Il rapporto tra Bernardo Bertolucci e la censura italiana è stato travagliato. Rimangono ancora vivide le polemiche che portarono il regista ad essere condannato per il reato di oscenità con Ultimo tango a Parigi, di cui si chiese addirittura la messa al rogo della pellicola. Anche con Novecento, in onda stasera su Rai Movie, le beghe giudiziarie non mancarono, senza contare poi la questione dei tagli tra la versione circolata in Europa e quella negli Stati Uniti che portarono alla rottura insanabile con il produttore, Alberto Grimaldi.
Novecento arrivò nelle sale diviso in due parti, o meglio atti, nell'autunno del 1976 dopo la première fuori concorso al 29mo festival di Cannes nella primavera precedente. Il film catalizzò subito l'attenzione di pubblico e critica, imponendosi anche nel dibattito politico di quei mesi, totalizzando alla fine più di 10 milioni di spettatori. Di pari passo al successo arrivarono i problemi. Molti spettatori rimasero infatti turbati di fronte alle scene esplicite e crude. A colpire in particolare furono quelle che vedevano protagonisti i fascisti Attila e Regina - interpretati da Donald Sutherland e Laura Betti - in cui avveniva lo stupro e poi l'uccisione di un ragazzino, quella di sesso a tre con i nudi frontali di Robert De Niro e Gerard Depardieu e quella in cui si sentiva una bestemmia, detta in dialetto dal contadino ritardato Demesio.
Le proteste più veementi partirono da Savona, dove l'associazione combattenti interalleati chiese, a nome dei suoi 150 iscritti, che "quell'immondo film venisse tolto dalla circolazione", ma il pretore Camillo Boccia dopo averlo visto in sala non diede luogo a procedere. Andò diversamente a Salerno, dove l'allora direttore della biblioteca, Pietro Borraro, fece una denuncia formale che stavolta venne accolta. Così Bernardo Bertolucci fu nuovamente accusato di oscenità come già era accaduto per Ultimo tango a Parigi qualche anno prima. Novecento venne perciò sequestrato il 30 settembre del 1976 in tutto il territorio nazionale dal giudice istruttore della città campana, Domenico Santacroce, nonostante il parere contrario del procuratore della Repubblica, Antonio Marchesiello, il quale non solo non reputava coerente il capo di imputazione ma chiedeva anche che il procedimento venisse archiviato.
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L'eco sulla stampa fu enorme e lo stesso Bertolucci commentò con parole di fuoco questa decisione: "Credo che a un cineasta italiano non resti che la triste alternativa di emigrare e lavorare in un paese più libero fintanto che Mussolini continuerà ad essere presente nella nostra vita attraverso il suo codice penale". Cinque giorni dopo però ecco la svolta: i magistrati di Bolzano, chiamati a decidere per competenza in quanto la prima denuncia contro il film era arrivata proprio nei loro uffici, sancirono con una procedura d'urgenza che Novecento poteva tornare in sala "non essendo osceno né nella sua totalità e nemmeno nelle sue singole sequenze". Tutto finito? Non proprio. Nei giorni successivi, infatti, altre denunce arriveranno ai pubblici ministeri con accuse miste tra oscenità e vilipendio delle forze armate che però furono tutte archiviate.
Nel frattempo il cineasta combatteva un'altra guerra: quella dei tagli per la versione americana con il produttore Alberto Grimaldi che ne licenziava, all'insaputa di Bertolucci, una di tre ore e un quarto. Ne scaturì un braccio di ferro in cui oltre al distributore statunitense, la Paramount, e gli avvocati di parte, ci si infilò la Fox che invece era disposta a proiettare la copia integrale di circa sei ore. Bernardo Bertolucci ruppe perciò con Grimaldi e solo dopo l'intervento di un giudice si arrivò ad un compromesso per quattro ore e quindici minuti. Ma nonostante il cast con protagonisti Robert De Niro, Gérard Depardieu, Dominique Sanda, Burt Lancaster e Sterling Hayden non andò per niente bene. La sua matrice ideologica comunista e le tante bandiere rosse spaventarono non poco il pubblico Usa che disertò le sale. Tanto che passeranno vent'anni prima che venga riscoperto e rivalutato nella sua forma originale.