a tutti. L'attore, anticastrista da sempre, ha contestato la scelta di star come Sean Penn di difendere la Cuba di Castro e ha regalato alla sua Havana un ritratto nostalgico e retrò filtrato attraverso lo sguardo della borghesia benestante pre-rivoluzione. "Quando ho letto il romanzo di Guillermo Cabrera Infante, The Lost City, ho subito pensato a farne un film. La storia contiene tutti gli elementi classici di una saga familiare alla Il padrino, mentre l'atmosfera, il ruolo della musica e della danza ricordano Casablanca. Sapevo di voler fondere questi elementi, così la musica è una dei protagonisti del film perché ci restituisce l'atmosfera di Cuba negli anni '50. Per realizzare il film ho impiegato molti anni perché non riuscivo a trovare il denaro. Nessuno voleva supportare il film". Inevitabile, a questo punto, chiedere a Andy Garcia se crede che, l'apertura intrapresa dal Presidente Obama e la libertà crescente nella diffusione della cultura possano accellerare il processo di liberazione. "Sì, penso che i film aiuteranno Cuba a evolversi. Sono molte le produzioni realizzate sull'isola. Il problema principale che esiste a Cuba è che, qualsiasi attività imprenditoriale uno intraprenda, è sempre partner della famiglia Castro. Il sistema cambia, ma lentamente. Quando ci sarà veramente libertà, io non ci sarò più".
Tra i numerosi personaggi che sono rimasti nel cuore di Andy Garcia ce n'è uno tutto italiano, Amedeo Modigliani. Il divo ha interpretato il pittore maudit ne I colori dell'anima - Modigliani, film dal risultato deludente che però Garcia ricorda con grande entusiasmo. "Su Modigliani è stato scritto pochissimo. Avevamo a disposizione una sola fonte quindi mi sono lasciato andare e ho cercato il Modigliani dentro di me. E' stato un privilegio interpretare questo ruolo ed è stata un'esperienza bellissima. Livorno è molto bella e il vino è molto buono". Tanto grande è l'entusiasmo di Andy Garcia per i ruoli interpretati, ma sappiamo che nel corso della carriera l'attore ha detto molti no. "Quando un attore rifiuta c'è sempre un altro che accetta e non voglio parlare dei ruoli a cui ho detto no per non mettere in cattiva luce i colleghi. Posso dire, però, che non amo interpretare scene di sesso. Ci sono tanti attori e attrici che ammiro che non hanno girato scene di sesso. Alcuni, così, hanno anche vinto l'Oscar. Perciò, quando sento che le scene di sesso sono gratuite, rimando il copione al mittente".