Molti sono i musicisti di cui si è persa la memoria. E se in passato una ragione poteva essere individuata nella mancanza di mezzi di registrazione che tramandassero le opere in maniera immediatamente fruibile, per gli artisti del Novecento l'oblio è legato più spesso a particolari vicende storiche, a fatti personali, a pura casualità.
Ingiustamente dimenticato è ad esempio Gioacchino Angelo, compositore e direttore d'orchestra cui Palermo - città generosa di musicisti - diede i natali nel periodo dei fasti mondani della bella époque, il 9 agosto del 1899. Un periodo dalla ricca veste musicale, nel quale tenaci "pionieri" dell'esecuzione quali Alberto Favara e Giacomo Baragli posero le basi della moderna ricezione della musica, promuovendo lo svecchiamento del gusto e la conoscenza del repertorio che si soleva allora definire "puro", "classico", "tedesco": sinfonie beethoveniane, musiche di Wagner, capolavori da camera di Haydn, Beethoven, Schumann o Brahms, in accurate interpretazioni.
Angelo compì il suo apprendistato tra gli ultimi bagliori di quella stagione in apparenza dorata, cui la Prima guerra mondiale diede un brusco taglio.
Al conservatorio di musica Vincenzo Bellini, già dalla fine del secolo centro della vita musicale cittadina e florido "vivaio di musicisti", studiò violino con Franco Tufari, uno stimato professionista che contribuì allo sviluppo della musica da camera, con il Trio Siciliano e con altre formazioni. Si diplomò in pianoforte e si dedicò poi alla composizione assieme a Felice Longo, giovane e valente calabrese dalle buone doti di strumentatore, giunto a Palermo nel 1914 come direttore della banda municipale, e a Francesco Cilea, ben più illustre calabrese approdato in città l'anno prima in veste di direttore del Conservatorio, per rimanervi sino al febbraio 1916 (una nomina che premiò il suo genio squisitamente italiano).
L'attività artistica di Gioacchino Angelo si snoda quindi a cavallo delle due Guerre mondiali, con tutte le difficoltà che poté comportare il vivere e muoversi in una nazione travagliata dagli eventi bellici e imbavagliata dal regime fascista.
A soli vent'anni Pietro Mascagni lo volle collaboratore al Teatro Massimo, un'esperienza grazie alla quale maturò il trasferimento a Roma. I musicisti con i quali venne a contatto furono infatti concordi nel consigliargli di lasciare Palermo, per valorizzare appieno le sue non comuni qualità.
Nella capitale conobbe Riccardo Zandonai, che a Palermo s'era fermato nel 1914 in occasione del riuscito allestimento della Concita, e Umberto Giordano, che gli affidò le orchestrazione delle musiche di film come Fedora e Una notte dopo l'opera.
Per un giovane musicista con "tanta voglia di lavorare" si aprono così le porte dell'affascinante, ma per molti versi insidioso, mondo del cinema. Con il tramonto del muto e l'avvento del sonoro, tutti i film provenienti dall'America vennero infatti doppiati, oltre che nel parlato, anche nelle musiche, principalmente, ma non soltanto, per motivi tecnici. Talvolta la colonna sonora era interamente ricomposta per assecondare il gusto melodico del pubblico italiano e salvaguardare quelle che il fascismo consideraava "l'italianità dell'arte". Era un lavoro frenetico che richiedeva al compositore di vedere una pellicola e di riscriverne le musiche nel giro di pochissimi giorni.
Sorretto da un solido mestiere, Gioacchino Angelo resistette bene a questi ritmi incalzanti, musicando oltre centocinquanta film. Il suo nome spesso non figurava, ma fra i vari titoli ve ne sono alcuni che hanno fatto la storia del cinema americano del dopoguerra: Ombre Rosse, Uragano, Uno scozzese alla corte del Gran Khan, Pigmalione, Il prigioniero di Zenda. Film famosi, con altrettante famose musiche...
L'impegno nel mondo del cinema non gli impedì in ogni caso di comporre anche musica sinfonica ed operistica, quest'ultima in collaborazione con l'amico poeta e librettista napoletano Giuseppe Garofano. Dei suoi lavori sinfonici molti sono conservati negli archivi dell'EIAR, la vecchia RAI, che gliene commissionò più d'uno, trasmettendo poi parecchi concerti da lui stesso diretti. E diverse sono le composizioni registrate su etichetta Cetra e Voce del Padrone di cui occorrerebbe effettuare un'attenta ricognizione.
Otto sono invece le opere teatrali: Silvia, Il dono del sole, Fiamme barbariche, Mitsuoko, L'Avvoltoio, La boccaccesca, opera comica tratta da una novella del Decamerone, e Frate Sole, lavoro di carattere fortemente mistico tra i più importanti di Angelo, scritto su libretto di Giuseppe Garofano e articolato in un prologo, tre atti e sette quadri.
