Candidati agli Oscar 2020 per la categoria Miglior attore non protagonista, Joe Pesci e Al Pacino in The Irishman sono due poli opposti. Tanto uno recita di sottrazione, usando un registro medio, quasi sottovoce, tanto l'altro è vulcanico, volutamente eccessivo e dai gesti plateali.
Era impossibile che non venissero presi in considerazione a questi Oscar per dei ruoli che si passano il testimone e il registro recitativo quasi come se fossero ad una partita a tennis. D'altronde siamo parlando di interpreti che hanno fatto la storia del cinema e di Hollywood con delle parti memorabili, capaci di imprimersi nella mente dello spettatore in modo indelebile. E anche stavolta non sono stati da meno nell'impersonare, il primo il boss mafioso Russell Bufalino e il secondo il presidente del sindacato dei camionisti Jimmy Hoffa.
Entrambi, insieme a Robert De Niro, sono il trio su cui poggia The Irishman di Martin Scorsese, parabola di "uno che imbianca case" sullo scorcio dell'America tra gli anni Cinquanta e Settanta. Ovviamente non si tratta di lavori di carpenteria ma di una ripulitura, ritmata da sangue e pallottole, di uomini. Attività che il personaggio interpretato da Robert De Niro, Frank Sheeran, svolge con una precisione chirurgica da vero 'wiseguy' d'ordinanza. Materia questa che Scorsese conosce piuttosto bene visto che è stata al centro anche di Quei bravi ragazzi, grazie al quale Joe Pesci ha ricevuto il suo primo, e per ora, unico Oscar nel lontano 1990. Una collaborazione di lunga data quella tra lui e il regista italoamericano nata agli inizi degli anni Ottanta con Toro scatenato, per il quale aveva vinto il Bafta e ricevuto la sua prima nomination all'Oscar, e proseguita poi sino a Casinò, con parti di mafiosi violenti e crudeli, capaci di uccidere per un nonnulla.
Caratteri diametralmente divergenti a quello di Bufalino, in cui abbandona la recitazione volutamente sopra le righe dei precedenti film con Scorsese per restituirci la figura di un 'padrino' composto, imperscrutabile e dai gesti anonimi, ma capace allo stesso tempo di essere incisivo e risoluto come pochi. La scena in cui prepara l'insalata di fronte ad un attonito De Niro/Frank Sheeran, ordinandogli di fatto di andare a trucidare il suo amico Jimmy Hoffa disegna in maniera magistrale il personaggio, facendo intuire l'orrore e il Male in un contesto di una normalità che diventa agghiacciante. Gli sguardi, il tono medio della voce, unito ai gesti completano il quadro, dando a Joe Pesci il cuore di una scena memorabile di cui si parlerà ancora negli anni a venire.
Non a caso in questa Awards season il suo nome è risuonato più volte tra premi e segnalazioni. Così sono arrivate le candidature a: Golden Globe, Screen Actors Guild, Critics' Choice, Bafta e Satellite Awards; le vittorie nei circoli critici di New York e San Diego. Una bella soddisfazione per lui, anche perché inizialmente aveva rifiutato la parte per ben cinquanta volte, facendo passare i sorci verdi a Martin Scorsese, il quale avrà pensato, in prospettiva, di aver faticato molto meno a convincere un attore difficile come Daniel Day Lewis ad abbandonare il lavoro di ciabattino in quel di Firenze per il set di Gangs of New York. Joe Pesci aveva infatti deciso di "appendere le scarpette" al chiodo per dedicarsi interamente alla sua seconda grande passione dopo la recitazione: la musica. E questo nonostante una carriera quarantennale che lo ha visto recitare con registi del calibro di Sergio Leone per C'era una volta in America o Oliver Stone in JFK - un caso ancora aperto; ma anche in film di grande successo al botteghino come la saga di Arma Letale, i cult Mamma ho perso l'aereo e Mamma, ho riperso l'aereo: mi sono smarrito a New York e Mio cugino Vincenzo.
Chi invece è sempre rimasto attivo è Al Pacino che ora è riuscito a coronare il suo sogno di fare un film con Scorsese dopo anni di tentativi andati a vuoto per impegni reciproci, dividendo la scena con Robert De Niro come ai fasti di quel capolavoro che è Heat - La sfida di Michael Mann.
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Insieme a De Niro è stato uno dei simboli della New Hollywood e tra gli anni Settanta e Novanta ha collezionato ruoli e film che lo hanno reso leggendario: Michael Corleone nella trilogia de Il padrino (1972-1974-1990) di Francis Ford Coppola, Tony Montana in Scarface (1983) e Carlito Brigante in Carlito's Way (1993), per la regia di Brian De Palma, Frank Serpico in Serpico (1973) e il rapinatore Sonny in Quel pomeriggio di un giorno da cani (1975), entrambi di Sidney Lumet, il tenente della rapine e omicidi Vincent Hanna in Heat - La sfida (1995) e il giornalista Lowell Bergman in Insider - Dietro la verità (1999), con Michael Mann, il coach degli Sharks in Ogni maledetta domenica (1999) di Oliver Stone. Con questa di The Irishman conquista la sua nona nomination all'Oscar, dopo averlo vinto nel 1993 per Scent of a woman - profumo di donna ed è solo l'ultimo riconoscimento arrivatogli per aver impersonato con istrionico gigantismo un personaggio discusso come Hoffa, cannibalizzando ogni scena in cui è presente con la sua parlata rutilante e il suo carisma irresistibile da consumato affabulatore di folle che pendono dalle sue labbra. Così ecco i riconoscimenti anche ai Golden Globe, Screen Actors Guild, Critics' Choice e Bafta, al circolo di San Diego e l'Hollywood Film Awards che coronano una stagione eccezionale.