In un'intervista fatta al musicista nel settembre del 1966, Angelo dice a proposito di questa sua opera: "Animato dall'ardente proposito di contrapporre, alla montante marea dei soggetti profani e quel che è peggio, scandalosi ed immorali, un lavoro che possa riportare sulla scena, e negli animi, sentimenti di purezza e di pace, ho tentato con le mie deboli forze di ritrarre, in un'opera musicale, la Vita del Santo della Verna. Nell'ora presente, così diversa, per dissipazione e materialismo dall'atmosfera di purità e di amore di chi sorrise sereno al mondo e ai suoi compagni, non mi sembrò vana una voce che ne ricordasse e ne esaltasse la fede viva, l'ardente carità, la "perfetta letizia. Ne' mi sembrò azzardata la speranza che questa voce potesse trovare una eco in ogni anima cristiana, e che la mia umile fatica potesse essere sorretta da quanti hanno a cuore la resurrezione spirituale dell'Italia e del mondo. Così, sia il poeta che io, abbiamo avuto un motivo unico: quello di puntare sulla suggestione che la vita del Poverello ha operato in tutti i tempi e in tutti i cuori, e di creare, sulla base di essa, un'opera nello stesso tempo drammatica, e quindi teatrale, che possa schiudere uno spiraglio d'aria pura sulla caligine che purtroppo ci avvolge! La musica non è più la veste armonica e melodica che accompagna il libretto, ma essa stessa dramma e pathos. Nella mia opera, l'azione drammatica è trasportata dalla scena all'orchestra; ogni strumento, ogni effetto, ogni voce, ogni canto, è di per sé solo interpretazione e significato. La musica non dipende dall'ambiente o dall'epoca, ma è essa che crea un ambiente o un'epoca. Da tenere presente per esempio il Parsifal di Riccardo Wagner: quest' opera sublime, della quale io sono entusiasta, mi ha appunto ispirato nella composizione della musica di Frate Sole. Come nel modello wagneriano, ogni personaggio ha il suo tema, e questi temi ho svolti e sviluppati, sì da comporre la tessitura armonica dell'opera. Tuttavia mi sono proposto di conservare, secondo la migliore tradizione lirica italiana, alle pagine di Frate Sole, quel carattere non solo moderno, ma anche e soprattutto melodico, atto a sottolineare la figura serafica di Francesco e la dolcezza della sua parola di pace e di amore".
Ma fu La Coppa di Cipro a offrire ad Angelo un bel momento di notorietà: nell'arco di soli cinque anni - dal 1954 al 1959 - fu rappresentata quarantatre volte, con un successo di pubblico e di critica ben documentato su giornali dell'epoca.
Accanto alle opere, la fitta produzione di Angelo comprende poi alcuni balletti, tra cui Il trenino della neve, I denari incantati, Scandalo in paese e Leggenda Satanica, quest'ultima scritta su soggetto di Giulietta Raffaelli, mia madre, compagna della vita di Angelo e più volte citata sui suoi manoscritti musicali come collaboratrice e grande ispiratrice.
Angelo, uomo sensibile e colto, oltre a comporre musica, fu anche scrittore di alcune novelle e librettista di alcune commedie e riviste musicali da lui composte quali Una testolina sventata, A Viareggio per dimenticare, No, basta con gli affari, La presunta attrice, Il gelsomino di Celestino, Le professioni inutili. Inoltre compose la musica di altre commedie tra cui L'ajo nell'imbarazzo, vecchio titolo donizzettiano, che gli fu commissionata dalla RAI e fu radiotrasmessa sotto la sua direzione. Seguono Le astuzie di Morgantina, Nuda più di Eva e La Bisbetica sognata.
Compose una messa a due voci maschili e molte canzoni napoletane, testimonianza del suo amore per la città di Napoli e della forte amicizia che lo legava al suo collaboratore, amico e poeta napoletano, Giuseppe Garofano.
Così Angelo, appassionato cultore di Wagner - difficile non esserlo per un musicista nato nella Palermo di fine secolo - ripropose nei suoi lavori teatrali la tecnica del Leitmotiv, sviluppando un tema per ogni personaggio sino a creare una ricca tessitura armonica. Ed è così che le critiche apparse sulla stampa riferiscono di "una musica moderna ma, anche e soprattutto, dotata di un respiro melodico, ampio e sicuro che dimostra in Gioacchino Angelo fecondità creativa non comune affiancata da esperienza tecnica e da un autentico sentimento latino e mediterraneo; musica melodica secondo la migliore tradizione italiana" ; quella tradizione al cui culto l'aveva avviato Francesco Cilea.
Dunque un compositore da riscoprire e riascoltare criticamente.
(Cinzia Angelo)